Tutti sanno che se si vuole viaggiare in modo sostenibile bisogna preferire il treno all’aereo o una macchina elettrica a una che consuma benzina, ma non molti conoscono la soluzione per farlo a impatto zero: pannelli fotovoltaici simili agli origami facili da trasportare e realizzati in fibra di carbonio recuperato dagli scarti delle macchine sportive da installare sul camper o sulla barca e da portare praticamente ovunque. L’idea è di Sara Plaga, 36 anni, nata a Varese, che si definisce “camperista dalla nascita”, e di suo marito Kim Myklebust, norvegese di 34 anni, che insieme hanno fondato la startup greentech Levante, al primo posto nella categoria “idee e startup da sostenere” degli Smart Talk, il video-contest della fiera virtuale in 3D sull’ecosostenibilità Geco Expo.
Il nome della startup, oltre a richiamare il sole e il mondo della nautica, significa “nuovo inizio” ed è stato scelto perché entrambi hanno lasciato il proprio impiego da dipendenti per lavorare alla ricerca di soluzioni per viaggiare in modo più ecosostenibile. “Per me è stato semplice perché ero in maternità”, racconta Sara. La scelta per Kim è stata più sofferta: “Nella mia azienda ero l’unico con uno stipendio fisso e, non c’è niente di male nel dirlo, è un privilegio a cui è difficile rinunciare, ma credevo molto nelle potenzialità di questa idea. E poi – sorride – l’ultimo progetto insieme è stato il nostro matrimonio ed è andato molto bene”.
Levante ha anche un altro significato: Aurora, il nome che hanno scelto per la prima delle due figlie. “Ci siamo licenziati e cinque mesi dopo sono rimasta di nuovo incinta, possiamo dire che siamo i fondatori non di una, ma di tre startup“. Quando la prima bambina è nata il viaggio dall’ospedale a casa è stato organizzato in camper perché “la passione per i viaggi è un affare di famiglia”. E così, con l’arrivo delle figlie, proprio nel momento in cui molte coppie cercano la stabilità, Sara e Kim si sono detti: “Vogliamo avere un impatto positivo sull’ambiente non solo come famiglia o come coppia ma anche con il nostro lavoro. È il nostro momento: ora o mai più”.
Ed ecco l’idea del pannello fotovoltaico, nata dall’esigenza di avere energia prêt-à-porter, ha iniziato a prendere forma: “Quando viaggiamo ci piace non fermarci mai – racconta Kim – non vogliamo stare in porto con la barca o nel campeggio con il camper per ricaricare le batterie, ma essere liberi di spostarci, se possibile in mezzo al nulla”. Essere indipendenti dai carburanti, non dover usare il generatore o accendere il motore per avere energia: questo era il loro desiderio. Quando si sono accorti che stavano sempre lì a contare i kilowatt rimasti hanno pensato di sfruttare l’energia solare. E hanno immaginato come migliorare i pannelli fotovoltaici che già esistono.
“Quelli normali sono molto difficili da installare, noi ci abbiamo provato: per farlo devi avere una superficie mentre il nostro si estende e può rimanere sospeso. Se vengono coperti da zone d’ombra smettono di funzionare, quello su cui stiamo lavorando invece è modulare ed elimina questo problema”, spiega Sara che descrive ogni modulo triangolare come se fosse un mattoncino Lego da aggiungere o togliere a seconda della potenza di cui si ha bisogno. “E poi c’è il discorso dell’impatto ambientale – continua – il pannello che progettiamo noi può essere rigenerato, ogni componente può essere recuperato a fine vita, e può essere aggiornato per avere un prodotto al passo con le nuove tecnologie. In pratica è eterno”.
Kim è nato in Norvegia e solo dopo aver conosciuto Sara ha trovato il coraggio di trasferirsi in Italia. “Da bambino dicevo sempre che sognavo di venire qui per disegnare automobili”, racconta. E quel sogno si è avverato, almeno fino a quando non ha deciso di lasciare tutto per lavorare sul progetto di Levante. “È assolutamente il momento giusto per lanciare un’idea green, c’è tanto supporto, anche economico, adesso, l’attenzione ai temi ambientali è lievitata dall’inizio della pandemia e sono in moltissimi a voler investire”, spiega Kim.
Nell’ultimo mese anche la guerra in Ucraina ha contribuito ad alzare l’asticella dell’interesse per le energie rinnovabili. “Ogni crisi è un’opportunità di cambiare e migliorare”, dice Kim. “Negli ultimi 50 anni non abbiamo sempre prodotto energia nel migliore dei modi, ma adesso abbiamo un’occasione per aggiustare un po’ di errori fatti nel passato. Mi fa male sentire che dobbiamo riaccendere le centrali di carbone, ma toccare il fondo può essere un’occasione per cambiare davvero”.
La coppia racconta un mondo fatto di sono acceleratori che investono capitali sulle startup, di bandi e concorsi, anche europei, a cui è possibile partecipare. “Non mi sento di dire – aggiunge Sara – che sia necessario un piccolo capitale, noi abbiamo investito per primi. Se non sei tu il primo investitore della tua startup non puoi chiedere i soldi agli altri, ma di certo non è necessario avere molti soldi per sviluppare un’idea sostenibile”.
“Questo progetto è il nostro modo di fare attivismo“. Ne sono convinti Sara e Kim che, oltre a definirsi ambientalisti e a essere cofondatori di una startup green, sono anche genitori molto attenti all’educazione delle loro due bambine. “Usiamo sempre pannolini lavabili e compriamo solo vestiti usati, usiamo detersivi bio ed evitiamo la plastica monouso – racconta Kim – Abbiamo comprato pochissimi giochi ma le abbiamo educate a divertirsi con ciò che la natura offre”. E i risultati di tutte queste attenzione cominciano a vedersi: “La più grande un giorno mentre si lavava i denti con i suoi nonni li ha sgridati invitandoli a chiudere l’acqua. Una specie di fotografia generazionale che immortala i giovani che aprono gli occhi ai più grandi sulla crisi climatica”.