Prima è toccato agli orsi, poi ai lupi. Entrambi sono da tempo nel mirino del leghista Maurizio Fugatti, presidente della Provincia autonoma di Trento, che li ha additati come pericolosi nemici da combattere e, spesso, anche da abbattere.
Ad approfondire il rapporto tra questi esemplari e noi umani è un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori canadesi e pubblicato sul Journal of Applied Ecology. Il team ha installato 1.699 macchine fotografiche sulle Montagne Rocciose centrali e scattato, tra il 2007 e il 2022, oltre 11mila immagini di orsi grizzly (Ursus arctos), 18mila di lupi grigi (Canis lupus), un milione di esseri umani, con l’obiettivo di scoprire se la presenza dell’uomo sui sentieri riservati al trekking disturbi la fauna locale.
I risultati
Dalle foto sono anzitutto emersi gli ambienti favoriti dai due diversi esemplari: gli orsi prediligono avventurarsi in aree bruciate e cave di ghiaia, mentre i lupi preferiscono zone erbacee umide, arbusti, foreste di conifere. Entrambi tendono, tuttavia, a evitare terreni ripidi e località con un alto manto nevoso.
Ma l’esito più importante è un altro. L’analisi ha, infatti, dimostrato che i grandi carnivori stanno il più possibile alla larga non solo dai percorsi escursionistici in sé, ma anche da tutta l’area che li circonda, mostrando una grande diffidenza.
In particolare, è stato appurato che in una zona caratterizzata da disturbo umano relativamente elevato i rilevamenti di lupi sono diminuiti del 67% e quelli di orsi del 51% rispetto a una zona con disturbo relativamente basso. è stato, inoltre, calcolato che i primi si mantengono a una distanza media di 6,1 chilometri e i secondi di 1,8 chilometri dai siti in cui sono presenti tracce degli escursionisti.
“Lo sviluppo antropico può ridurre in modo misurabile la qualità dell’habitat di queste specie, influendo tra l’altro negativamente anche sulla presenza di grandi ungulati, tra cui alci, wapiti, cervi”, commenta Peter R. Thompson, ricercatore del dipartimento di Scienze biologiche dell’Università di Alberta, in Canada, e autore dello studio.
Una necessaria convivenza
Spesso ci si trova di fronte all’incapacità dell’uomo moderno di costruire una convivenza con gli animali, nell’errata convinzione che boschi, foreste, montagne siano in suo esclusivo possesso. “L’auspicio è che il nostro lavoro sia utile per gestire meglio il territorio, facendo in modo che esseri umani e fauna selvatica possano coesistere per molto tempo”, prosegue Thompson.
Del resto, come chiariva già nel Settecento il filosofo francese Voltaire “è solo per un eccesso di vanità ridicola che gli uomini si attribuiscono un’anima di specie diversa da quella degli animali”. Con buona pace del presidente Fugatti.