Sono i dati che confermano il disastro che è ancora negli occhi e nella memoria di tutti. L’attività di osservazione ed elaborazione dei dati sugli incendi dello scorso anno condotte dall’ISPRA restituiscono fotografie allarmanti delle devastazioni dei grandi roghi del Montiferru in Sardegna e delle tantissime emergenze in Sicilia 2021.
Il report indica che gli incendi del 2021 hanno inciso prevalentemente sulle aree del Mezzogiorno. La Sicilia è la regione che ha registrato le maggiori porzioni di aree bruciate, circa il 3,5% della superficie complessiva regionale, con 60% dei comuni siciliani (su un totale di 235 comuni) interessati da incendi. La seconda regione è la Calabria, per una superficie pari al 2,4%, con 240 comuni interessati.
La Sardegna, terza regione più colpita in termini di aree forestali bruciate rispetto al contesto nazionale, è stata interessata da soli 40 eventi (rispetto, ad esempio, ai circa 500 della Sicilia), ma in un unico rogo, il tremendo incendio divampato a partire dal 23 luglio 2021 nel Montiferru-Planargia, è andato in fiamme circa il 63% del totale del territorio interessato da incendi della Regione. In quattro giorni, la regione centro occidentale dell’isola è diventata la zona più estesa in tutta Italia in termini di area bruciata, con 10 comuni coinvolti e ingenti danni economici e sociali oltra alla distruzione di un patrimonio colturale e ambientale di grande significato paesaggistico.
La superficie bruciata nel dettaglio
Detto di Sicilia e Sardegna, la regione che nel 2021 ha subìto, in termini di superficie forestale bruciata, il maggiore impatto per incendi è la Calabria. Nello specifico, la superficie totale di boschi interessata da incendi rispetto al totale delle aree andate bruciate è pari al 37%; di questi, 1/4 è costituita da boschi di conifere, prevalentemente piantagioni.
La Sicilia è risultata la seconda regione per impatto sulle aree boschive (circa il 12%). Tra le coperture forestali maggiormente interessate, le latifoglie sempreverdi (leccete e boscaglie di macchia mediterranea) e le conifere (prevalentemente piantagioni artificiali).
I Comuni più interessati dagli incendi
Tra i comuni maggiormente interessati da incendi, in termini di superficie colpita, il comune di Sennariolo nell’oristanese (Sardegna), è risultato il più impattato, con il 94% della superficie complessiva comunale bruciata. Di questi, quasi il 31% sono di boschi e boscaglie, il 35% di praterie e prati destinati al pascolo e il restante 34 % di altre coperture di suolo (agricolo, urbano). Il dato complessivo mostra come circa il 65% della superficie bruciata del comune abbia interessato ecosistemi naturali e/o semi-naturali (es. boschi e boscaglie di leccio, macchia mediterranea e aree a pascolo arborato).
I comuni che hanno visto interessate da incendi grandi porzioni di bosco sono Roccaforte del Greco (Calabria), con il 57% del territorio comunale bruciato (e di questo il 44% erano boschi) e Cuglieri (Sardegna) 39% del territorio comunale bruciato (oltre metà della superficie bruciata erano boschi).
I parchi nazionali
Nelle aree protette nazionali gli effetti degli incendi del 2021 hanno interessato un’ampia porzione di ecosistemi forestali (32% dell’area totale bruciata). In dettaglio, i parchi nazionali hanno contribuito ad una potenziale perdita di copertura arborea pari a circa il 57% di tutte le aree forestali bruciate nelle aree protette italiane (siti Rete Natura 2000, Riserve e parchi naturali regionali) durante il 2021.
Uno dei parchi maggiormente colpiti durante la stagione estiva del 2021 è stato il Parco Nazionale dell’Aspromonte, dove è andato in fumo circa il 10% del patrimonio boschivo del parco. Tuttavia, seppur trattandosi di una porzione superficiale relativamente piccola, l’evento è risultato di grande impatto ambientale visto che l’incendio ha attaccato due boschi vetusti: la Faggeta di Valle Infernale (patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco) e il Bosco di Acatti, entrambi custoditi all’interno dell’area protetta.
Dati che preoccupano per il futuro
L’estate è appena cominciata e quanto successo a Roma nei giorni scorsi, insieme alle temperature torride e la siccità, fanno temere che il lavoro dell’ISPRA possa servire da termine di paragone per disastri ancora più gravi.
L’ISPRA sottolinea infatti che l’attività di osservazione ed elaborazione dati “è uno strumento di analisi per fornire tempestivamente informazioni relative agli effetti sugli ecosistemi naturali degli incendi avvenuti in un anno e per contribuire in futuro ad interventi attivi di contrasto agli incendi boschivi e alla progettazione di ripristini ambientali”.
“Il legame tra cambiamenti climatici ed incendi è complesso – osserva ancora l’Istituto che fa capo al Ministero dell’Ambiente – non vanno considerati solo gli effetti diretti di siccità prolungata ed alte temperature, ma anche gli effetti del clima sugli insetti e sulle malattie delle piante, che le rendono più vulnerabili e quindi rendono le coperture arboree ancora più suscettibili ad incendio”.
L’allarme per la perdita di foreste
Sono ormai noti gli effetti e i danni agli ecosistemi forestali causati dagli incendi: perdita di biodiversità, rilascio di anidride carbonica, aumento del rischio idrogeologico, erosione del suolo, inquinamento da polveri dell’aria e dei corpi idrici. Dal punto di vista ecologico, le foreste hanno una innata capacità di resilienza agli effetti degli incendi. Tuttavia, se abbastanza vasti e frequenti, gli incendi possono determinare danni di lungo periodo e una perdita permanente di superficie boschiva.
Questo pericolo è imminente, poiché i dati ISPRA sugli ultimi vent’anni indicano che in Italia il 40-50% del territorio colpito da incendio è costituito da foreste. “Considerando che circa 1/3 del territorio nazionale è ricoperto da foreste (circa 8 milioni e mezzo di ettari), dal 1 gennaio al 31 dicembre 2021 risulta bruciata complessivamente una superfice pari allo 0,5% del territorio Italiano (corrispondente al Lago di Garda) – sottolinea ISPRA -. Tra le coperture arboree, la categoria più colpita è quella delle latifoglie sempreverdi (macchia mediterranea) per il 56%, seguono le classi di latifoglie decidue (come le querce) 25% e le classi di aghifoglie sempreverdi, come i pini mediterranei, 19%”.
Gli strumenti per la prevenzione
Nel lavoro pubblicato oggi non ci sono soltanto brutte notizie: l’ISPRA sottolinea infatti che la prevenzione degli incendi è possibile affidandosi a programmazione e tecnologia. “Il contributo tecnologico più importante per rendere efficace e tempestiva la sorveglianza dagli incendi è dato dai satelliti – dice il report – i cui dati sono elaborati dall’European Forest Fire Information System (EFFIS), sviluppato in ambito europeo nel contesto del programma Copernicus – Emergency Management Services”. Il servizio di monitoraggio operativo dell’ISPRA è appunto basato su dati EFFIS e, nel caso di incendi a rilevanza nazionale, su proprie elaborazioni satellitari ad altissima risoluzione spaziale. “In tali circostanze, spiega l’Istituto – le mappe con la determinazione delle aree bruciate e dei focolai attivi vengono fornite anche a supporto del Sistema di Protezione Civile Nazionale”.