L’intelligenza artificiale favorirà una pacifica convivenza tra pescatori e delfini. Contribuendo a risolvere il conflitto irrisolto legato alle interazioni tra tursiopi, stenelle e le reti da posta, con i pescatori professionali che lamentano danni consistenti e, d’altro canto, con i mammiferi marini che rischiano di ingerire pezzi di rete o attrezzi da pesca abbandonati, finendo con lo spiaggiarsi lungo le coste italiane.Arriva dal progetto europeo Life Delfi – cofinanziato dal Programma LIFE dell’UE, coordinato da CNR-IRBIM insieme a una serie di partner, tra cui Legambiente – una soluzione frutto di cinque anni di ricerca scientifica, monitoraggio, formazione, sensibilizzazione e attivazione di percorsi di citizen science.

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L’ultima intuizione, l’installazione di 180 dissuasori acustici interattivi finalizzati a tenere lontani i delfini dalle reti da posta, ha portato al dimezzamento delle interazioni tra delfini e pescatori (50%), con una significativa tutela del pescato. Segnali positivi per 500 pescatori di Tirreno, Adriatico (compresa la sponda croata), Sardegna e Sicilia, coinvolti nelle attività in più di mille uscite in mare. Ma il progetto ha soprattutto sviluppato, primo nel mondo, degli “smart pinger”, speciali dissuasori in grado di riconoscere la presenza dei delfini, attraverso l’analisi delle loro emissioni acustiche, attivandosi solo all’occorrenza e dunque riducendo l’impatto dell’inquinamento acustico per l’ambiente marino. I primi prototipi, cui ha lavorato in particolare il CNR-IRBIM di Ancona, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, sono già testati: presto, saranno diffusi ai pescatori. “Si tratta di una soluzione nuovissima e pionieristica, ci hanno già contattato diverse realtà da tutto il mondo”, dichiara Alessandro Lucchetti di CNR-IRBIM, coordinatore di Life Delfi.

DANIEL LI VELI
DANIEL LI VELI 


Non solo smart pinger: anche deterrenti visivi

Gli “smart pinger” potranno dunque favorire un anno zero del rapporto tra pescatori professionali e delfini, un rapporto particolarmente controverso nei mari italiani: non di rado, infatti, i cetacei vengono visti come un danno potenziale, più che come una risorsa di biodiversità.Anche per questo i primi 160 pescatori che hanno aderito al progetto hanno firmato un Codice di condotta, propedeutico all’avvio della realizzazione di un marchio “Dolphin Safe” per il pescato, delinea le migliori pratiche per la conservazione della biodiversità dei mari e il mantenimento della redditività a lungo termine delle imprese del settore pesca: al suo interno, vengono esplicitate misure alternative come le nasse o il dolphin watching, insieme ai modelli di gestione sostenibile sperimentati nel corso del progetto, in primis le procedure in caso di catture accidentali per minimizzare il danno agli animali e rilasciarli in modo sicuro.

Ma non ci sono solo i dissuasori acustici per invitare i delfini a girare alla larga dal pescato: ai pescatori sono stati consegnati anche 400 deterrenti visivi, in particolare lampade a LED UV e altri tipi di luci, utilizzate per rendere le reti da pesca più visibili ai delfini, riducendo efficacemente la probabilità di interazione. Un’interazione che ha motivi opportunistici (conquistare pesci già catturati, con uno sforzo minore) ma nella quale si evidenzia anche una componente ludica: ai delfini piace giocare con le reti: così, tenerli lontani diminuisce il rischio di danni alle attrezzature spezzando il circolo vizioso che molto ha influito nel sentiment negativo dei pescatori nei confronti dei cetacei.

Da minaccia a risorsa: verso un cambio di paradigma

Di qui, in fondo, anche la redazione di nuove linee guida sulle misure di compensazione nell’ambito del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, per la Pesca e l’Acquacoltura: un documento che il progetto ha presentato al Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste suggerendo una serie di interventi che – prima ancora che tradursi in un ristoro economico tout court – consentano appunta la riduzione delle interazioni tra delfini e reti da posta.Il percorso sembra, evidentemente, ancora lungo ma la strada intrapresa è promettente. Anche perché, per esempio, i pescatori sono stati coinvolti in attività di engagement e sensibilizzazione – nell’ambito delle azioni coordinate dall’Università degli studi di Siena insieme alle Aree Marine Protette e associazioni ambientaliste partner del progetto: l’idea è possano a loro volta accompagnare l’attività di pesca alla pratica eco-friendly del dolphin watching, l’osservazione dei delfini in mare, potenziale fonte di reddito reale nelle aree a maggiore vocazione turistica.

DANIEL LI VELI
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Sono già 74 i pescatori che hanno adottato l’idea: così da minaccia i delfini sono diventati potenziali alleati. “Abbiamo messo in campo attività innovative anche da punto di vista tecnologico e contribuito a raggiungere obiettivi di conservazione concreti per le specie sensibili, collaborando con mondo della pesca nella promozione di pratiche sostenibili, ma anche aumentato la consapevolezza degli operatori economici, delle istituzioni e dei cittadini. – sottolinea Federica Barbera dell’ufficio biodiversità di Legambiente – In più abbiamo proposto misure alle amministrazioni regionali e nazionali per una transizione blu e per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche europee”.

Il progetto Life Delfi ha, infatti, prodotto anche ulteriori risultati: con il coordinamento dell’Università di Padova, si è formata una rete di rescue team, 8 squadre di salvataggio da 90 operatori – tra cui anche personale della Guardia Costiera – in grado di intervenire in caso di cetacei spiaggiati o in difficoltà in mare dal punto di vista scientifico. E ancora: nel corso della ricerca, sono state catalogate e studiate le abitudini di comportamento di oltre 1300 cetacei. Conoscerli meglio aiuta anche a comprendere come migliorare la convivenza.