Siamo sempre abituati a parlare di impatto di CO?, ma è ora di tenere bene a mente anche un’altra formula chimica: CH4, le emissioni di metano.
A preoccupare sempre di più gli scienziati sono infatti le emissioni globali di metano che continuano ad aumentare in maniera vertiginosa in tutto il pianeta: +20% in vent’anni con valori mai così alti da quando esistono le rivelazioni e in atmosfera la concentrazione di questo gas a effetto serra è ormai 2,6 volte più alta rispetto al periodo pre industriale, hanno raccontato di recente i ricercatori del Global Carbon Project.
Un accostamento forte
Nel contribuire ad aumentare le emissioni di metano c’è, in particolare, un settore che per molti aspetti è stato finora sottovalutato: quello agroalimentare delle aziende del comparto lattiero-caseario e della carne.
Un nuovo report di Greenpeace Nordic, appena diffuso a livello globale, tenta di far luce proprio sull’impronta climatica delle grandi industrie stimando come le emissioni di 29 grandi aziende che producono carne e latticini nel mondo siano “comparabili a quelle prodotte da 100 aziende del settore dei combustibili fossili”.
Per esempio, si stima che le cinque maggiori aziende produttrici di carne e latticini (JBS, Marfrig, Minerva, Cargill e Dairy Farmers of America) emettano a livello globale “più metano di BP, Shell, ExxonMobil, TotalEnergies e Chevron messe insieme”.
Un accostamento forte, dal quale però emerge anche una notizia positiva: tagli nel settore e determinati accorgimenti potrebbero rallentare drasticamente le emissioni in modo da porre un freno all’avanzata del riscaldamento globale.
La ricerca
Lo studio, che ha analizzato le emissioni di diverse aziende internazionali (fra cui l’italiana Cremonini), sostiene che modellando “lo scenario business as usual della FAO per il futuro dell’alimentazione, i nostri risultati mostrano che il riscaldamento aggiuntivo di 0,32°C entro il 2050 (rispetto ai livelli del 2015, ndr) deriverebbe dal solo settore della carne e dei latticini. Non solo: emerge anche che il metano, se si analizzano le emissioni di gas serra prodotte dalle aziende di carne e latticini, sarebbe responsabile di oltre tre quarti del riscaldamento del settore”.
Uno scenario che richiede sforzi globali per ridurre la “sovrapproduzione nel consumo eccessivo di carne e latticini nei Paesi a medio e alto reddito”.
Le emissioni legate a carne e latticini
Nello specifico ridurre le emissioni legate a carne e latticini “porterebbe infatti a un effetto raffreddamento della temperatura media globale di 0,12°C entro il 2050, cioè a una riduzione del 37% del riscaldamento aggiuntivo previsto per la metà del secolo legato al settore, pari appunto a 0,32°C” e va ricordato per esempio che “per ogni 0,3°C di riscaldamento evitato si potrebbe ridurre l’esposizione al caldo estremo per 410 milioni di persone”.
Secondo Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, “per tanto tempo abbiamo osservato la crescita senza freni delle grandi aziende di carne e latticini, come se il settore fosse in qualche modo esente da responsabilità verso la crisi climatica, ma non è affatto così. Siamo spesso stati messi di fronte a una realtà nella quale sono gli allevatori o i consumatori a dover cambiare, mentre queste aziende decidono cosa gli agricoltori devono produrre, quanto devono essere pagati e cosa noi dobbiamo mangiare. Ora però sappiamo che un cambiamento del sistema è possibile“.
Proprio sulla questione metano e sulle responsabilità di determinati settori dell’agroalimentare adesso si concentreranno – anche in vista della Cop29 di Baku in Azerbaigian che inizierà fra un mese – le attenzioni e le iniziative degli attivisti.
In Italia
Il focus di Greenpeace sull’Italia sarà anche sulle aziende più responsabili di emissioni, con riferimenti a realtà come “il gruppo italiano Cremonini che, tramite la controllata Inalca, è uno dei maggiori player europei per la produzione di carne bovina” scrive Greenpeace.
Detto ciò e partendo dalle indicazioni degli scienziati, i quali rimarcano come il metano sia un gas a effetto serra 80 volte più potente dell’anidride carbonica (CO?) nell’arco di 20 anni dall’emissione, le speranze di riuscire a frenare l’aumento di questo gas in atmosfera secondo gli ambientalisti sono alte, a patto però che si riconosca come finora ci si sia concentrati solo “sulla richiesta di ridurre le emissioni di metano nel settore dei combustibili fossili, senza imporre una drastica e necessaria limitazione anche alle grandi aziende industriali di carne e latticini”.
Come chiosa Ferrario secondo Greenpeace “i governi devono guidare gli investimenti e le politiche per avviare il cambiamento abbandonando la sovrapproduzione e il consumo eccessivo di carne e latticini, sostenendo gli agricoltori e i lavoratori del settore in una giusta transizione. E così facendo, salvando milioni di vite limitando il riscaldamento globale”.