“Fino a un secolo fa esistevano nel mondo circa 100mila esemplari di tigri, oggi se ne contano solamente 3.500. Un numero che fa davvero impressione e che continua a ridursi, nonostante le politiche di salvaguardia”. Brando Quilici, regista di documentari per il National Geographic e del film “Il mio amico Nanuk”, girato nell’Artico nel 2014, torna al cinema con una nuova storia dove si intrecciano ancora avventura e ambiente, e ci racconta i mille rischi che la Natura subisce per colpa dell’uomo, tra cui la scomparsa dei grandi felini. “Il ragazzo e la tigre” presentato alla Festa del Cinema di Roma è da questo weekend nelle sale sembra quasi un sequel di Nanuk e del suo orso polare.
Ma Quilici dai ghiacciai ora ci porta in Nepal, l’habitat naturale delle tigri, ed è qui che seguiamo le vicende di un ragazzino dodicenne, Balmani (Sunny Pawar), che dopo essere sopravvissuto a un terremoto scappa da un orfanatrofio sulle sue tracce la direttrice dell’istituto, Hannah (interpretata da Claudia Gerini) e diventa amico di una tigre, con cui affronta bracconieri e una lunga serie di ostacoli e situazioni altamente rischiose. Dalla giungla subtropicale di Chitwan, Balmani fugge a Katmandu per arrivare fino alle cime dell’Himalaya e ai suoi montasteri. Nel film, girato tra Nepal e Buthan, dove le tigri si spingono fino a 4mila metri, si intrecciano leggende e personaggi realmente vissuti.
Il rischio estinzione delle tigri
“L’idea di raccontare una storia con al centro una tigre mi è venuta dopo aver letto un’intervista a Leonardo DiCaprio appassionato al progetto del Wwf Save the Tiger e di cui aveva parlato anche alle Nazioni Unite – racconta Qulici – Mi è parso così crudele il destino riservato a questi animali fieri, ma vittime di violenze, diventati il simbolo di quanto sia inestimabile e fragile l’ambiente che ci circonda e che va salvaguardato. Basti pensare al traffico illegale di animali esotici: una tigre uccisa vale 50 mila dollari e da queste parti del mondo significa un’enorme ricchezza. E poi fondamentale è stato l’incontro con Reinhold Messner che, mentre girava un documentario sull’Himalaya, mi ha raccontato la leggenda del Tiger’s Nest, il monastero dove Padmasambhava sarebbe arrivato accompagnato da una tigre. Mi sono detto che bisognava realizzare un film per i giovani, raccontare loro quanto sia importante la conservazione di certe specie.
“l ragazzo e la tigre” – Il trailer
“Un mondo senza tigri non è possibile e l’unica via è la convivenza tra uomini e grandi felini, nel rispetto”, racconta Brando Quilici che dal padre Folco, il grande regista di documentari sulla Natura ha ereditato non solo il senso dell’avventura e della scoperta, ma anche un rigore scientifico durante le riprese e sul set.
“Saranno i bambini a salvare il Pianeta”
Così, per “Il bambino e la tigre“, la troupe ha allestito il set in alta quota per seguire il ciclo della natura e della vita delle tigri. “Per questo motivo, ci sono voluti tre anni per finire di girare il film, sopralluoghi compresi. Molte scene sono state girate a dorso di elefante per non disturbare gli animali. Non solo. Abbiamo aspettato che la tigre da cucciola diventasse più grande e che i cambi di stagione fossero veri”, racconta Quilici che si è sentito soddisfatto del film quando alla Festa del Cinema di Roma ha visto i 300 bambini nella sala entusiasmarsi per le avventure di Balmani e la sua tigre, di fare il tifo contro i bracconieri, di emozionarsi davanti alle scene girate sulle vette del mondo. “Saranno i bambini a salvare il Pianeta non certo la nostra generazione“, è l’idea del regista.
E se gli si chiede quanto sia stato rischioso girare con tigri vere e se ci sono stati momenti di tensione, Brando Quilici racconta: “Quando il bambino scappa con la tigre ancora cucciola, avevamo immaginato la scena con i due che si dirigevano uno accanto all’altro nella stessa direzione, ma non è stato possibile. Appena tentavamo di girare in questa sequenza la tigre si innervosiva, ma grazie ai consulenti abbiamo capito: si tranquillizzava solo quando vedeva il volto di Sunny. L’attore, che è stato straordinario, gli ha dato da mangiare, gli è stato vicino. Così l’ha presa in braccio e la scena è stata girata con i due che scappano guardandosi negli occhi, senza problemi: la tigre voleva solo vedere la faccia del bambino. Quando abbiamo finito, Sunny non riusciva a credere di aver corso abbracciato alla tigre. Insieme. Perché davvero, e questo è un altro messaggio del film, nessuno si salva da solo. Nemmeno un grande felino predatore come la tigre”.