Non si fa in tempo a scrivere che il 3 luglio è stato il giorno più caldo della Terra che il record è stato già superato. Ora quello più bollente, come temperature medie globali, è conteso fra il 4 luglio e il 5 luglio: in entrambi, secondo Climate Reanalyzer del Climate Change Institute dell’Università del Maine, si è arrivati a una temperatura media di 17,18°C. Lunedì scorso invece, primo giorno di record, la media era 17,01°C, superando così il precedente picco dell’agosto 2016 (16,92°C).

Il punto è, come ricordano gli scienziati, che per la combinazione delle crescenti emissioni e la crisi del clima con gli effetti di El Niño è molto probabile che giorno dopo giorno questi record vengano battuti.

Come racconta il fisico del clima del Cnr, Antonello Pasini, “basarsi solo su un giorno rischia talvolta di essere riduttivo, ma con il fatto che sta crescendo El Niño dovremo aspettarci nuovi record nel futuro più prossimo. Il trend in aumento della temperatura media globale è dovuto ovviamente alle azioni antropiche come le emissioni di gas serra, ma su questo ora si sovra impongono cicli di variabilità naturale come appunto El Niño. Nel 2024, a livello globale, assisteremo ancora a diversi nuovi record. Finora avevamo La Niña, una sorta di “tachipirina” per la febbre della Terra: adesso che non c’è più dobbiamo prepararci e adattarci a un clima sempre più estremo”.

I dati mostrati da Climate Reanalyzer (che si possono consultare qui) si basano su fonti Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) e sono “basati su dati da rianalisi, sono seri e refertati ma essendo rianalisi non sono perfettamente aderenti all’osservato: forniscono un’idea attendibile  ma non sono un dato reale al 100%. In ogni caso mostrano il fortissimo caldo in atto, inevitabile nell’attuale configurazione tra la presenza di El Niño e mari sempre più caldi per il surriscaldamento” aggiunge il climatologo del Cnr/Lamma, Giulio Betti.

I record sono stabiliti su medie globali: se prendessimo per esempio il 5 luglio, giorno ad oggi indicato insieme a quello precedente come il “più caldo di sempre”, dovremmo osservare la media fra paesi più freddi e altri estremamente bollenti. In particolare, ieri, in tre diverse stazioni meteo dell’Algeria si sono registrati 49°C, pochi decimali sotto il record storico. In Iran si sono toccati 50°C, in Turchia 45. A Manila nelle Filippine, è un inizio luglio da record: 37°C in questo periodo non si erano mai visti.

Se questo non basta ad avere una idea, oltre ad un Antartide con temperature elevate (intorno agli 8 gradi) e quantità di ghiaccio minime, basta osservare il Sudamerica dove adesso è pieno inverno per capire meglio: nell’Argentina centrale ci sono trenta gradi, stesse condizioni in Cile e poco meno in Perù, dove intorno a Lima la colonnina segnava +27.

 

Il problema, ricordano scienziati da tutto il mondo, è che il peggio deve ancora venire. Gli effetti di El Niño saranno sempre più intensi nei prossimi mesi e già nelle future settimane, soprattutto in alcune zone dell’emisfero nord, le temperature probabilmente saliranno ulteriormente.

 

Ci si aspetta ad esempio molto caldo in Spagna, con punte anche di 45°C, ma anche in Russia (oltre i quaranta) e soprattutto in Medio Oriente e nell’Asia centrale dove si potrebbe arrivare anche a 53°C.

 

Più che il “giorno più caldo della Terra” dovremmo dunque seriamente ragionare sul fatto che il 2023 si candida già ora – e sicuramente lo farà il 2024 – ad essere fra i più caldi di sempre. Tenendo conto che gli ultimi otto anni sono già considerati tra quelli più bollenti della storia, il trend dunque non fa che peggiorare. Contro gli effetti del fenomeno naturale di El Niño poco possiamo fare, ma molto è nelle nostre mani per invertire la rotta del surriscaldamento antropico, a partire da una necessaria “immediata decarbonizzazione” ricordano ancora una volta gli scienziati dell’Ipcc.