C’è un conto enorme, spesso invisibile, che sta pagando l’ambiente dopo tre anni di guerra. L’invasione russa in Ucraina, iniziata nel 2022, non ha solo portato a migliaia di vittime, milioni di vite distrutte e una infinita distesa di macerie, ma anche ad un aumento costante di emissioni di CO2, quelle che alterano il clima della Terra portandola a surriscaldarsi.

Ogni anno il gruppo Initiative on GHG Accounting of War, con il contributo di autori internazionali e la supervisione ucraina, prova a tenere conto proprio della crescita delle emissioni causata dalle operazioni militari: ormai in Ucraina siamo arrivati a superare i 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, emissioni climalteranti che, per dare un’idea, sono vicine per valore a quella che l’intera Spagna rilascia in un anno.

Da sola, la guerra, ha prodotto finora un livello di emissioni che è pari a quelle annuali di Austria, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca messe insieme, oppure a quelle causate da 120 milioni di automobili in 365 giorni.

Ormai, si legge nel rapporto, “le emissioni hanno raggiunto quasi 230 milioni di tonnellate di CO2 equivalente dal febbraio 2022 e nell’ultimo anno sono aumentate del 31%”. Il costo climatico dell’invasione è dunque altissimo. L’impatto dei combattimenti, dei veicoli pesanti che bruciano carburante, dell’acciaio e del cemento usato nelle trincee e nelle fortificazioni e tutte le emissioni derivanti dalle varie attività militari stanno continuando a crescere. A questo punto le emissioni legate alla guerra hanno superato quelle, sempre negative in termini di costi climatici, necessarie per la ricostruzione di edifici, case e infrastrutture danneggiate. Se a questo mix si aggiungono poi quelle legate agli incendi boschivi, che nel 2024 sono cresciuti e risultati particolarmente dannosi, è facile comprendere come la guerra stia avendo un peso specifico sempre più elevato nelle emissioni che alterano il clima globale.

In parte, è già un circolo vizioso: come sappiamo le emissioni antropiche hanno reso gli eventi meteo più estremi ed intensi, portando forte siccità estiva in alcune zone boschive dell’Ucraina che, tra temperature elevate e conseguenze del conflitto, sono bruciate in maniera copiosa. Il report indica che l’area degli incendi boschivi legati al conflitto, rispetto alla media annuale degli anni precedenti, è raddoppiata (118%), con emissioni pari a 16.9 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. L’Ucraina è risultata così uno dei paesi più impattati dagli incendi nel 2024 e “secondo i dati compilati dal European Forest Fire Information System, la guerra è stato un fattore scatenante principale” si legge nel report che viene solitamente diffuso dal gruppo ucraino Ecoaction.

Gli autori sottolineano inoltre come “un maggiore utilizzo di droni nel 2024 ha fatto poco per compensare l’uso di proiettili di artiglieria costosi per il clima” e anche “l’intensificarsi degli attacchi alle infrastrutture energetiche ha portato a un aumento del 16% delle emissioni di conflitto in questa categoria negli ultimi 12 mesi”.

Sono state prese di mira per esempio gli impianti carichi di combustibili fossili, come “le infrastrutture petrolifere che sono state particolarmente colpite causando un’impennata delle emissioni a 2,1 MtCO2e negli ultimi 12 mesi rispetto a 1,1 MtCO2e nei 24 mesi precedenti” si legge ancora nel rapporto.All’impatto climatico delle operazioni attive va poi aggiunto un dato dovuto ai divieti, quello relativo ad esempio al sorvolo aereo delle zone di conflitto. Con gli aerei che hanno continuato a evitare o sono stati banditi dallo spazio aereo sopra la Russia e l’Ucraina “le emissioni del trasporto aereo sono state spinte a 14,4 MtCO2e dall’inizio dell’invasione”, mentre rimangono inalterate quelle “legate alla fuga dei rifugiati”. I risultati dello studio sono stati presentati anche alla sessione IPCC (Gruppo intergovernativo per i cambiamenti climatici) a Hangzhou, in Cina e sono stati “approvati” dal governo ucraino il quale ricorda come la Federazione Russa dovrebbe essere ritenuta responsabile delle emissioni climalteranti legate al conflitto. Per Lennard de Klerk, autore principale del report, “il 2024 è stato l’anno in cui clima e conflitto si sono combinati, portando a vaste aree di foreste bruciate. Con i negoziati di pace nell’aria, i costi climatici non dovrebbero essere dimenticati”.