Durante la scorsa estate, il Dipartimento della Protezione Civile del nostro Governo ha registrato 1102 richieste di concorso aereo per l’estinzione di incendi boschivi. Ma a sorprendere sono soprattutto gli interventi nelle regioni dell’arco alpino, che sono solitamente meno soggette al fenomeno degli incendi: sono stati necessari ben 38 interventi fra il 25 giugno e il 30 settembre 2022, un primato rispetto agli anni precedenti.
Fulmini, l’esperto: “Ne cadono migliaia ogni ora, ma i morti sono rari”. Ecco come proteggersi
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Oltre alle cause di origine antropica, gli incendi boschivi possono essere dovuti a cause naturali e, secondo la comunità scientifica, in questo caso i fulmini sono fra i primi nella lista dei responsabili. I più pericolosi in questo senso sarebbero in particolare i fulmini a corrente continua prolungata, che aumenteranno la loro frequenza del 41% da qui al 2090, secondo quanto riporta uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Astrofisica dell’Andalusia (Spagna) e dell’Istituto per la Fisica dell’Atmosfera della Baviera (Germania), pubblicato su Nature Communications.
Combinando le misurazioni relative ai fulmini raccolte da un apposito strumento caricato a bordo del satellite GOES-16 (Geostationary Operational Environmental Satellite-16) con un database che colleziona i dati relativi agli incendi boschivi negli Stati Uniti, gli autori hanno innanzitutto studiato la correlazione fra incendi e fulmini a corrente continua prolungata, come racconta su Nature Comms Francisco Pérez-Invernón, che ha guidato la ricerca. Questi ultimi, a differenza di altri tipi di fulmini, possono continuare a scaricare a terra la corrente elettrica anche per decine di millisecondi. E la prima conclusione delle loro analisi, a conferma di precedenti osservazioni, è che sono proprio i fulmini a corrente continua prolungata ad essere più pericolosi per lo sviluppo di incendi boschivi.
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Basandosi poi sui trend di previsione adottati dalle istituzioni internazionali per calcolare nel tempo la concentrazione di gas serra presenti nell’ambiente (che naturalmente è in stretta correlazione con le temperature e in generale le condizioni climatiche del nostro pianeta), il gruppo di ricerca ha simulato al computer due scenari: uno relativo al passato recente (2009-2011) e uno relativo al futuro (2090). In questo modo ha stimato la frequenza dei fulmini che ci dovremo aspettare nei prossimi decenni in base a quelle che sono state e che saranno le condizioni del nostro pianeta dal punto di vista climatico e ambientale.
I ricercatori stimano che nel 2090 la frequenza dei fulmini aumenterà in generale del 43% rispetto al passato, e che quella dei fulmini a corrente continua prolungata aumenterà del 41%. Questo prevedono che porterà ad un aumentato rischio di incendi in varie zone del nostro pianeta, fra cui anche l’Europa. Secondo le loro stime, a risentire del fenomeno saranno in particolare alcune zone del Nord America e il bacino del Mediterraneo.