È soprattutto una questione di fiducia, quella che orienta le scelte di consumo e che indirizza l’allocazione dei risparmi. La sostenibilità è diventata a tal punto preponderante nella comunicazione finanziaria, che il vero rischio è far rientrare sotto il medesimo cappello cose molto diverse tra loro, strategie di lungo periodo che puntano a risultati crescenti e iniziative una tantum.
Questo spiega la crescente attenzione del legislatore comunitario al tema del greenwashing, perché contrastando le iniziative che sono sostenibili solo a parole (e non anche nei fatti) si garantisce uno sviluppo sano di questo filone, cruciale per garantire un modello diverso da quello che ha caratterizzato l’economia negli ultimi decenni.
Occhio all’inganno
Secondo uno studio di Bruxelles su claim pubblicitari dell’area, oltre la metà delle informazioni fornite è risultata vaga, fuorviante o infondata. Un’enormità che rischia di minare il fattore più importante nel processo di transizione green, vale a dire la fiducia dei cittadini e dei consumatori. Oltre a penalizzare le aziende che invece mettono in campo davvero azioni sostenibili, talvolta anche sopportando dei costi nel breve termine, che finiscono col pesare sulla marginalità dei conti.
Verso standard di valutazione condivisi
Secondo uno studio della Commissione europea, oltre la metà delle etichette presenti sui prodotti in circolazione nel Vecchio Continente è troppo vaga, o comunque poco attendibile quanto a sostenibilità. Da qui la decisione di mettere a punto una bozza di direttiva – denominata Green Claims – in virtù del quale tutte le comunicazioni green destinate al largo consumo dovranno essere soggetto a un sistema di verifica, che dovrà essere effettuato da enti indipendenti. Anche se sui risultati diversi analisti hanno sollevato dubbi, dato che il materiale da esaminare è a tal punto vasto che i controlli non potranno che interessare pochi prodotti.
Fondamentale per la riuscita del piano sarà anche l’aspetto sanzionatorio e a questo proposito si sa soltanto che i criteri punitivi verranno stabiliti sulla base di criteri comuni che includano “la natura e la gravità dell’infrazione”, nonché “i benefici economici che ne derivano” e il potenziale danno ambientale causato.
Il ruolo dei privati
Gli interventi legislativi possono aiutare ad assicurare la trasparenza sul mercato, ma non sono sufficienti. I risultati migliori si possono ottenere solo con un’azione combinata, che veda anche la partecipazione dei soggetti privati. A questo proposito un ruolo importante lo rivestono gli indici di sostenibilità, a patto di considerare solo quelli curati da enti e società di assoluta affidabilità.
Così come sono importanti i rating Esg, che semplificando al massimo sono pagelle che attestano l’impegno dell’impresa su uno o più dei tre pilastri della tutela ambientale, dell’inclusione sociale e dell’adozione di regole aziendali per minimizzare i rischi e prevenire eventuali scandali. A fornire un voto alla performance in termini di sostenibilità di un’azienda sono società specializzate, che integrano i criteri Esg all’interno dell’analisi di bilancio.