Il legame tra cambiamenti climatici e biodiversità sta diventando sempre più forte: uno studio appena pubblicato sulla rivista Science, il più esteso mai condotto sul tema, svela che entro la metà di questo secolo i cambiamenti climatici potrebbero diventare i principali responsabili della perdita di biodiversità. Gli autori del lavoro, scienziati del German Centre for Integrative Biodiversity Research (iDiv) e della Martin Luther University Halle-Wittenberg (Mlu) hanno messo insieme tredici diversi modelli per valutare l‘impatto dell’uso del suolo e del clima su quattro distinti parametri che misurano la biodiversità e su nove parametri che misurano i servizi ecosistemici, e sono così giunti a questa poco incoraggiante conclusione.
L’uso del suolo conta
Al momento, si ritiene che la causa principale di perdita di biodiversità sia lo sfruttamento del suolo. Gli autori dello studio appena pubblicato hanno anzitutto provato a quantificare con precisione questo rapporto di causa-effetto, modellando l’impatto del cambiamento nell’uso del suolo sulla biodiversità nel corso del XX secolo, e scoprendo che la biodiversità globale ha subito un calo stimabile tra il 2 e l’11% per effetto di questo fattore. “Includendo tutte le regioni mondiali nel nostro modello”, ha spiegato Henrique Pereira, primo autore del lavoro e ricercatore a iDiv e Mlu, “siamo stati in grado di colmare molte delle lacune di conoscenza esistenti e di rispondere a questioni controverse e irrisolte che venivano fuori da altri modelli più parziali e da dati più frammentati. Ogni approccio, d’altronde, ha i suoi pro e i suoi contro: riteniamo che il nostro sia il più completo per stimare la variazione della biodiversità a livello globale”.
Servizi ecosistemici: uno scenario misto
I ricercatori hanno poi messo insieme altri cinque modelli per stimare l’impatto del cambiamento nello sfruttamento del suolo sui cosiddetti servizi ecosistemici, ossia servizi e prodotti forniti dalla natura all’essere umano. Lo scenario è misto: alcuni di essi – per esempio produzione di cibo e legname – sono aumentati, mentre altri – per esempio impollinazione, sequestro dell’anidride carbonica e ritenzione dell’azoto – sono diminuiti.
Purtroppo, alcuni dei servizi diminuiti sono proprio quelli che sarebbero più “utili” per mitigare i cambiamenti climatici, il che potrebbe innescare un ciclo negativo: per valutarlo, i ricercatori hanno inserito anche i cambiamenti climatici come parametro previsionale per gli scenari futuri. E hanno osservato un probabile “sorpasso”: nei prossimi anni, e per la precisione entro la metà di questo secolo, proprio i cambiamenti climatici potrebbero superare lo sfruttamento del suolo come principale responsabile della perdita di biodiversità, in modo diverso a seconda dello scenario usato per le proiezioni (a basse emissioni di gas serra, a emissioni pari a quelle attuali e ad alte emissioni).
Un avvertimento, più che una previsione
“Lo scopo di questi scenari a lungo temine non è quello di prevedere cosa accadrà”, commenta Inês Martines, un’altra degli autori del lavoro. “Piuttosto è quello di comprendere se ci sono alternative che permettano di evitare gli scenari meno desiderabili, per informare i decisori sulle azioni più favorevoli ed efficaci. I nostri risultati mostrano chiaramente che le politiche attuali sono insufficienti a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati a livello internazionale per tutelare la biodiversità. Abbiamo bisogno di rinnovare gli sforzi per arrestare quello che ormai è diventato uno dei problemi più pressanti al mondo”.