Salgono le temperature e si restringono i pesci. È successo in passato e potrebbe succedere ancora, anzi in parte sta già avvenendo. È quanto sostengono alcuni ricercatori sulle pagine della rivista Proceedings of the Royal Society B dopo aver analizzato piccoli sassolini vecchi centinaia di migliaia di anni e lanciando l’allarme su quello che potrebbe accadere in futuro. Questi sassolini sono degli otoliti, strutture che si trovano nell’orecchio interno (anche nell’uomo) e che aiutano i pesci a sentire i movimenti, l’equilibrio e anche i suoni. E che contengono informazioni preziose anche riguardo la stazza degli organismi cui sono appartenuti.
Gli otoliti, scrivono gli autori, sono strutture minerali di carbonato di calcio con morfologia diversa a seconda delle specie e per le quali esiste una discreta corrispondenza anche con la taglia del pesce cui appartengono. Otoliti più grandi, pesce più grande, otoliti più piccoli, pesci più piccoli. Gli otoliti sono una vera e propria cartina tornasole dell’età dei pesci (quelli ossei): si accrescono con il passare del tempo, registrando le varie stagioni di accrescimento, più o meno veloce, in una serie di anelli di diversa trasparenza, funzionando un po’ come gli anelli degli alberi, spiegano dalNational Oceanic and Atmospheric Administration del dipartimento del Commercio Usa (NOAA).
I ricercatori hanno analizzato la grandezza di alcuni otoliti fossili per leggere la taglia di alcuni pesci di 700-800 mila anni fa, provenienti da alcuni sedimenti risalenti al Pleistocene e facilmente accessibili nell’isola greca di Rodi. L’idea degli scienziati era quella di capire la risposta di pesci mesopelagici – ovvero che vivono nelle profondità marine, tra i 200 metri e i mille metri circa – ai cambiamenti di temperatura. Il periodo considerato dagli scienziati comprendeva infatti anche un periodo interglaciale in cui le temperature superficiali dell’acqua aumentarono di circa 4°C. Capire come reagirono allora i pesci (in particolare i pesci lanterna, così chiamati per le loro abilità bioluminescenti) aiuterebbe a capire meglio come potrebbero reagire oggi e nel prossimo futuro con l’aumento delle temperature.
Il risultato? Il caldo ha ristretto la taglia media dei pesci più o meno del 35%, con effetti diversi nelle specie, ma spingendo nel complesso a favorire l’abbondanza di pesci piccoli, spiegano gli autori. Con effetti a cascata sugli ecosistemi di cui fanno parte e che dovrebbe essere un monito per quanto potrebbe accadere in futuro. “Questi pesci costituiscono più della metà della biomassa di pesci nel mare profondo, e circa cento volte più del pescato globale annuale – ha commentato Marta Coll dell’Institut de Ciències del Mar (ICM-CSIC) di Barcellona, tra gli autori del paper – Conoscere la risposta di questi organismi al riscaldamento degli oceani è fondamentale, poiché contribuiscono alla stabilità dell’ecosistema, riducono l’anidride carbonica atmosferica e sono un’importante risorsa alimentare per altri organismi nella rete marina”.