Non c’è dubbio che la consapevolezza e gli appelli all’azione in materia di sostenibilità ambientale stiano aumentando in tutta la società civile. Il calcio non può anzi non deve girarsi dall’altra parte perché è parte integrante della società, quindi è chiamato a contribuire alla soluzione, ma al suo interno troppi ancora sono coloro che in modo miope non la pensano così. Penso che una delle capacità manageriali più importanti è la capacità di anticipazione e, traslando il concetto, il calcio non deve semplicemente intercettare e seguire le tendenze della sostenibilità e della società civile, deve anticiparle e originarle.

Abbiamo la capacità unica di raggiungere, ispirare, attivare la propria comunità, la più grande al mondo. La sostenibilità ambientale, che si lega trasversalmente agli altri tre pilastri ovvero quello sportivo, sociale e finanziario, è diventata una priorità.

La Uefa ha sviluppato una strategia di sostenibilità a lungo termine orientata al 2030, consapevole del fatto che è un percorso necessario e un investimento a lungo termine. È dunque un viaggio che presenta sfide importanti lungo il percorso. Per superarle, l’ecosistema calcistico deve sviluppare un percorso strategico prima di tutto e riconoscere contestualmente l’urgenza di agire e collaborare intorno a un’agenda comune per cambiare al proprio interno gli aspetti funzionali della sostenibilità, senza pretendere di risolvere i problemi che la società civile ha e spesso trasmette proprio al calcio, che li subisce troppo passivamente.

Anche se il calcio non può farsi carico da solo di tutti i problemi del pianeta, la responsabilità ambientale è sicuramente uno degli ambiti in cui lo sport più amato al mondo può contribuire a cambiare certi nostri modi di vivere. Il compito principale spetta alle istituzioni internazionali, ai governi che legiferano e che devono varare e mettere in atto azioni collettive a tutela dell’intera popolazione e delle condizioni di salute del globo.

Il calcio, però, deve saper assecondare principi, standard e pratiche di sostenibilità in tutti gli ambiti in cui opera, dal complesso ciclo di vita degli eventi, per esempio puntando alla nuova frontiera dell’economia circolare, alle attività quotidiane, fino alle infrastrutture in cui agisce tenendo conto di tutte le tecnologie improntate alla riduzione delle emissioni e al risparmio energetico. Il percorso tracciato dalla Uefa, che federazioni europee, leghe e club stanno e dovranno recepire sempre di più obbligatoriamente, mostra come la sostenibilità richieda un giusto equilibrio tra azioni e pratiche socialmente responsabili e rispettose dell’ambiente per preservare la sostenibilità a lungo termine del calcio.

Il calcio può e deve avere il proprio impatto sulla società civile. Deve saper investire insieme a tutti gli stakeholder sulla base di convinzioni e fiducia comuni, usando la propria voce per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle questioni legate ai parametri di sostenibilità sui quali potrà avere un impatto. È in noi evidente la convinzione che la sostenibilità possa sostenere il successo del calcio europeo e viceversa. È arrivato il momento di agire, insieme.

(*L’autore è Direttore Social & Environmental Sustainability della UEFA)