Una mostra tutta dedicata al padre della Op Art (Op sta per optical), Victor Vasarely, nel luogo della sua (auto)consacrazione, la Fondazione dell’artista franco-ungherese che ha sede alle immediate porte di Aix-en-Provence, a celebrare il mezzo secolo della nascita – o meglio, della sua consacrazione – di un complesso che fa discutere ma che non può non passare inosservato.
La mostra, inaugurata oggi, andrà in scena fino al prossimo 8 maggio, per poi passare idealmente il testimone al Centre Pompidou parigino, da dove arrivano alcune delle opere esposte e che a sua volta dedicherà da luglio una retrospettiva all’artista (1906-1997) che per l’abbondante uso di geometrie e colori mirati alla creazione di illusioni ottiche venne definito ora “figlio della Bauhaus”, ora “anti-Warhol”.
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Sede della mostra, appunto, il complesso che oggi è la fondazione Vasareli, oggi guidata dal nipote dell’artista, Pierre. Una struttura che il pittore-scultore-designer-architetto pensò, a partire dal 1966, come museo e Centre d’Architecture e venne riconosciuto “di utilità pubblica” 5 anni dopo, il 27 settembre del 1971, per essere inaugurato cinque anni dopo. Rimesso completamente a nuovo nel decennio scorso, il complesso, costituito da 16 elementi esagonali in alluminio, racconterà, nell’evento intitolato L’art sera tresòr commun ou ne sera pas (L’arte sarà tesoro comune o non sarà affatto) la sua stessa genesi, avvenuta tra i suoi stessi cantieri e il non lontano castello di Gordes, nelle terre famose per i campi di lavanda, dove un’altra mostra dedicata all’artista si è appena conclusa.
La mostra ripercorre però l’intero cammino dell’artista, dall’influenza del Bauhaus alla pittura cinetica degli anni Trenta-Quaranta fino all’utopia finale, quella dell’arte come linguaggio universale e delle opere colorate che armonizzano la città e il suo ambiente, come appunto il Centro Architettonico creato ai piedi della Montagna di Sainte-Victoire, già celebrata da Cézanne, che era il laboratorio in divenire del suo progetto ed è monumento storico francese dal 2013.
“Un anniversario forte, che permette di mostrare l’enorme diversità del suo lavoro – dalle sue prime opere di grafico, passando per quelle più classiche, geometriche, fino al risultato finale, che per sua vocazione si sposa ancor meglio all’architettura dei nostri giorni”, spiega Pierre Vasarely.
Nella mostra, scorreranno le “lettere” di quello che nelle intenzioni dell’artista nativo di Pécs doveva essere un “alfabeto plastico” di forme e colori capace di trasformare l’arte in un linguaggio comune. Si vedranno anche le più significative collaborazioni di Vasarely con l’industria: suo, ad esempio, il celeberrimo rombo infinito che disegnò per Renault negli anni Settanta.