Lungo le coste del parco nazionale di Samaria, nella zona nordoccidentale di Creta, non si trovano quasi più pesci. Triglie, orate e polpi sono sempre meno, in parte a causa della crescita esponenziale registrata dalla pesca dopo la crisi economica del 2010, in parte per colpa del riscaldamento delle acque del Mediterraneo, che ha portato un’invasione di specie aliene come la scorpena volante (Pterois volitans), un pesce velenoso del mar Rosso. L’area marina del Parco si estende per 60 chilometri quadrati, da Sougia a Chora Sfakion, e proteggerla non è facile, per mancanza di mezzi e personale. Ed è qui che proprio i piccoli pescatori entrano in gioco per attuare un circolo virtuoso che sostenga la loro economia e allo stesso tempo tuteli la biodiversità dell’area marina protetta.
“Un processo partecipato e coordinato tra gestori delle aree marine protette e pescatori è la soluzione per un Mediterraneo sostenibile”, sostiene Corrado Teofili, responsabile Area biodiversità di Federparchi, ente capofila del progetto europeo FishMPABlue2PLUS, che proprio nel parco di Samaria ha organizzato un corso di formazione per i gestori di undici aree marine protette tra Grecia, Italia, Francia, Monaco, Albania e Croazia.
Il progetto, finanziato nell’ambito del programma InterregMed dell’Unione Europea, ha lo scopo di migliorare la sostenibilità della pesca artigianale grazie a una serie di misure di governance volte a consentire, da una parte, alle aree marine protette di raggiungere gli obiettivi di conservazione e, dall’altra, di offrire benefici socio-economici ai pescatori. In Italia coinvolge le Secche di Tor Paterno, a largo di Pomezia, le Secche della Meloria, nel mar Ligure a ovest di Livorno, il Regno di Nettuno, che comprende il mare intorno a Ischia, Procida e Vivara, e il Santuario Pelagos, gestito con Francia e Monaco, per la protezione dei cetacei.
A Samaria l’intenzione è quella di chiudere completamente l’area alla pesca, ma questo non deve spaventare i pescatori. “La stessa pratica – racconta Teofili – è stata portata avanti a Torre Guaceto, in Puglia, in una fase precedente del progetto di cui FishMPABlue2PLUS è la prosecuzione. Dopo 5 anni di blocco della pesca i risultati sono stati incredibili: non solo sono aumentati gli esemplari all’interno dell’area marina protetta, ma anche all’esterno, tanto che i pescatori non devono più varcare i confini della riserva. È stato constatato come la bassa pressione della pesca in una piccola area abbia avuto vantaggi altissimi in aree anche distanti, lungo tutta la costa salentina e fino allo Ionio, e sul lungo periodo”.
Per renderlo possibile, tra lezioni teoriche e immersioni sul campo, i gestori hanno ricevuto una “cassetta degli attrezzi” per imparare come monitorare la vita sottomarina e come valutare l’impatto economico e sociale della pesca artigianale intorno e all’interno dell’area marina protetta, in modo da coinvolgere piccoli pescatori e associazioni di categoria in una gestione coordinata dell’area.
I pescatori possono partecipare attivamente alla sorveglianza delle riserve, magari ricevendo un incentivo economico che vada a integrare i guadagni mancati per lo stop al lavoro. Ma anche prendere parte ad attività di pescaturismo o imparare a utilizzare attrezzi da pesca selettiva, come reti dalle maglie più larghe in cui non restino impigliati per sbaglio cavallucci marini, paguri o altri piccoli crostacei. Oltre che collaborare ad attività di educazione ambientale e sensibilizzazione. Perché solo con il loro coinvolgimento diretto sarà possibile ottenere un risultato concreto.