Ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli per raggiungere l’obiettivo decarbonizzazione è un’urgenza. Ma è possibile farlo, senza dover acquistare un nuovo veicolo elettrico o ibrido? A quanto pare si, secondo uno studio del Politecnico di Milano, che ha sviluppato un apposito sistema di monitoraggio di virtual sensing, in grado di stimare sia le emissioni di anidride carbonica (CO?) sia gli ossidi di azoto (NOx), con estrema precisione, e con una strumentazione molto semplice e low-cost.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, offre un punto di vista diverso sulla mobilità sostenibile, ma soprattutto rende consapevole ogni automobilista sia dell’impatto ambientale del suo veicolo, che della possibilità di diminuirne l’inquinamento prodotto solo cambiando abitudini di guida. Come? “L’idea è partita dalla volontà di definire un modo più preciso di calcolare le emissioni clima alteranti e ci siamo concentrati sugli ossidi di azoto, il principale prodotto delle emissioni della combustione, particolarmente nocivo in ambiente urbano perché rimane nell’aria e causa molti problemi respiratori”, spiega Silvia Strada, prima autrice dello studio del Polimi, che si è chiesta “perché l’impatto in termini di emissioni delle auto private debba dipendere solo dalla classe euro e non essere centrato invece sul veicolo individuale? Questo metodo permetterebbe di stimare con maggiore accuratezza quello che produce la singola auto”.
La tecnologia per consentire questo cambio di paradigma ed un bel passo in avanti di ogni singolo conducente di veicoli è già disponibile, anche perché “in laboratorio o nei test le emissioni delle auto vengono misurate con degli apparati ingombranti che vengono attaccati al tubo di scappamento e misurano con precisione, ma sono costosissimi, quindi non è possibile che ognuno abbia uno strumento di questo tipo” sottolinea Strada, che invece col suo gruppo di ricerca, si è focalizzata su un piccolo dispositivo dotato di GPS per la localizzazione e di unità inerziale per la misura di accelerazioni, che rileva le emissioni basandosi sul modo in cui ciascuno di noi guida. “Si tratta di una piccola black box, che già si usa per scopi assicurativi, che si installa sulla batteria dell’auto, e misura accelerazioni in maniera continua nel tempo e dopo un certo campionamento i dati sono spediti a un server, raccolti e elaborati. La scatola nera misura velocità, chilometri percorsi e stile di guida contando le accelerazioni o decelerazioni brusche, in base a queste informazioni, abbiamo costruito e definito un algoritmo che calcola le emissioni inquinanti”.
Per lo studio sono stati raccolti i dati, da oltre 8.000 veicoli privati già dotati di black box che sono stati analizzati per oltre 11 milioni di viaggi, dopodiché gli algoritmi hanno calcolato l’impatto ambientale reale di ogni veicolo. Il sistema, infatti, fa riferimento a tre indicatori di performance principali: il consumo di carburante, le emissioni di CO? e le emissioni di ossidi di azoto. E qui c’è un altro tassello interessante dello studio, che si collega ad un altro fattore, “scientificamente provato” che si chiama green speed, una fascia compresa tra i 50 e i 70 chilometri all’ora, in cui si consuma ed inquina meno, mentre al di sopra o al di sotto di questa fascia, avviene esattamente il contrario per una serie di fattori legati all’impatto ed alle forze aerodinamiche”.
La pubblicazione del Politecnico di Milano, senza nulla togliere alla certezza che la transizione ecologica richiede dei veicoli con motorizzazioni meno inquinanti, dimostra però, che anche un’auto più datata può avere degli effetti importanti sulla sostenibilità, se guidata rispettando la green speed e per distanze limitate. Sappiamo, infatti, che l’Ue ha fissato obiettivi ambiziosi, concentrandosi sulla riduzione delle emissioni nei trasporti del 90% entro il 2050, come prevede il Green Deal, ma avere già oggi un sistema ecologico ed economico potrebbe comunque fare la sua parte nel contrasto all’inquinamento.
“Nessuna tecnologia di veicolo è vietata a priori. E’ chiaro che se uno sceglie un veicolo elettrico ha una maggiore libertà di utilizzo rispetto alle emissioni, perché ne emette un decimo considerando tutta la catena di produzione, ma questo sistema pone la responsabilità nell’individuo” spiega ancora Silvia Strada, “ciascuno potrebbe avere una sorta di budget annuale in emissioni di CO2 e NOx spendibili nel tempo. Facendo un esempio, se in un giorno si fanno 5.000 km poi il budget a disposizione è finito”. Il sistema sviluppato dal Politecnico di Milano potrebbe avere numerose applicazioni per le amministrazioni urbane, che potrebbero utilizzarlo per gestire le emissioni nelle strade a traffico limitato, regolando accessi e tariffe di parcheggio in base all’impatto ambientale dei veicoli, ma senza vietare a priori la circolazione a nessuno, mentre si potrebbero premiare con incentivi i conducenti più virtuosi.