Gli effetti secondari dei sali antigelo che si spargono sulle strade per evitare incidenti stradali quando nevica, sono noti ormai da decenni. Al disgelo, le sostanze che contengono si riversano inevitabilmente nei corsi d’acqua e nelle falde freatiche e il risultato è un inquinamento ambientale che preoccupa gli esperti. Danneggiano infatti la vegetazione, l’ecosistema acquatico, la qualità del suolo e l’acqua potabile. Il sale è stato usato per la prima volta nel 1938 nel New Hapshire. Da allora se ne sono impiegate dosi massicce, fino a un kg per metro quadrato e l’uso è in costante aumento. Negli Stati Uniti, dove il valore è stato calcolato, è triplicato negli ultimi 45 anni.
Una ricerca dell’Università di Toledo (Ohio, Usa) ha ulteriormente approfondito le conseguenze concludendo che è necessario fermarsi e adottare soluzioni alternative. Gli studiosi hanno analizzato gli ecosistemi acquatici scoprendo che i limiti delle concentrazioni saline stabilite dall’Epa per proteggere la vita sono stati ampiamente superati.
Secondo uno studio precedente effettuato per il territorio americano, il 66% dei fiumi ha subito un aumento del pH dovuto alla presenza di sale. Gli scienziati dell’Università di Toledo hanno trovato particolarmente preoccupante il numero di fiumi salinizzati, una quota fino a 30 volte più alta dei limiti. L’alta concentrazione porta alla riduzione della capacità di nuotare di alcuni pesci e il calo nella deposizione delle uova, squilibra il rapporto maschio-femmina nelle rane, uccide lo zooplancton che è la base della catena alimentare acquatica.
Ci sono altri problemi. Il sale modifica la struttura del terreno e può arrivare a 10 metri di distanza dal manto stradale. Gli ioni sodio e cloro vengono assorbiti dalla vegetazione e disturbano la crescita. I sintomi dell’assorbimento sono simili a quelli della siccità, ovvero foglie brune, che cadono prematuramente, rami seccati, e morte. I prodotti comunemente in commercio contendono cloruro di sodio, cloruro di calcio, cloruro di magnesio e vengono utilizzati in forma solida o liquida.
Il cloruro permette un maggiore rilascio del piombo da parte delle tubature. Contamina e rende più disponibili anche altri elementi chimici tossici come radon e mercurio. Anche asfalto e veicoli subiscono danni, in particolare corrosioni e spaccature.
I ricercatori hanno proposto soluzioni per usare nel modo migliore i prodotti antighiaccio.
- La prima è quella di costruire punti di stoccaggio del sale provvisti di base di cemento e coperti, per evitare rilasci.
- La seconda è di usare una salamoia, meno concentrata, come misura preventiva.
- Le strade poi potrebbero essere modellate con delle corrugazioni, che evitano lo scivolamento e portano a un risparmio di sale.
- Infine vanno effettuate analisi dopo le nevicate per determinare se il trattamento è stato appropriato, o se si poteva metterne di meno.
Sono già state studiate però delle alternative. Per esempio il residuo della lavorazione della barbabietola è già in uso e si sta dimostrando un ottimo sostituto. Viene realizzato con scarti di produzione, non richiede ulteriore trattamento, dunque è molto ecologico e costa poco. Inoltre agisce a temperature molto più basse del sale, ovvero fino a 28 gradi sotto zero.
Funziona più come preventivo, perché non fonde il ghiaccio ma impedisce solo che si formi, dunque va dato prima che arrivi la nevicata. Ma è molto efficace. In alcune città è stato dato mescolato al sale ed è comunque servito a ridurne la quantità. Un’altra possibilità è il succo di pomodoro e gli scarti d’orzo provenienti dalle distillerie di vodka.
Xianming Shi, docente della Washington State University, è da tempo impegnato a trovare nuove soluzioni. Una sua ricerca ha valutato numerose possibilità, comprese le foglie di peonia e tarassaco. Ha sperimentato con successo anche l’estratto di uva che farebbe sciogliere il ghiaccio. Fare a meno del sale dunque sembra possibile, oltre che necessario.