Il record negativo di affluenza al 49,7% è uno degli elementi più significativi delle scorse elezioni europee. Questo dato non sorprende, se si pensa al trend degli ultimi anni (per esempio, il 63,91% alle ultime politiche). Inoltre, ci sono molte analogie con quanto accade in altri Paesi europei, dove la polarizzazione sociale e l’insoddisfazione nei confronti delle istituzioni ha raggiunto livelli preoccupanti. È un segno evidente della distanza tra le persone e la democrazia rappresentativa, in particolare a livello nazionale. È importante quindi domandarsi cosa le italiane e gli italiani pensano dei temi chiave che riguardano la politica e la società contemporanea, nel momento in cui oltre più della metà della popolazione del nostro Paese non sarà rappresentato al Parlamento europeo.
Alcune risposte vengono dall’indagine condotta da Earth4All, Global Commons Alliance e IPSOS nelle 20 più grandi economie del mondo (i Paesi del G20 – tra cui l’Italia), su alcuni temi di grande rilevanza per il nostro futuro, dalla democrazia all’economia, dal cambiamento climatico ai valori prevalenti nelle nostre comunitá. Una prima parte dei risultati, che viene pubblicata questa settimana, ci dice qualcosa sull’Italia che è importante raccontare. È possibile leggere l’indagine sia soffermandosi sui dati in termini assoluti, cioè concentrandosi sul nostro Paese, sia confrontando questi dati con quelli degli altri Paesi, nel quadro dei trend europei o globali.
Il mondo – e l’Italia non fa certo eccezione – sta affrontando crisi multiple: l’incertezza reale e percepita creata dai conflitti, l’emergenza climatica e ambientale, le opportunità e le sfide poste dall’intelligenza artificiale, l’aumento del costo della vita. Cosa pensano le persone di queste crisi? Cosa chiedono ai loro rappresentanti nelle istituzioni?
Il riscaldamento globale
Il 62% di italiane e italiani crede che sia necessario agire in modo immediato e a larga scala per combattere il riscaldamento globale. Si tratta di una maggioranza significativa, che approverebbe con facilità la Legge sul Clima ora in discussione in Parlamento. In questa maggioranza sono presenti indistintamente diversi gruppi di età, reddito e genere. Questo è un segnale importante per i Parlamentari: le italiane e gli italiani vogliono una Legge sul Clima.
È interessante notare che questa percentuale è più bassa rispetto a quella registrata in alcuni Paesi del Sud del mondo, come ad esempio Messico (91%) e Brasile (81%), ma anche a quella di Paesi europei come Francia (73%) e Germania (66%). L’allarme lanciato a febbraio dall’Agenzia Europea dell’Ambiente sugli impatti devastanti che un clima fuori controllo avrà nel Sud d’Europa in tema di salute, vite umane, costi ed economia, potrebbe non avere ancora raggiunto tutta l’opinione pubblica italiana.
C’è troppa diseguaglianza nel Paese
Il 61% di italiane e italiani pensa che ci sia troppa diseguaglianza. Questo dato non sorprende in un Paese dove, secondo l’Istat, nel 2023 ancora 5.7 milioni di persone vivevano in condizioni di povertà assoluta, con un aumento di 0.8 punti percentuali rispetto al 2021.
In questo contesto – ed è questo l’elemento che i responsabili dell’indagine sottolineano con più forza nella lettura complessiva per il G20 – le italiane e gli italiani intervistati chiedano una riforma fiscale che redistribuisca le risorse nel Paese in maniera più equa.
Il 61% degli intervistati promuove infatti una tassa sui patrimonio – un tema a volte spinoso da affrontare nel nostro Paese – mentre il 64% è favorevole a una maggiore progressività della tassa sui redditi, con un aumento delle aliquote per le persone più ricche.
Significativo (71%), inoltre, il sostegno all’adozione di misure fiscali che tassino l’emissione di gas climalteranti come strumento redistributivo. Si tratta di un’informazione preziosa, in un momento in cui è necessario accelerare sulla transizione energetica. Come mostrato recentemente dall’ASviS, se misure fiscali di questo tipo avvengono in un quadro di investimenti e innovazione possono coesistere con crescita, aumento dell’occupazione e miglioramento delle variabili macroeconomiche.
Come è noto, a settembre il governo presenterà il cosiddetto Piano Fiscale di Medio Termine e, subito dopo, la Legge di Bilancio per il 2025. I dati fin qui descritti ci dicono che i cittadini sono a favore di un piano di trasformazione verso un’economia di neutralità carbonica che sia ambizioso e che, al tempo stesso, riduca le diseguaglianze e investa nello sviluppo sostenibile del Paese.
