Negli ultimi anni stiamo prendendo sempre più consapevolezza dell’impatto che ha la nostra specie sugli equilibri del pianeta. E di quanto persino le abitudini più innocenti possano rivelarsi dannose per l’ambiente e per la biosfera. Prendete il caffè. Una bevanda consumata da miliardi di persone ogni mattina, quasi tutti all’oscuro – probabilmente – del fatto che il suo principio attivo, la caffeina, è ormai tra i più diffusi inquinanti farmacologicamente attivi nelle acque di tutto il mondo. A ricordarlo è un recente articolo dell’esperta di comunicazione ambientale Kat Kerlin, della UC Davis, che fa il punto sulle più recenti ricerche dedicate alla soluzione del problema, e sui piccoli passi che possiamo fare tutti noi per limitare la nostra “impronta caffeinica” sul pianeta.
A rendere preoccupante la presenza sempre più massiccia di caffeina nell’ambiente è la sua attività psicoattiva. In quanto stimolante, può essere pericolosa in quantità elevate per bambini e persone fragili. E negli animali, soprattutto negli ambienti acquatici dove tende a concentrarsi, può produrre un vasto numero di effetti nocivi: in laboratorio è stato dimostrato infatti che induce stress ossidativo, effetti neurotossici, modifica il metabolismo e le riserve energetiche, influisce sui meccanismi riproduttivi e sullo sviluppo, e può in alcuni casi arrivare a risultare letale.
Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare
Le palline di caffè che sostituiscono le capsule e diventano humus
di Dario D’Elia
Normalmente, i sistemi di depurazione delle acque reflue sono abbastanza efficienti nello smaltimento della caffeina, arrivando a eliminarne una percentuale compresa tra il 60 e il 100%. Ma visto il volume di consumo globale, anche le piccole quantità residue dopo i processi di depurazione contribuiscono in modo importante al suo accumulo nell’ambiente, facilitato dal fatto che la sostanza impiega molto tempo per degradarsi. Non va dimenticato inoltre che è una sostanza utilizzatissima anche come medicinale, e che quindi lo smaltimento dei residui industriali è un’altra fonte importante di contaminazione ambientale.
Se i potenziali rischi sono quindi chiari, cosa si può fare sul piano della prevenzione? L’articolo di Kerlin porta ad esempio le ricerche che si svolgono attualmente nei laboratori della UC Davis, dove si studia come modificare geneticamente alcuni ceppi di batteri naturalmente in grado di crescere in ambienti ricchi di caffeina, e di degradarla, in modo da aumentare la loro efficacia. Un lavoro ancora nelle fasi iniziali, ma che in futuro potrebbe fornire un metodo sicuro per minimizzare l’impatto ambientale dei rifiuti legati alla produzione del caffè. “Quando li avremo caratterizzati con maggiore precisione, questi batteri potranno essere utilizzati come sensori per identificare l’inquinamento da caffeina”, spiega Gabriel Subuyuj, un giovane ricercatore che lavora al progetto. “Potrebbero essere utilizzati in qualche modo come probiotici, che decaffeinizzano i rifiuti di caffè mentre se ne nutrono”.
Venendo ai cambiamenti nei nostri comportamenti che potrebbero aiutare a ridurre l’afflusso di caffeina nell’ambiente, una possibilità sarebbe ovviamente quella di ridurre la quantità di caffè, o bevande energetiche alla caffeina, che consumiamo quotidianamente. Una scelta certamente risolutiva, ma probabilmente difficile da digerire per moltissime persone che fanno affidamento su tè e caffè per trovare le energie con cui iniziare la giornata. Un’altra possibilità, meno impegnativa, è quella di cambiare il metodo con cui smaltiamo la polvere di caffè esausta che rimane nella caffettiera, cercando di farne finire la minor quantità possibile nel rubinetto – da cui raggiunge le fognature e può farsi strada verso mari, laghi e fiumi – e stando quindi attenti a conferirla nella pattumiera o in un contenitore per il compostaggio. Ultimo consiglio, è quello di preparare solo la quantità di bevande alla caffeina che contiamo di consumare realmente, perché tè e caffè in eccesso svuotati nei lavandini contribuiscono in modo importante all’accumulo di caffeina nell’ambiente.