Le cozze sono finite. Da metà giugno nel golfo di Taranto non se ne trovano più: non hanno retto al caldo dell’anno scorso e all’ondata di calore di questi mesi. I cavallucci marini, popolazione unica che in Italia si può osservare solo nel Mar Piccolo della città pugliese, continuano a calare di numero. Le meduse e i vermocane invece, crescono.

 

Sono tutti segnali collegati a un mare più bollente a causa della crisi climatica in corso, indicazioni di futuri scenari devastanti. In questo inizio estate torrido, i ricercatori italiani del Cmcc (Centro euro mediterraneo sui cambiamenti climatici) hanno infatti rilasciato una nota preoccupante: oltre alle temperature che ci fanno boccheggiare nelle città, i mari dello Stivale sono già decisamente più caldi del solito.

Grazie ai dati satellitari si è appurato che dal maggio 2022 è in atto un’ondata di calore marino che si sta diffondendo nel Mediterraneo, arrivato in media a +4°C,  e che ha portato a temperature oltre la norma prima il mar Ligure e poi il golfo di Taranto, luogo dove si è ormai giunti addirittura a +5ºC sopra la media, con le previsioni che indicano una costante intensificazione.

Cosa accade quando un mare diventa più caldo

Il surriscaldamento degli oceani influisce sia sulla circolazione e il clima, sia sulla vita degli ecosistemi: piccole variazioni del termometro possono portare a cambiamenti importanti. “Per esempio impattano su un’intera economia, quella dei mitili” spiega Cataldo Pierri, docente di Zoologia applicata del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari. Pierri si immerge nel Mar Piccolo di Taranto da oltre 25 anni ed è seriamente preoccupato per quanto sta vedendo.

 

Spiega che “negli ultimi 100 anni la temperatura media degli oceani ha continuato ad aumentare, con ripercussioni importanti su ambiente e comunità. Più i mari sono caldi, meno ossigeno c’è, meno ossigeno c’è  e meno nutrienti come i fitoplancton sono presenti. Questo fenomeno accade ovunque, ma nel Mediterraneo è ancor più evidente: è un mare chiuso, perciò si surriscalda più velocemente”.

 

All’interno del già delimitato Mare Nostrum ci sono poi ulteriori cul-de-sac, come il mar Ligure, il golfo di Venezia e infine il golfo di Taranto. “A sua volta dentro quest’ultimo, che è più vicino alle coste africane, c’è un mare ancora più chiuso, il Mar Piccolo, un bacino ricco di biodiversità”. Proprio nei mari di Taranto, dove sono censite più di 800 specie, gli aumenti di temperatura segnalati del Cmcc stanno già avendo ripercussioni in grado di cambiare uno degli hotspot più interessanti d’Italia.

 “Qui molte specie si sono adattate per nascere, crescere e riprodursi con una determinata temperatura. Quando il caldo aumentano e soprattutto se persiste per diversi giorni, fasi come la riproduzione possono essere a rischio. Purtroppo nei mari tarantini sempre più frequentemente assistiamo a ravvicinate ondate di calore: lo scorso anno, come conseguenza di quasi un mese di mare sempre a 29 gradi, c’è stata una enorme moria di cozze allevate, quasi l’80% e quest’anno, arrivati a metà giugno, sul mercato non si trovano più le cozze tarantine”.

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I mitili cominciano a scarseggiare anche nell’Adriatico

Il problema è che ora i cicli di temperatura anomali rimettono sempre più in discussione anche i rapporti e gli equilibri fra le specie. Alcune, come le cozze, muoiono, altre invece come le meduse “esplodono” di numero dominando il Mediterraneo.

Oppure aumentano i vermocane, policheti urticanti fastidiosi anche per l’uomo, “vermi marini che sono un classico esempio di specie che prima era considerata rara e che ora, con le nuove temperature, si riproduce di più. Sembra persino che stia cambiando le sue abitudini: prima era saprofita, si cibava di resti di animali, oggi invece pare inizi a predare anche ricci o stelle marine“.

Un vermocane
Un vermocane 

In più, a causa delle azioni dell’uomo, responsabile della crisi climatica e dello spostamento di specie alloctone (vedi gli animali che entrano nel Mediterraneo dal Canale di Suez all’interno dell’acqua di zavorra delle navi), con il caldo animali estranei alle nostre acque trovano ora in Italia trovano condizioni ideali per sopravvivere.

 

“Molte specie grazie al nuovo clima dalle coste africane stanno arrivando qui: con quelle native in difficoltà a causa dell’inquinamento antropico e non solo, spesso le aliene che entrano riescono a prendere il sopravvento”, osserva Pierri. Una di queste per esempio è il granchio blu, che a Taranto sta predando persino una “meraviglia” osservabile in pochissime zone del Mediterraneo: i cavallucci marini.

Pierri, che studia questi animali, spiega come i cambiamenti delle temperature che innescano modifiche agli ecosistemi e portano nuovi predatori potrebbero essere una delle concause della perdita degli ippocampi in corso. “Nell’ultimo periodo la popolazione ha avuto un declino spaventoso, quasi il 90% negli ultimi sei anni. Una stima di qualche anno fa parlava di 300mila esemplari, oggi sono poche migliaia”.

 Eppure, se ci si immerge a osservare i fondali del Mar Piccolo, gli habitat nonostante tutto appaiono in buone condizioni, ancora integri.  “Un segnale di speranza – chiosa Pierri – ma non deve ingannare. Qui a Taranto agli ippocampi sta succedendo qualcosa, che potrebbe essere causato da un prelievo da parte dell’uomo per il mercato orientale oppure per via dell‘invasione delle specie aliene. Stiamo cercando di stabilirlo. Nel frattempo però, il perdurare di queste temperature del mare non aiuta: più continuano, più la salute degli ecosistemi di questo piccolo tesoro di biodiversità è a rischio”.