La roadmap per ridurre le emissioni di gas serra ha molte tappe, che cambiano da paese a paese. E ben prima di poter immaginare un mondo che non emette più CO2, l’obiettivo da centrare per molte nazioni è quello – comunque ambizioso – di raggiungere il cosiddetto “net zero”: emissioni nulle, al netto dei gas serra che vengono riassorbiti dalle foreste, o rimossi dall’atmosfera con tecnologie di carbon capture. Trattandosi di obiettivi politici, non sempre i piani nazionali per la decarbonizzazione sono in linea con le aspettative e i calcoli degli scienziati. E in effetti, un nuovo studio della University of East Anglia di Borwich, nel Regno Unito, ha analizzato i programmi di 71 nazioni di tutto il mondo, concludendo che in un numero elevato di casi, prevedono una riduzione limitata delle emissioni, e una percentuale irrealistica di CO2 compensata da carbon credit o progetti di rimozione diretta dall’atmosfera.
Il primo dato che emerge dall’indagine dei ricercatori inglesi è che a fronte di 71 piani nazionali studiati, solo 26 contenevano stime affidabili delle emissioni residue attese una volta raggiunto il net zero, obbiettivo a cui nella maggioranza dei casi le nazioni puntano entro il 2050. “L’obiettivo zero netto sta rapidamente diventano la norma nelle politiche nazionali per il clima”, spiega Harry Smith, ricercatore della University of East Anglia che ha collaborato allo studio. “Livelli elevati di emissioni residuali associati ad un ricorso maggiore alle tecnologie di rimozione della CO2 permetterebbero però a molte nazioni di continuare ad espandere la produzione e l’utilizzo dei carburanti fossili. E conoscendo i limiti di questa strategia, così mettono a rischio la credibilità dei loro obiettivi e potrebbero compromettere il raggiungimento dei target climatici globali”.
Per i piani che presentavano stime accurate delle emissioni residue, in media queste ammonterebbero al 21% di quelle precedenti all’entrata in vigore delle strategie di decarbonizzazione. Con una forte variabilità, che va dal 5% dei più virtuosi, a un 52% di paesi come il Canada o l’Australia.
La ricerca ha analizzato anche le fonti ritenute più difficili da decarbonizzare nei diversi piani nazionali. E nella maggioranza dei casi, al primo posto troviamo il comparto agricolo, che – soprattutto a causa del contributo degli allevamenti – in media rappresenta il 36% delle emissioni che gli stati prevedono di non riuscire ad abbattere al raggiungimento del net zero. A seguire, anche il comparto industriale, in genere, e il trasporto aereo, sono considerati campi in cui sarà difficile poter abbattere concretamente le emissioni entro il 2050, e che andranno quindi compensati rimuovendo dall’atmosfera una quantità di CO2 equivalente alle loro emissioni.
“Il nostro lavoro sottolinea che servirebbe maggiore attenzione a quali fonti di emissioni si prevede che rimangano nei paesi che puntano a raggiungere la neutralità carbonica”, conclude Naomi Vaughan, coautrice dello studio. “Dobbiamo comprendere meglio quali emissioni sono realmente difficili da decarbonizzare, e quali andrebbero quindi affrontate apportando cambiamenti alla domanda, modificando ad esempio la dieta, riducendo i viaggi in aereo, puntando sull’economia circolare, e ovviamente, investendo di più per la ricerca e l’innovazione”.