Il Mar Mediterraneo è troppo salato ed è soggetto a eccessivi sbalzi termici: ecco perché la Littorina saxatilis, una lumachina di mare che ha fama d’essere la prima specie aliena di sempre identificata nel Mare Nostrum, non sia riuscita a invaderlo, malgrado manifesti grandi capacità di dispersione e adattamento, al punto da essersi diffusa – nella sua storia evolutiva in Europa – dalle coste meridionali del Portogallo al nord della Russia.

Ci sono voluti 230 anni per comprendere il motivo della mancata “invasione” che differenzia la lumachina da altre specie, che invece hanno prosperato a queste latitudini, con impatti non di rado devastanti.

(foto: Kerstin Johannesson)
(foto: Kerstin Johannesson) 

Da qualche decennio la storia singolare della lumachina incuriosiva i ricercatori: qual è l’ostacolo alla sua espansione nel bacino in assoluto più colonizzato da specie aliene? La risposta è arrivata così attraverso uno studio pubblicato sulla prima rivista al mondo per ricerche su specie aliene e invasive, “Biological Invasions” (The rise and fall of an alien: why the successful colonizer Littorina saxatilis failed to invade the Mediterranean Sea), supervisionato da Luciano Bosso e Francesca Raffini, ricercatori presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e al quale hanno contribuito l’Università Federico II di Napoli, l’Università di Ferrara, l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Sheffield e l’Università di Göteborg.

Uno studio importante, realizzato tramite l’utilizzo di avanzate analisi GIS e di modellistica, che pone l’accento su un aspetto non particolarmente approfondito: il fallimenti di un’invasione da parte di una specie aliena. “Comprendere cosa possa limitare la diffusione di una specie nella colonizzazione di un nuovo ambiente – spiegano i ricercatori – può essere la base per capire quali aree proteggere in futuro”.

Nel caso della lumachina, i riflettori degli studiosi – tra le firme anche quelle di Sonia Smeraldo, Danilo Russo, Maria Luisa Chiusano, Giorgio Bertorelle, Kerstin Johannesson, Roger K. Butlin e Roberto Danovaro – si sono concentrati sulla laguna di Venezia, dove la specie è arrivata nel Settecento, probabilmente attraverso le navi inglesi coinvolte in affari economici con la città italiana. “Qui la Littorina ha trovato proprio una piccola oasi in cui potersi rifugiare, trovando condizioni migliori rispetto all’ambiente ostico del resto del Mediterraneo”, spiegano Bosso e Raffini.

Proprio così: Venezia è climaticamente più simile alle coste Atlantiche, habitat privilegiato della lumachina. “E comunque – proseguono i ricercatori –  le popolazioni hanno subito un declino a causa dell’arrivo di nuovi predatori come il granchio Carcinus maenas, l’aumento dell’inquinamento e modifiche dell’habitat locale come, ad esempio, l’espansione delle bocche di porto a Venezia, che ha portato ad una modificazione delle caratteristiche fisiche e chimiche della laguna, tra cui per esempio, l’aumento di salinità”.

E allora a dire “no” all’invasione della lumachina sono e saranno lo scarso apporto idrico dalle piogge e l’arrivo sempre più frequente di altre specie aliene, in una sorta di “mors tua vita mea” che è alla base di molti ecosistemi.  “Ecco perché nonostante la sua altissima capacità di colonizzare nuove aree, la Littorina saxatilis ha trovato nelle condizioni climatiche del Mediterraneo un ostacolo troppo grande da superare” proseguono i ricercatori.

(foto: Luca Mizzan)
(foto: Luca Mizzan) 

E nello speciale capitolo delle invasioni mancate da parte delle specie aliene la lumachina non è sola: delle oltre mille che popolano il Mediterraneo, il 10% è diventato invasivo. “Il restante 90% non ce l’ha fatta, o per lo meno non ce l’ha ancora fatta – spiega Bosso – Ma negli ultimi undici anni vi è stato un incremento del 40% sulla capacità delle specie aliene di stabilirsi nel mar Mediterraneo”.

Il caso

Perché il nostro mare si riempie di meduse

di Pasquale Raicaldo

Chi non ce l’ha fatta, ha pagato dazio soprattutto per le alte temperature e alla salinità eccessiva rispetto ai rispettivi areali nativi. “Qualche esempio? Le alghe Hypnea flagelliformis, Acrochaetium robustum, Rhodymenia erythraea e Undaria pinnatifida, i pesci Coryogalops ocheticus e Lactophrys triqueter, i crostacei Rhabdosoma whitei, Sternodromia spinirostris e Scottolana longipes, i policheti Perinereis nuntia e Timarete anchylochaeta, e, infine, i poriferi Haliclona rowi e Amphimedon chloros“.

Ma ci sono anche due “cugine” della Littorina saxatilis altrettanto sfortunate nel loro processo di invasione, naufragato. Si tratta della Littorina littorea e Littorina obtusata, che furono rinvenute per la prima volta nella parte Mediterranea della Spagna nel 2015: da allora, non sono stati più ritrovati esemplari vivi di queste due specie nel Mediterraneo.

“Eppure nonostante siano molte le specie che non siano riuscite ad invadere il Mediterraneo, in letteratura ci sono pochi studi sulle invasioni fallite. – sottolinea Bosso – Perché? Perché forse fanno meno notizia e per una questione di ridotti fondi per la ricerca si cerca di concentrare tutti gli sforzi sempre sulle specie divenute invasive.

Un errore: capire cosa ha impedito a una specie di affermarsi è altrettanto importante, aiuta a capire quali possono essere i fattori e i processi limitanti che possono entrare in gioco quando un organismo cerca di stabilirsi o invadere una nuova area. In più, queste informazioni possono essere utili per prevedere quali specie potrebbero passare in futuro, in virtù dei cambiamenti climatici e ambientali in atto, da aliene a invasive nel momento in cui uno specifico fattore ambientale non dovesse più essere limitante”.