Il film Don’t Look Up non potrebbe essere girato a Grenoble. Se la città incastrata tra le Alpi ha conquistato il titolo di Capitale Verde d’Europa è anche perché ha ascoltato i suoi scienziati che allertavano sui rischi del riscaldamento climatico. E lo ha fatto molto prima di altre città. “Qui l’ecologia è una scienza” racconta Christophe Ferrari, alla guida della Metropole, l’ente intercomunale che ha condotto alcune delle tante rivoluzioni nella gestione di acqua e rifiuti, nella riduzione del traffico, nel miglioramento della qualità dell’aria.
Origini italiane – suo padre comunista fuggì da Veppo, vicino a La Spezia, nel dopoguerra – Ferrari è convinto che la trasformazione sia stata possibile grazie al lavoro di informazione e convincimento fatto dalla comunità scientifica locale che vanta importanti laboratori e istituti di ricerca, ospita alcuni degli esperti del Giec, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico. Lo stesso Ferrari, 53 anni, è ricercatore presso il laboratorio di glaciologia e geofisica ambientale.
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È a Grenoble che è stato lanciato, già nel lontano 2005, un piano d’azione locale per il clima raccogliendo gli studi che avevano cominciato ad analizzare l’impatto dell’innalzamento delle temperature a livello locale. Adagiata in una conca e circondata da tre massicci alpini, Grenoble è anche una delle città più piatte d’Europa, dove l’inquinamento in condizioni climatiche non favorevoli può ristagnare per settimane. È anche una metropoli ad alta densità: 160mila residenti, che salgono a quasi mezzo milione contando tutti gli abitanti nel vasto dipartimento dell’Isère con un importante tessuto industriale.
“Nelle Alpi il riscaldamento climatico va a una velocità doppia rispetto ad altre zone”, racconta il sindaco Eric Piolle, popolare dirigente del partito ambientalista Europe Écologie che governa dal 2014. Anche il sindaco viene dal mondo scientifico. Ingegnere di formazione, Piolle è tra quelli che si sono battuti per ottenere il riconoscimento della Commissione europea, raccogliendo il testimone dalla città finlandese Lahti. La temperatura media nelle Alpi, spiegano al comune dati alla mano, è già aumentata di 2 gradi dall’inizio del ventesimo secolo, contro una media di 1,4 gradi in Francia. Il numero di giorni in cui il termometro scende sotto zero è diminuito e le ondate di calore estive stanno diventando più intense e più frequenti.
“Abbiamo capito presto la necessità di adattarci e anticipare i cambiamenti che verranno”, continua Piolle. In meno di un decennio sono stati piantati 5.500 alberi, promossi progetti per rinverdire scuole e tetti di palazzi, creati una ventina di orti collettivi e due fattorie urbane. È stata aumentata la proporzione di prodotti biologici e locali nelle mense scolastiche, facendo della transizione alimentare una priorità. Solo quest’anno è prevista la creazione di undici “zone fresche” per contrastare i picchi di caldo durante l’estate.
Una trasformazione inclusiva, fatta “per e con i cittadini” come ha sottolineato il commissario per l’ambiente Virginijus Sinkevicius venuto alla cerimonia d’inaugurazione organizzata a metà gennaio. Per celebrare il riconoscimento dell’Ue saranno organizzati più di duecento eventi basati sulla partecipazione dei cittadini, la cultura e la scienza.
Anche nella gestione del traffico e dell’uso di veicoli inquinanti la parola d’ordine è stata “concertazione”. Nel 2016 Grenoble è stata la prima grande città francese a introdurre un limite di velocità di 30 chilometri orari. Oggi quarantacinque comuni della provincia hanno seguito l’esempio con il progetto “Métropole apaisée” che ha dato effetti benefici anche su rumore e sicurezza. Tre anni fa, l’area metropolitana di Grenoble ha creato la più grande zona a basse emissioni (Zfe) di Francia che limita gradualmente l’accesso al traffico ai veicoli commerciali più inquinanti e ai veicoli pesanti, mentre nel 2028 i veicoli diesel saranno vietati. “Misuriamo l’impatto sociale ed economico di tutte le decisioni – sottolinea Ferrari – per capire quante persone vengono coinvolte dai cambiamenti, come faranno per andare in centro, negli ospedali e rimanere collegate ai vari servizi”.
In alcune banlieue la svolta è più difficile, ammente il responsabile della Metropole. “La trasformazione deve essere accompagnata anche da sostegni pubblici. L’ecologia non può essere riservata a una sorta di casta di benestanti“. Intanto le varie iniziative combinate hanno già contribuito a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 30% negli ultimi 15 anni.
“È una città dove si vive bene”, riassume con semplicità Isabella Zin, arrivata da Varese ormai più di vent’anni fa. Idroclimatologa di professione, Zin abita con il marito e i tre figli in un paesino sul massiccio Belledonne, a una quarantina di chilometri da Grenoble. “Non vado mai a lavorare in macchina”, racconta. “Scendo a piedi fino alla stazione, salgo su un treno e poi mi muovo in bicicletta o in tram, senza alcun problema”. La rete di piste ciclabili corpre 475 chilometri, compresi 25 chilometri di autostrade per biciclette chiamate Chronovélo.
Grenoble è finita al primo posto tra le città con più di 100mila abitanti nell’ultimo “Barometro delle città amiche della bicicletta”. Tra i mezzi pubblici sostenibili ci sono anche i bus a idrogeno e la funivia che sale fino alla Bastille, il forte militare che domina la città. Inaugurata nel 1934, è frequentata ogni anno da 300mila persone. “Qui c’è una cultura dell’innovazione del territorio, con il territorio”, spiega Zin. “Quando sono arrivata dall’Italia mi ha colpito il modo di lavorare insieme tra aziende, università e società civile”. Anche la ricercatrice – specializzata nella previsione delle inondazioni – partecipa ad atelier nelle scuole intorno alla “La Fresque du Climat”, gioco di carte che permette di ricostituire i legami di causa e effetto tra l’azione umana e il riscaldamento climatico. Ed è stata inviata come osservatrice alle Cop di Madrid e Glasgow.
Il comune ha nominato un consiglio scientifico a cui partecipano una quarantina di esperti di tutte le discipline, comprese le scienze umane e sociali, in modo da avere una visione interdisciplinare di problemi e soluzioni. Il sindaco Piolle promette: “Entro 10 anni possiamo diventare un territorio a zero emissioni di carbonio”. E a misurare la bontà delle sue parole c’è la centenaria Torre Perret, che da qualche giorno mostra l’indice di qualità dell’aria.