Dimmi cosa indossi e ti dirò quanta acqua sprechi. Vi siete mai chiesti quanta acqua occorre per produrre una semplice maglietta di cotone? Il rapporto “Quant’acqua sfruttiamo”, redatto da SERI – Sustainable Europe Research Institute su commissione della sezione europea di Friends of the Earth, ci dice che per realizzare una maglietta si utilizzano in media 2.700 litri d’acqua, dalla piantagione di cotone all’arrivo al consumatore. E circa 7.500 i litri di acqua per un paio di jeans. L’impronta idrica nell’industria tessile e dell’abbigliamento, in particolare, ha raggiunto livelli enormi che dipendono non solo dalla coltivazione della materia prima, ma anche da tutte le fasi successive della lavorazione.
Sgranatura, soffiatura, cardatura, stiratura, filatura, tessitura, tintura, taglio, cucitura, stiratura, spedizione e trasporto su strada: sono tutti i passaggi necessari per trasformare le capsule di cotone in una maglietta. Processi che contribuiscono in larga misura all’impatto sul riscaldamento del Pianeta (e non solo), rispetto ai quali bisogna fare i conti, perché ormai non c’è più tempo. In questo contesto, innovazione e tecnologia stanno facendo passi da giganti per dare il proprio contributo con iniziative e invenzioni che puntano alla tutela del Pianeta. Un esempio recente è Galy, una startup cleantech con sede a Boston, nata con la missione di trovare soluzioni agricole etiche e sostenibili, che ha realizzato il primo cotone in laboratorio. Esattamente come accade per la carne.
Secondo i dati condivisi dalla startup, il suo processo di coltivazione del cotone in un bioreattore, una volta a regime, ridurrebbe l’uso di acqua del 99%, il consumo di terra del 97% e l’impatto negativo dei fertilizzanti del 91%, rispetto alla produzione tradizionale di cotone. Mantenendo inalterate in termini di qualità tutte le proprietà originali del cotone, perché proveniente da una pianta vera e propria.
“Abbiamo bisogno di alternative che possano integrare l’agricoltura tradizionale senza contribuire alle emissioni o creare un’eccessiva dipendenza da catene di fornitura instabili. La tecnologia di agricoltura cellulare di Galy fornisce una soluzione a queste sfide, migliorando al contempo l’efficienza delle risorse e creando resilienza climatica per il settore”, ha dichiarato il suo fondatore Luciano Bueno.
Il fondatore: “Vendevo magliette porta a porta”
Luciano Bueno, brasiliano, è amministratore delegato della startup fondata nel 2019. Ma il cotone fa parte della sua vita professionale da molto più tempo. “Ho iniziato a vendere magliette porta a porta, per pagare le bollette quando ero al college – racconta -. Dopo l’università è arrivato il mio primo lavoro come consulente in Deloitte, dove ho lavorato su una commessa di aziende tessili. In quegli anni inizio ad analizzare il mondo della produzione del cotone, e scopro tanti aspetti legati al processo, che fino ad allora ignoravo”.
Nel 2015 fonda la sua prima azienda, Horvath Co., in cui progetta e produce t-shirt in cotone resistenti al sudore. L’azienda va bene, firma un accordo di esclusiva con una importante multinazionale americana. Ma ben presto si rende conto, che quella non è la strada che desidera percorre. Così nel 2017, cede l’azienda e si prende un periodo sabatico, si trasferisce in Silicon Valley. In quel periodo, la sua attenzione si focalizza sul boom delle startup di carne coltivata in laboratorio e sull’enorme raccolta di fondi che quelle imprese innovative riuscivano ad attrarre. Così gli balena l’idea di applicare la stessa idea per il cotone. Così prende forma il progetto di coltivare il cotone in laboratorio. Galy Cotton nasce ufficialmente nel 2019, ma ci sono voluti anni di ricerca e sviluppo insieme al suo team di ricercatori per la messa a terra della startup.
E oggi, Bueno non solo è riuscito a lanciare con successo Galy Cotton, ma anche ad assicurarsi una raccolta di fondi complessiva pari a 65 milioni di dollari da parte di investitori del calibro di H&M Group, Inditex (guidata da Oscar Garcia Maceiras), Breakthrough Energy Ventures (BEV) di Bill Gates e Zara Group.
La procedura di produzione del cotone coltivato in laboratorio
La procedura della startup consiste nel prelevare le cellule da una pianta di cotone, inserirle in una grande vasca e nutrirle con zucchero. Dopo che le cellule si sono sufficientemente moltiplicate, i tecnici di Galy usano loro la conoscenza genetica della pianta, acquisita in decenni di ricerca, per attivare determinati geni e disattivarne altri. Il risultato è che la cellula si trasforma e si allunga in una fibra di cotone. Galy è riuscita a produrre cotone coltivato in vasca al chiuso, il che comporta una maggiore purezza dello stesso in quanto non è soggetto alle intemperie del clima. Tuttavia le quantità di cotone sono ancora ridotte e il filo è di lunghezza ancora troppo corto.
Gli acquirenti di cotone sono infatti interessati a tre aspetti importanti: la lunghezza del filo, la resistenza e alla purezza. Galy ha già ottenuto la purezza, dato che il processo avviene all’interno di una vasca e non all’aperto. Nei prossimi passi, grazie ai fondi raccolti, punterà alla lunghezza e alla resistenza del cotone prodotto. E alla produzione e commercializzazione su larga scala.
Le cellule hanno bisogno di zucchero per moltiplicarsi
C’è un aspetto cruciale di questa produzione altamente innovativa in laboratorio: le cellule vegetali prodotte dalla startup, hanno bisogno solo di zucchero per moltiplicarsi. Per questo motivo, rispetto alla carne coltiva, che ha bisogno di maggiori passaggi (perché si tratta di un alimento che viene mangiato), la produzione di cotone in laboratorio è più veloce, proprio perché si saltano i passaggi degli elevati protocolli igienici.
“Galy ha sviluppato una promettente tecnologia per ridurre l’impatto della produzione di cotone sull’uso di acqua, sostanze chimiche e suolo. È necessario progredire verso un’industria tessile innovativa e più responsabile, investendo in tecnologie all’avanguardia per la produzione di fibre di nuova generazione. Non solo ci stiamo muovendo verso il nostro obiettivo di utilizzare esclusivamente materiali con un impatto ambientale inferiore, ma stiamo anche attivamente plasmando la trasformazione del settore attraverso investimenti di capitale strategici”, ha affermato?Óscar García Maceiras, CEO di Inditex.