La plastica ci costa tantissimo, in termini di danni all’ambiente, al clima, e di conseguenza, all’economia e, ancora più importante, alla nostra salute. Questo costo “sociale” è stato per la prima volta tradotto in termini puramente economici, pertanto quantificato, all’interno di un rapporto appena pubblicato dal Wwf. La stima è da capogiro: parliamo di 3,7 trilioni di dollari, dove un trilione sta per mille miliardi (oppure un milione di milioni). È una cifra impressionante, più alta del Pil complessivo dell’India nell’anno 2019, che non raggiunge i 3 trilioni di dollari, e quasi quanto il Pil della Germania, pari a circa 3,86 trilioni. Ad oggi, però, non stiamo facendo abbastanza per contrastare una crisi che è già in atto. L’obiettivo portato avanti dal Wwf è ridurre a 0 il rilascio di plastica nell’ambiente entro il 2030.
La plastica in numeri
Globalmente secondo il Wwf ogni anno produciamo più di 200 milioni di tonnellate di rifiuti solidi di plastica a livello urbano (misura che non include ad esempio la plastica dai lavaggi in lavatrice), una quantità difficile anche da poter immaginare. Se volessimo rappresentarla visivamente potremmo, potremmo incartare e avvolgere l’intero globo terrestre facendo 2,8 milioni di giri del pianeta. E le cose vanno peggiorando: gli esperti ritengono che questo costo salirà a 7,1 trilioni di dollari entro il 2040, più del Pil nel 2019 di Australia, Canada e Germania messe insieme.
Perché il costo è così alto
Stando ad uno dei più ampi e recenti studi sul tema, pubblicato nel 2017 su Science Advances, di tutti i miliardi di tonnellate di plastica prodotti al mondo dagli anni ’50 ad oggi il 79% è finito ed è accumulato nelle discariche o ha pervaso tutti gli ambienti naturali, il 12% è stato incenerito e soltanto il 9% è stato riciclato.
Il punto è che il carico economico legato plastica non è soltanto quello legato alla sua produzione, anzi: il costo “sociale” risulta almeno 10 volte più alto del prezzo di mercato della plastica vergine, secondo lo studio. Questo indica che finché continueremo a produrla in grandi quantità la spesa sarà sempre più alta. La motivazione di questo surplus è che il costo finale, indotto dall’uso della plastica, include anche il peso legato a varie altre operazioni: dalle emissioni di gas legate all’ingresso della plastica nell’ambiente e il loro peso economico, alla gestione (e anche al prezzo della cattiva gestione) dei rifiuti fino all’impatto, forse in assoluto quello più gravoso, sulla salute, legato anche alle emissioni e ai danni al clima, che per ora non è ancora quantificabile. Finora riusciamo a misurare con precisione soltanto la punta dell’iceberg, secondo gli esperti, ovvero la gestione dei rifiuti, inclusi quelli che inquinano gli ecosistemi marini, e quella delle emissioni serra. Ma sotto c’è molto che non vediamo: dagli effetti su tutti gli ecosistemi terrestri alla nostra salute.
Facciamo ancora poco
A fronte di questi dati, il documento del Wwf spiega come le attuali strategie adottate per contrastare questa crisi globale stiano fallendo. Gli ostacoli vengono sia dalla politica sia dal mondo dell’industria. Nonostante gli sforzi per contenere il problema, gli impegni di governi e delle aziende prevedono un taglio della produzione di nuova plastica pari “solo al 7% all’anno”, come si legge nel testo, un limite basso, che richiede nuove azioni locali e globali.
Le motivazioni del fallimento attuale sono varie: i sistemi per la gestione della crisi sono complicati e costosi, spesso non alla portata di alcuni paesi. E ancora, mancano competenze, ricerca, tecnologia, come anche una legislazione più definita, sia a livello nazionale sia internazionale, con la coordinazione fra i vari Paesi.