Le emissioni globali di diverse sostanze chimiche che distruggono l’ozono sono in aumento. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature Geoscience e condotto dall’Università britannica di Bristol e dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Secondo gli autori, sono in aumento in particolare le emissioni di alcuni tipi di clorofluorocarburi o CFC, utilizzati – per quanto possa sembrare curioso – per creare alternative rispettose dell’ozono ai CFC stessi.

Secondo i ricercatori, le emissioni di questi CFC attualmente non minacciano in modo significativo il recupero dello strato di ozono e la chiusura del buco. Ma il loro aumento è comunque preoccupante in prospettiva e vi è da aggiungere che sono potenti gas serra.

I CFC sono sostanze chimiche note per distruggere lo strato protettivo di ozono della Terra. Una volta ampiamente utilizzati nella produzione di centinaia di prodotti tra cui spray, deodoranti, etc. e come agenti espandenti per schiume e materiali di imballaggio, solventi e nella refrigerazione, il loro uso per queste applicazioni è stata vietata dal Protocollo di Montreal nel 2010. Tuttavia, il trattato internazionale non ha vietato la produzione di CFC nel caso fosse servente alla produzione di alcune altre sostanze chimiche, inclusi gli idrofluorocarburi o HFC, che sono stati sviluppati come sostituti di seconda generazione dei CFC.

HFC, cosa sono gli F-gas e a cosa servono

Gli HFC o idrofluorocarburi sono gas refrigeranti usati in numerose applicazioni commerciali. Sono composti organici che contengono atomi di fluoro e idrogeno, e sono stati sviluppati come alternativa più sostenibile ai clorofluorocarburi (CFC), gradualmente ridotti a partire dal 1996 sulla base del Protocollo di Montreal. Vengono usati nella refrigerazione, nei condizionatori dell’aria, negli estintori e nelle pompe di calore

Lo studio si è concentrato su cinque tipologie di gas (CFC – CFC-13, CFC-112a, CFC-113a, CFC-114a e CFC-115), che hanno una durata atmosferica compresa tra 52 e 640 anni. I ricercatori hanno stabilito che per tre dei CFC studiati – CFC-113a, CFC-114a e CFC-115 – l’aumento delle emissioni potrebbe essere in parte dovuto al loro utilizzo nella produzione di due HFC utilizzati principalmente nella refrigerazione e nel condizionamento dell’aria. I fattori alla base dell’aumento delle emissioni degli altri due CFC, CFC-13 e CFC-112a, sono meno certi.

“Dato il continuo aumento di queste sostanze chimiche nell’atmosfera, forse è il momento di pensare ad affinare un po’ di più il protocollo di Montreal”, ha affermato il coautore dello studio, il dottor Johannes Laube, dell’Istituto di ricerca sull’energia e il clima (IEK) del Forschungszentrum Julich. Secondo i ricercatori, se le emissioni di questi cinque CFC continuassero ad aumentare, il loro impatto potrebbe annullare alcuni dei benefici ottenuti con il Protocollo di Montreal. Lo studio ha rilevato che queste emissioni potrebbero essere ridotte o evitate migliorando i processi di produzione degli HFC.