Si muovono lentamente, ma potrebbero scomparire abbastanza velocemente. Se c’è un animale, icona delle foreste del Costa Rica, noto per la sua lentezza è proprio il bradipo: non è soltanto lento nei movimenti fra le volte arboree, ma è anche lento nel digerire. Proprio il suo basso metabolismo – se messo in relazione con la crisi del clima che porta all’aumento delle temperature – in un futuro prossimo potrebbe essere un serio problema per la sopravvivenza di questi straordinari animali.
Il perché lo racconta una nuova ricerca pubblicata sulla rivista PeerJ Life & Environment, coordinata dagli esperti della Sloth Conservation Foundation. I ricercatori, dopo mesi di studi e raccolta dati, in particolare sulla temperatura corporea e l’ossigeno a disposizione dei bradipi, sostengono che con l’aumento delle temperature il mammifero più lento del mondo potrebbe rischiare, in determinate aree, l’estinzione entro fine secolo.
Per diversi fattori, clima compreso, negli ultimi decenni i bradipi sono diminuiti in habitat naturali come quelli del Costa Rica e delle foreste pluviali tropicali dell’America centrale e meridionale. Queste creature hanno un basso tasso metabolico: passano buona parte delle giornate quasi immobili e dormono tra le cime degli alberi anche per più di quindici ore al giorno.
Lo studio in Costa Rica
Nel tentativo di comprendere i motivi del declino della specie Choloepus hoffmanni, Rebecca Cliffe, direttrice della Sloth Conservation Foundation, insieme a un team di biologi ha analizzato i dati di dodici bradipi adulti che vivono all’interno di un santuario del Costa Rica: alcuni di loro provengono dalle foreste pluviali di montagna, altri da zone di pianura e anche a seconda della loro provenienza, analizzando temperatura corporea e consumo di ossigeno, si è scoperto che rispondono in maniera differente alle temperature ambientali (quelle comprese tra 18 e 34 gradi).
Più rischi in alta quota
Per esempio i bradipi di pianura mostrano un miglior adattamento al caldo attraverso una diminuzione delle loro attività metaboliche, mentre quelli di montagna hanno dimostrato di non avere questa caratteristica e, di conseguenza, a temperature più elevate c’è stato un aumento del tasso metabolico a riposo portandoli a una maggiore necessità di energia.
“I bradipi sono particolarmente vulnerabili all’aumento delle temperature a causa dei loro adattamenti fisiologici. Sopravvivono con una dieta estremamente ipocalorica, quindi conservare l’energia è fondamentale per loro” ha spiegato Cliffe.
Quelli di pianura potrebbero migrare
Per compensare agli effetti dei cambiamenti climatici innescati dall’uomo questi mammiferi potrebbero migrare in altre zone, magari più fredde, ma anche questo passaggio è per loro estremamente complesso proprio a causa della loro lentezza e delle energie a disposizione.
“I bradipi d’alta quota si trovano in una posizione particolarmente precaria anche per la loro limitata capacità di migrare verso aree più fredde e la mancanza di flessibilità metabolica. Questo potrebbero spingere queste popolazioni verso l’estinzione”, ha aggiunto la direttrice.
Gli esperti temono che se le previsioni attuali si dovessero avverare – ovvero un aumento di temperatura oltre i due gradi entro il 2100 in determinati habitat – allora i bradipi di pianura potrebbero sopravvivere solo se si sposteranno in altre aree, mentre quelli di montagna rischiano concretamente di non farcela.
Oltretutto “a differenza di altre specie, i bradipi sono creature abitudinarie, altamente specializzate nel loro habitat e non sono adatte al trasferimento in altre aree per cui se il loro ambiente diventa troppo caldo, la loro sopravvivenza è davvero improbabile”, ricorda ancora l’autrice del paper.
“Il nostro lavoro – chiosano infine i ricercatori – evidenzia la vulnerabilità dei bradipi a un mondo che si riscalda. Se non adottiamo misure urgenti per proteggere queste specie, rischiamo di perderle per sempre”.