Poca fiducia nel governo nazionale
È utile a questo punto domandarsi se questa sfida verrà raccolta. L’indagine mostra che solo il 25% delle italiane e degli italiani ha fiducia nel fatto che il governo nazionale prenda decisioni in grado di generare benefici per la maggioranza delle persone. Un numero sconvolgente non solo in termini assoluti ma anche in termini relativi, perché pone l’Italia agli ultimi posti tra i Paesi del G20. Non stupisce, quindi la bassa affluenza alle urne. Ancora più bassa (al 21%) è la quota di chi confida sul fatto che il governo prenda decisioni di “lungo periodo” capaci di beneficiare le generazioni future. Anche questo dato vede l’Italia tra gli ultimi posti nel G20.
Come risolvere questo scollamento tra Paese reale e istituzioni? Una strada è quella di dare concretezza alla storica riforma del 2022 che ha introdotto tra i principi della Costituzione i diritti delle “future generazioni” (Articolo 9), per esempio introducendo il cosiddetto youth-check, ossia una valutazione di impatto inter-generazionale, su tutte le politiche future. Qui vale la pena ricordare che, dalla stessa indagine condotta da Earth4All, emerge come il 60% delle italiane e degli italiani approvi pienamente la creazione di diritti per le nuove generazioni (come avvenuto in Italia), e che questo è il numero più alto tra i Paesi europei.
Un’altra opzione è la creazione di un Commissario per le “Future Generazioni”, come succede in altri Paesi, per aiutare la nostra politica a superare il tradizionale “sguardo di breve periodo” che colpisce il nostro dibattito pubblico e politico. Una terza via è quella di creare all’interno del governo nazionale un’Unità di Previsione Strategica – cioè una struttura preposta a creare scenari per i prossimi 50-100 anni e anticipare le possibili soluzioni – sul modello di quanto fatto nell’Unione Europea.
Tra i dati positivi che emergono dall’indagine, in Italia il 78% della popolazione pensa che la democrazia sia un buon modo di amministrare il Paese, e solo il 33% pensa che ci sia bisogno di leader autoritari o comunque poco inclini al dialogo con Parlamento e opposizioni. Interessante notare che questo è uno dei valori più bassi tra i Paesi del G20.
Cosa pensano del futuro le italiane e gli italiani?
I dati descrivono un Paese colpito dalla sfiducia. Solo il 31% degli intervistati è infatti ottimista sul proprio futuro personale, contro il 62% di media nel G20. Si tratta di uno dei dati più bassi tra tutti i Paesi in cui è stata condotta l’indagine, in aperto contrasto per esempio con i dati che provengono invece da India, Sud Africa o Messico, dove la larga maggioranza della popolazione si dichiara ottimista. Secondo l’indagine, inoltre, solo il 24% delle italiane e degli italiani è ottimista circa il futuro del proprio Paese (contro una media del 44% del G20) e solo il 20% è ottimista circa il futuro del mondo (contro una media del 38%).
Un’economia che dia priorità al benessere e non al profitto
L’indagine dedica infine ampio spazio a investigare le attitudini delle persone nei confronti del sistema economico, rilevando che solo il 51% delle italiane e degli italiani pensa che la crescita economica sia il modo migliore per creare benessere nel Paese, mentre il 64% vorrebbe un sistema economico che dia priorità al benessere piuttosto che al profitto.
Ma cosa vuol dire “benessere”? Benessere è una condizione in cui una persona gode di una qualità della vita alta, quando può contare su diritti riconosciuti, quando può liberamente esprimere il suo potenziale come persona in armonia con l’ambiente e la comunitá. Costruire un’economia che punti al benessere significa dare priorità alla persona e alla salute del pianeta anziché che concentrarsi (solamente) sulla crescita economica.
Come forse è noto, l’Italia è uno dei Paesi che per primi nel mondo ha introdotto degli indicatori del benessere nelle statistiche officiali, e dove il governo rendiconta annualmente l’impatto delle proprie politiche su questi indicatori. Tutto bene se non fosse che proprio il governo, nell’ultimo Documento di Economia e Finanza dell’Aprile 2024 ha stimato ufficialmente che il proprio operato non avrà alcun impatto positivo sul benessere degli italiani nel 2024 e negli anni successivi. Una notizia che purtroppo non ha ricevuto attenzione dai media mentre dovrebbe essere tra i temi più discussi del Paese.
In sintesi, in Italia come in altri Paesi, la maggior parte delle persone pensa che l’economia non funzioni come dovrebbe, ha un basso livello di fiducia nelle istituzioni pubbliche (e nelle elezioni) e vorrebbe riforme politiche ed economiche. Nonostante questo, la grande maggioranza della popolazione è convinta che viviamo nel decennio decisivo per agire sul riscaldamento globale e sulle diseguaglianze e per creare benessere diffuso. Questa è la via per una democrazia più forte, con una qualità della vita più alta, e un pianeta in salute e più stabile.
Owen Gaffney, Narrative Lead Earth4All
Luca Miggiano, Senior Expert ASviS