Tra le casette con le finestre rigorosamente chiuse e qualche negozio con le saracinesche abbassate, un odore nauseabondo ristagna nell’aria di Capesterre, località a sud-est dell’isola di Marie-Galante, la terza per estensione dell’arcipelago della Guadalupa, Antille Francesi. Un eden caraibico che l’idrogeno solforato – emanato dai sargassi – le alghe invasive che come non mai si stanno espandendo dal loro “territorio” abituale, nel ramo dell’Atlantico che da loro prende il nome, il Mar dei Sargassi, appunto, tra Antille, Azzorre, e Bermuda, per prendere letteralmente d’assedio le coste tropicali in particolare dell’America Centrale. Strati di alghe in putrefazione sulle coste orientali di quella che è la terza isola dell’arcipelago rilasciano la sostanza che emana il caratteristico odore “di uova marce”.

Nei primi giorni della seconda metà di aprile “la concentrazione di idrogeno solforato nell’aria ha superato la soglia media di 1 ppm (parte per milione) nell’arco delle 24 ore per tre giorni consecutivi”, ha riferito all’agenzia di stampa France Presse, Guad’air, l’agenzia incaricata di misurare la qualità dell’aria nell’arcipelago. Da qui la raccomandazione alle “persone vulnerabili” di stare per quanto possibile alla larga.

Guadalupa e Martinica, gli eden caraibici nella morsa dei sargassi

La situazione non è infrequente, a Capesterre, situata sulla costa sudorientale dell’isola, che è a sua volta la propaggine sud-est dell’arcipelago, e quindi in qualche modo “esposta” ai naturali sconfinamenti verso ovest delle distese di alghe. Una delle ripercussioni inevitabili, la necessità di chiamarsi fuori, per archi di tempo più o meno lunghi, dal mercato del turismo. “Si vive di turismo, e si deve chiudere per diversi mesi l’anno – constata José Viator, proprietario di un bar che opera da 50 anni a Capesterre, su una delle più belle spiagge dell’isola, che in questo aprile 2023 non ha praticamente visto un’anima. Il bar è chiuso da diversi giorni, dopo che uno spesso strato dell’alga bruna si è letteralmente arenato sul litorale. Operai – senza maschera – lo stanno faticosamente rimuovendo con l’ausilio di macchine da cantiere.

“Un vero calvario, nonostante l’aiuto puntuale che ci è arrivato dalla collettività – aggiunge Viator, sottolineando che questo contributo è “insufficiente a compensare la perdita di giro di affari e di materiale (il gas emanato dalle alghe ossida i metalli). Senza contare che il tutto non è qualificato come ‘catastrofe naturale’, quindi l’assicurazione non rimborsa nulla”.

“Ormai ci si è purtroppo fatta quasi l’abitudine – aggiunge Jean-Fernand Diabangouaya, che lavora in un supermercato che è tra le pochissime attività che non hanno chiuso le serrande. “Le soluzioni tardano ad arrivare, e le persone si rassegnano”.

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Dal 2011, il piccolo comune accoglie suo malgrado circa il 40 per cento dei sargassi che spiaggiano nell’arcipelago. Nel processo di disidratazione, liberano gas tossici come l’idrogeno solforato o l’ammoniaca.  “Conosciamo i sargassi da sempre, ma è dal 2011 che abbiamo superato il limite – racconta Sylvie Gustave-dit-Duflo, presidente del consiglio di amministrazione dell’Ufficio francese della biodiversità, nonchè vicepresidente della Regione Guadalupa. Nonostante gli studi, la scienza non ha ancora trovato una risposta sull’origine e la proliferazione di queste alghe. “È probabilmente multifattoriale – aggiunge l’amministratrice locale -: i nitrati, il potassio che provengono agli oceani, conseguenza dell’aumento della temperatura. Gustave enumera tre recenti “focolai” che hanno preso cosistenza alle tre imboccature dei delta di Mississippi, Rio delle Amazzoni e Congo.

Ma se al largo le zattere di sargassi sono una riserva di biodiversità, il discorso cambia completamente quando si ammassano sui litorali: in quel caso, la vita, la soffocano. Per quanto riguarda gli effetti imediati sulla salute umana, uno studio del centro ospedaliero della Martinica – a sua volta vittima usuale dell’invasione dei sargassi – ha rilevato un accresciuto rischio di preeclampsia (gestosi) nelle donne in gravidanza esposte.

“Gli abitanti che restano sono quasi dei militanti – sottoline il sindaco di Capesterre, Jean-Claude Maes. Il sargasso raccolto viene disteso sul terreno e ammucchiato con uno spessore di quasi 2 metri (invece dei 20 cm consigliati). Ne fuoriesce un succo nero, carico di metalli pesanti e contaminanti per il sottosuolo, secondo uno studio dell’Ufficio di ricerche geologiche e minerarie (BRGM) locale.

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“Portiamo un flagello di cui non siamo responsabili – rimarca Sylvie Gustave-dit-Duflot, ricolrdando i milioni di euro che ogni anno costa la raccolta. L’amministratrice auspica di vedere una cooperazione internazionale finalizzata al conseguimento di una soluzione politica al problema. Le autorità della Guadalupa hanno installato un sindacato unico in modo da mettere a disposizione in comune i mezzi da cantiere necessari alla raccolta a terra, alla deviazione e alla raccolta in mare dei sargassi, per fronteggiare assieme gli 8,7 milioni dui tonnellate di alghe che – secondo le stime dell’Università della Florida – dovranno essere gestite in questo 2023.

 A Capesterre era stata annunciata la creazione, entro marzo, di uno sbarramento finalizzato alla deviazione verso la rada delle alghe, ma “sarà semmai verso giugno”, precisa ora il sindaco. “Abbiamo fatto del male alla natura, ora la natura fa del male a noi”, aggiunge la gestora del supermercato, prima di chiudere i battenti dal lato pare, per cercare almeno di mitigare gli effetti dell’odore nauseante all’interno della struttura.