L’ultima donazione l’ha fatta appena un paio di settimane prima delle elezioni americane: 60 milioni di dollari alla National Fish and Wildlife Foundation con lo scopo di ripristinare e conservare le praterie delle Grandi Pianure statunitensi. Fiumi di denaro per salvaguardare fiumi e territori naturali, una generosità che ha fatto scattare per il fondatore di Amazon Jeff Bezos e alla sua Bezos Earth Fund l’ennesimo applauso, con tanto di grazie da parte dei conservazionisti. Eppure, anche la figura del miliardario americano, così come quella di Elon Musk, primo sostenitore di Donald Trump, climaticamente parlando non è priva di incongruenze.
Anzi, si potrebbe dire che è un paradosso: da una parte, come altre miliardari, Bezos per generare i suoi profitti è un forte emettitore di gas serra, sia per il consumo di energia sia per le spedizioni legate ad esempio ad Amazon e, contemporaneamente, lo è anche per il suo stile di vita. Una recente ricerca dell’Oxfam, che ha valutato l’impatto ambientale di 50 ultra ricchi (compresi Bezos e Musk), stima per esempio come in 90 minuti questi miliardari emettano più CO2 – tra aerei privati, yacht e investimenti nel fossile – di una persona media in tutto l’arco di una vita.
Di recente però, a stridere con la sua figura di filantropico combattente contro la crisi del clima, c’è anche stato un tweet con cui Bezos, subito dopo la rielezione di Trump, si è congratulato con il neo presidente con parole dolci per colui che è considerato – da scienziati ed esperti di clima – non solo un negazionista che ha tacciato il riscaldamento globale come una “bufala”, ma anche un politico che intende andare in direzione totalmente contraria alla necessaria decarbonizzazione a suon di “trivellare, baby, trivellare” come ha detto più volte The Donald.
Big congratulations to our 45th and now 47th President on an extraordinary political comeback and decisive victory. No nation has bigger opportunities. Wishing @realDonaldTrump all success in leading and uniting the America we all love.
— Jeff Bezos (@JeffBezos) November 6, 2024
Anche i media americani si interrogano su come Bezos possa essere un imprenditore contemporaneamente impegnato – con tanto di donazioni milionarie (finora sono già oltre 2 i miliardi di dollari elargiti) della sua Bezos Earth Fund – sia nella battaglia climatica, sia ad appoggiare il neo presidente degli States che di cambiamento climatico non vuol sentir parlare? Negli Stati Uniti la fondazione di Bezos è diventata una delle voci più influenti su clima e biodiversità ma non è stata esente da critiche proprio per questi possibili conflitti di interesse e per il ruolo, anche di inquinatore sia a livello di emissioni sia come impatto della plastica, del suo fondatore. Bezos però – e vale la pena ricordarlo in vista della Cop29, la Conferenza delle parti sul clima che sta per iniziare in Azerbaijian – da anni continua a sventolare la bandiera di magnate coinvolto in prima linea nella lotta al riscaldamento globale. C’era sempre lui, per esempio, dietro al Climate Pledge, un piano per puntare a zero emissioni nette nel 2040. E sempre lui, quando ha lanciato la sua fondazione, ha parlato del “più grande impegno filantropico di sempre per combattere il cambiamento climatico e proteggere la natura” e del fatto che “la Terra è l’unica cosa che abbiamo tutti in comune: proteggiamola, insieme”. Anche se ora si sta concentrando su altro rispetto ad Amazon, per esempio il suo Washington Post (che ha poi ritirato un possibile endorsement per Kamala Harris), e anche se Amazon stessa è impegnata a rendicontare le sue emissioni che sta tentando di tagliarle, alcuni media americani hanno dunque espresso perplessità per il tweet di Bezos in cui di fatto “bacia l’anello di Trump il vincitore” e si interrogano su un altro importante fatto.
La transizione energetica ed ecologica, ora come ora, negli States è trainata dalle aziende: molte di quelle della Silicon Valley (e non solo) stanno guidando questo cambiamento e – mentre Trump promette di smantellare protezioni e impegni ambientali – sono quelle che potrebbero assicurarne la continuità. Per questo, scrive per esempio The Verge, “è imbarazzante il rapido appoggio di Bezos a Trump” dopo che lo stesso imprenditore si è impegnato ad essere uno dei più grandi filantropi per il clima a livello mondiale. Nella lista di coloro che giocano questo doppio ruolo, ricorda sempre The Verge, ci sono anche altri big – da Tim Cook di Apple a Mark Zuckerberg di Meta – che hanno fatto le loro congratulazioni al neo eletto presidente. Motivo per cui viene facile chiedersi: dietro questa strategia, non c’è forse un modo – più che per proteggere il clima – di proteggere soprattutto i propri interessi finanziari?