La mossa della disperazione. Nell’estate del rimbalzo del turismo, e della grave carenza di personale addetto, le grandi catene alberghiere tentano la mossa della disperazione. E assumono grandi quantità di addetti che non hanno nessuna esperienza nel settore dell’ospitalità.
Tra i primi gruppi ad aver adottato questa strategia di necessità, il gruppo francese Accor, la più grande catena europea che tra i nomi ricorrenti anche nel Belpaese annovera anche gli alberghi siglati Mercure e Fairmont. Il problema è ormai noto: durante i lockdown, con i lavoratori di hotel, compagnie aeree e ristoranti tra i primi ad essere lasciati a casa e tra gli ultimi a poter riprendere, molti di loro in ogni parte del globo hanno switchato verso altre professioni, non di rado meglio remunerate e più agevoli anche sotto il profilo degli orari e della mancanza di obblighi tipo quelli della prestazione del servizio nei festivi. Il tutto sta avendo ripercussioni anche drammatiche in questa prima estate nella quale i flussi di vacanzieri stanno recuperando i valori pre-2020.
Accor, che opera in oltre 110 Paesi, al momento avrebbe bisogno – come ha raccontato il suo Ad Sebastien Bazin nel corso del recente Forum economico del Qatar, di 35 mila addetti a livello mondiale. “Abbiamo da poco cominciato a Lione e Bordeaux – racconta Bazin all’agenzia Reuters. Colloqui “con persone senza nessuna esperienza lavorativa nel settore, e che vengono assunte in 24 ore”. Come spiega il manager, si tratta in generale di studenti o di persone che arrivano dal Nordafrica. “L’alternativa è chiudere i ristoranti a pranzo o tenerli aperti non più di 5 giorni la settimana”. L’addestramento dura appena sei ore.
La carenza di personale è particolarmente gravosa in Spagna e Portogallo, Paesi dove l’indotto del turismo aveva, prima del Covid, incidenze sul bilancio nazionale paragonabili a quelle dell’Italia, rispettivamente il 13 e il 15 per cento del Pil, e dove ora i datori di lavoro dell’industria dell’ospitalità provano a offrire stipendi più alti che in passato, oltre a varie forme di benefit.
“Molti addetti sono migrati verso altri settori – racconta Gabriel Escarrer, ad del gruppo spagnolo Melia -, quindi stiamo facendo ripartire un’industria dalle sue stesse rovine e dobbiamo cercare talenti”. Melia in qualche caso tra i benefit offerti ai neoassunti propone l’alloggio nelle stesse camere di hotel vuote.
Problemi simili, in Spagna e Portogallo, investono anche le catene alberghiere minori, per non parlare dei piccoli imprenditrori. Durante il periodo scolare, a Madrid José Carlos Sacó riesce ad aprire il suo bar, Tabancode Jerez, solo quando, nel fine settimana, gli studenti in cerca di extra si rendono disponibili a prestare servizio. Nella Latina, il quartiere dei locali delle tapas, nell’alta stagione si assumono migranti.
Nel settore catering spagnolo mancano 200mila addetti, in quello portoghese almeno 15mila. Colpa anche di un trattamento economico, che (più in Spagna che nel confinante paese iberico-atlantico) nonostante i recenti aumenti rimane tra i meno allettanti. Bazin spiega che con le strutture piene fino al 60-70 per cento della capacità massima, la situazione è gestibile anche in carenza di personale, oltre non è più possibile. “E siccome so che tra luglio e agosto saremo al 100 per cento, il mio problema è: sarò in grado di prestare servizio a tutti?”, si domanda Bazin. In passato, in Francia come nella Penisola Iberica (e in Italia) l’industria del turismo non ha mai pensato ad investire nelle cosiddette risorse umane. “Siamo stati letteralmente ciechi – conclude il manager di Accor -, non abbiamo prestato attenzione alle persone, e ne abbiamo sottopagate molte. Ora siamo all’ultima chiamata”.