Dodici comunità Walser dei borghi alpini nelle provincie di Aosta, Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola e nel Canton Ticino hanno presentato a Formazza la Carta dei valori Walser: “dieci riflessioni e qualche suggerimento per vivere e salvaguardare i territori montani, prendendo spunto dalla nostra cultura e dalla nostra storia”. Un decalogo con il quale le comunità cercano di immaginare un avvenire prospero ma sostenibile nelle Alte terre. In questo documento, i discendenti dalle popolazioni arrivate nel Medioevo dall’Alto Vallese (Svizzera) e insediate da 700 anni ai piedi del Monte Rosa, affrontano temi cruciali come il contrasto allo spopolamento dei paesi di montagna, la preservazione della biodiversità, la custodia del paesaggio storico, la promozione di uno sviluppo e di un turismo sostenibile che non esaurisca le risorse naturali. È sorprendente come una cultura così antica sia sopravvissuta fino a oggi e sia ancora così tangibile nel paesaggio, nelle abitazioni, nella lingua paleo germanica, nella cultura di queste piccole popolazioni valligiane.

Pietro Bolongaro è un agricoltore e allevatore di montagna. Abita in uno dei più piccoli borghi piemontesi: Rima, 1.417 metri di altitudine, fondato nel XIV secolo dal popolo Walser in una conca verde alla fine della Val Sermenza (una laterale della Valsesia). Fa parte di un gruppo di agricoltori che sta recuperando le tecniche agricole walser: molte lavorazioni a mano in terreni piccoli e frammentati, coltivazione di antiche varietà di patate, uso di fertilizzanti organici, allevamenti bovini e ovini con alpeggi estivi a 2.500 metri di altitudine. “Tutte iniziative che richiedono molto impegno – spiega Bolongaro, che in giugno aprirà anche un agriturismo – ma che continuiamo a portare avanti con determinazione, per consolidare un’economia di pace che si coniughi con un turismo lento e con i valori tramandati dai nostri avi”. Della Carta, Pietro sottolinea due aspetti: “ci siamo definiti custodi perché, oltre ad abitare questi territori, intendiamo curarli e offrire un’accoglienza qualificata a chi vorrà scoprirli, cercando di trasmettere anche la spiritualità della natura, dei paesi e della nostra storia”. Il secondo aspetto è la grande solidarietà delle comunità Walser, vissuta nella vita quotidiana: “ogni famiglia aveva un certo numero di mucche, ma gli alpeggi venivano gestiti insieme; era riconosciuta la proprietà privata, ma veniva amministrata in maniera consortile. Quando una famiglia doveva costruire una casa, poi, tutte le altre partecipavano donando preziose ore di lavoro e mettendo a disposizione esperienza e capacità tecniche”.

Un altro protagonista del decalogo è Riccardo Carnovalini, fotografo, scrittore e camminatore, tra gli ideatori del Sentiero Italia (l’autostrada verde che unisce le venti regioni italiane). È il curatore della Carta dei valori. Si definisce “un Walser d’adozione”, vive sulle Alpi Graie in Piemonte, a stretto contatto con la natura, in una casa di pietra e legno e ci racconta il senso del documento condiviso dalle dodici comunità.

Perché è stato scritto questo decalogo?

“Per non disperdere le conoscenze e i saperi di una popolazione che ha dimostrato nei secoli di poter vivere a quote dove nessuno, prima, aveva vissuto. Si tratta del secondo step di un progetto sostenuto dalla fondazione Compagnia di San Paolo: il primo è stato la messa a punto della Walserweg, il grande sentiero Walser costituito da 11 tappe, 153 chilometri di percorsi tra valle d’Aosta, Piemonte e Canton Ticino e oltre 200 punti di interesse, alla scoperta dell’affascinante cultura Walser e dei loro magnifici territori”.

Qual è il futuro delle comunità Walser?

“La sfida è l’attualizzazione di quelle capacità e di quei valori che hanno caratterizzato la vita e le attività dei Walser, riconoscendo i limiti ambientali dettati dal cambiamento climatico. Il futuro delle comunità si radica anche nella presa di coscienza che il turismo non debba essere un punto di partenza, ma la conseguenza di una nuova economia. Un turismo che va educato alla curiosità della scoperta e che non può pretendere di portare in montagna lo stile di vita delle città”.

Uno dei punti del decalogo si riferisce all’economia di pace. Può spiegare meglio il concetto?

“Economia di pace significa filiere corte e circolari, ottimizzazione delle risorse naturali, forestali, agricole. Un’economia che si rivolge al mercato locale, non sfruttando manodopera sottopagata. I coloni Walser nel Medioevo non superavano mai il limite imposto dall’ambiente, si accontentavano di meno per salvaguardare i beni che la natura metteva a loro disposizione”.

Il paesaggio storico dei Walser è ancora leggibile in molte delle valli dove vivono le comunità che discendono dagli antichi vallesani. Quali sono i tratti più riconoscibili?

“Usiamo la parola wilderness spesso a sproposito. Qui la natura è segnata dal lavoro dell’uomo: muretti a secco, boschi, pascoli, abitazioni sono il frutto di secoli di cura (‘il nostro territorio è lo specchio della nostra identità’, si legge nella Carta). Qualche esempio concreto. La salvaguardia del prato, che costituisce spazio di vita per l’uomo ed è indispensabile anche per l’impollinazione, oltre che fonte di cibo per gli animali e luogo di biodiversità. O le case walser, esempi di armonia, vere e proprie macchine di risparmio energetico. Caratterizzate da un piano terreno in pietra e i piani superiori in legno, soprattutto di larice: al piano terreno si trovava la stalla con il locale cucina, al primo il soggiorno (schtuba) e la camera da letto, mentre all’ultimo piano deposito e fienile. Con questa disposizione le camere godevano di un’ottima coibentazione, essendo scaldate dal calore della cucina e della stalla e isolate al piano superiore dal fieno. Talvolta il loggiato esterno (schopf) era utilizzato per essiccare segale, canapa e altri prodotti agricoli, nonché per la vita di comunità. Un’altra tipologia costruttiva ancor oggi riconoscibile è lo Stadel (fienile). Al piano inferiore si trovava la stalla o una cantina, mentre al piano superiore il deposito del fieno. I due livelli dell’edificio erano separati da alcuni pilastri sormontati da un disco in pietra, denominato miischplatta, il piatto del topo, inserito per impedire ai topi di salire al piano superiore e intaccare la dispensa e il fieno”.

Cosa le hanno lasciato gli incontri per la redazione della Carta dei valori?

“Nelle riunioni con le comunità Walser è emerso il senso del bello, l’armonia con i luoghi, la cooperazione, la solidarietà tra le persone, l’accoglienza. Valori antichi, da riscoprire e coltivare”. La Carta dei valori walser si ispira all’articolo 9 della Costituzione della Repubblica Italiana che “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi […]”, alla Convenzione europea del paesaggio, alla Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, alla Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa.

Questa antica civiltà di frontiera intende aprirsi al mondo e al futuro, senza però rinunciare alla propria identità e alla propria storia, mantenendo valori e stili di vita ancora attuali e utili per affrontare le sfide del nostro tempo.