Forse era il destino: chi, se non “il bambino degli insetti”, si sarebbe potuto battere per un Pianeta malato dove persino i più piccoli animaletti si stanno estinguendo? Gianluca Esposito, 28 anni, la vede un po’ anche così. L’attivismo è una forma di vivere che sente talmente tanto sua, da rinunciare ad altro, pur di portarla avanti. È nato a Martellago, provincia di Venezia, ma negli ultimi anni è in continuo movimento: va dove c’è bisogno di azione, dove può portare un messaggio.
Un po’ come quando da piccolo parenti e vicini di casa, “mi chiamavano il bambino degli insetti perché stavo sempre in giardino e mi perdevo accucciato tra i fili d’erba a scoprire un mondo che prendeva vita e luce sotto ai miei occhi. Passavo ore ad osservare minuscoli animali e anche a scuola, facendomi sentire, impedivo ad altri bimbi di ucciderli. Mi ascoltavano ed ero molto felice” racconta Gianluca.
Quel sentimento, quello di spronare altre persone al cambiamento, non lo ha mai abbandonato. Tanto che per cavalcarlo ha scelto di “dedicare la maggior parte del mio tempo all’attivismo, a fare qualcosa di incisivo per forzare un cambiamento fra la gente”. Così ha deciso di lavorare come guardiano di notte in una fabbrica in provincia di Treviso per avere più tempo di giorno, per le sue passioni.
Una, ovviamente, è Extinction Rebellion. Esposito è infatti tra i primi ad aver dato vita al movimento in Italia. Prima di atterrare nell’universo dell’attivismo di Extinction Rebellion ha però intrapreso un cammino lungo, quasi un salto da un percorso all’altro che ben si adatta a questo giovane appassionato di parkour, arrampicate sugli alberi e corsi di facilitazione sociale e creazione di comunità.
A 13 anni ho iniziato a lavorare con mio padre che ha una pizzeria, poi ho provato lavori di vario tipo. Tra tante passioni c’era anche quella per i documentari sulla natura. Li guardavo con i miei genitori di giorno, oppure da solo di notte e l’indomani sonnecchiavo fra i banchi di scuola. Quelli che affrontavano temi come la caccia, oppure il degrado di habitat e il declino delle specie, o l’uccisione delle foche, mi colpivano davvero tanto. Allora avevo il sogno di diventare veterinario per aiutare tutte quelle creature, poi con il tempo seguendo anche documentari sul clima ho iniziato a interessarmi alla questione del riscaldamento globale, agli effetti delle emissioni causate dall’uomo.
Quei temi, dal declino climatico all’impatto delle azioni antropiche sulle specie animali, portano presto Gianluca a fare delle scelte.
Prima diventa vegano, poi sente “un senso di rabbia, ingiustizia e frustrazione. Sentivo che dovevo fare di più. Così a 17 anni dal Veneto ho preso un BlaBlaCar e sono andato a Milano per manifestare sulla questione animale e insieme ad un’altra persona ho dato vita a un progetto di consumo consapevole per formare gli studenti su temi ambientali e diritti. Ho iniziato a parlare in pubblico, a fare performance anche artistiche, a raccontare questi temi a scuola. Ma anche a coinvolgere i miei amici, molti dei quali hanno poi smesso di mangiare carne. Forse senza accorgermene stavo praticamente già diventando attivista a tempo pieno” dice col sorriso.
I suoi genitori lo sostengono, spronano la sua curiosità, “non mi hanno mai ostacolato nell’inseguire l’idea di vedere cosa c’è ancora di bello nel mondo e proteggerlo”, dice Gianluca. Ma il senso di impotenza davanti alle pressioni dell’uomo sull’ambiente non passa. Così “per tre anni ho deciso di lavorare sotto copertura per l’associazione animalista Essere Animali in alcuni allevamenti intensivi: mi facevo assumere per poter raccontare cosa stava accadendo lì dentro, con telecamere nascoste. Ho visto cose terribili. Da quel momento, sono passato ad un attivismo più vivo e forte”.
Nel 2018 a Milano durante un evento per il clima “un signore mi ha detto: sai cosa sta succedendo a Londra? E mi ha mostrato le immagini di migliaia di bambini, anziani, adulti, tutti insieme che cantavano e manifestavano in maniera gioiosa ma decisa per il clima. Era l’inizio della “ribellione” di Extinction e ho pensato che fosse bellissimo. Volevo che questa protesta, fatta di disobbedienza civile e basata sulla nonviolenza, ci fosse anche in Italia, e così con un gruppo di pochissime persone abbiamo lavorato per impiantarla anche qui”. Da allora Gianluca è sempre sceso in prima linea per il clima.
Perché il suo sogno è “vedere intorno a me un cambio nell’umore della gente, girarmi e osservare persone che si aiutano, che anziché vivere col pilota automatico si uniscono verso una riconnessione con altre persone e con l’ambiente. L’obiettivo di Extinction Rebellion è spingere i governi a un cambiamento che però gli esecutivi sembrano non voler accettare, quello di mettere la natura al centro. Ma a me, come attivista, basta semplicemente smuovere emozioni e anche per un solo secondo far riflettere le persone: ci metto energia, tutto me stesso, nell’aprire delle finestre e nel sognare che si possano cambiare le cose”.
Per farlo è anche disposto a correre rischi. “Sono tante le azioni dove ho rischiato, – dice – una molto intensa è stata quella dei Pinocchi a Roma per protestare contro il governo dei balocchi: è stata la prima volta che ci hanno portati via addirittura con un pullman dalla polizia. Lì mi sono beccato un foglio di via e poi un altro a Venezia per l’azione dei canali colorati di verde. Per indole queste repressioni non mi fanno paura ma se mi fermo a rifletterci ho la consapevolezza che man mano che si accumulano d’ora in poi metto a rischio la mia libertà. Ma continuo a pensare che sia più pericoloso non fare nulla, non agire”.
Per questo continua a fare azioni di disobbedienza: da quelle “in altezza”, in cui si arrampica con e senza corde, fino alle più semplici manifestazioni di piazza.
Non potrei fare altrimenti. Alla fine non importa sotto quale bandiera o quale nome, l’importante è agire perché il tempo per salvare questo Pianeta sta finendo. Agendo, col corpo, le mani, la testa, comunque vada mandi un messaggio e aiuti altri a prendere coraggio, ad unirsi per un cambio di rotta.
Quello per garantire alla Terra meno emissioni climalteranti e, in futuro, un ritorno a temperature meno impattanti. “In fondo – dice il “bambino degli insetti” – forse solo così gli insetti e altre creature si salveranno. Io voglio crederci davvero. Ma non tanto per me, piuttosto per un futuro bambino degli insetti, quello che avrà il diritto di perdersi ad osservarli e a meravigliarsi, come ho fatto io, dell’infinita bellezza della natura”.