Il Tevere balneabile come la Senna olimpica? La suggestione periodicamente ritorna. E il fatto che i cugini transalpini abbiano bonificato il fiume che attraversa Parigi (con un investimento da 1,4 miliardi di euro in vista dei Giochi 2024) ha fatto tornare d’attualità il tema. D’altra parte già nell’autunno scorso, quando i riflettori iniziavano ad accendersi sulla Senna, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (“E’ un obiettivo che ci possiamo dare”) e la sua assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi (“Restituire la balneabilità al Tevere sarebbe il punto naturale di arrivo del lavoro che stiamo facendo”), avevano lasciato intendere che ci si stava pensando anche da noi. Mesi dopo e analisi biochimiche alla mano si capiscono due cose: che il percorso non è ancora iniziato, e che, se mai verrà imboccato, sarà lungo e costoso.
Dagli assessorati all’Ambiente e all’Urbanistica della capitale (i due che hanno competenza sul Tevere) smentiscono infatti che al momento ci sia alcun progetto dell’Amministrazione comunale per rendere balneabile il fiume di Roma: la balneabilità, dicono, non è di nostra competenza ma della Regione. E in effetti è la Regione Lazio che all’inizio della bella stagione stila l’elenco delle coste balneabili: ma non ci sono rive di fiumi, solo mare e laghi. L’esclusione dei corsi d’acqua ha una conseguenza sulle analisi che l’Arpa (Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente) conduce sulle acque stesse: non dovendone verificare la balneabilità (perché la Regione lo esclude a priori dai tratti balneabili) il Tevere è automaticamente esentato dai controlli ufficiali che riguardano la concentrazione di batteri pericolosi per la salute umana. “Almeno in tempi recenti non ne sono stati mai fatti”, ci confermano dall’Arpa.
Esistono però i controlli “ufficiosi”. Se dai dati a disposizione dell’Arpa Lazio si estrapola per il Tevere il solo parametro Escherichia coli, che è il più tipico indicatore di contaminazione fecale, si osserva che, nelle varie stazioni di monitoraggio lungo il fiume e nelle varie annualità, la sua concentrazione oscilla e che, soprattutto nel tratto conclusivo del fiume, tende a essere talvolta superiore al limite che la legge impone per la balneabilità nelle acque interne: 1000 batteri ogni 100 millilitri. Conclusioni analoghe a quello dello studio commissionato nel 2022 a un gruppo di biologi dall’associazione A Sud: “I valori di ammonio ed Escherichia coli sono molto elevati”, si legge nel rapporto. “In particolare, nel 79,8% dei campioni la concentrazione di Escherichia coli è sopra il limite per l’idoneità alla balneazione dei corsi d’acqua dolce”.
Sotto accusa gli scarichi fognari che sfuggono ai depuratori. L’Acea rivendica le ottime performance di trattamento delle acque reflue della capitale, poi reimmesse nel Tevere: “Nell’“area storica” gestita da Acea Ato 2, che include Roma e Fiumicino, i principali impianti di depurazione hanno trattato, nel 2023, circa 515 milioni di metri cubi di acque reflue, un dato leggermente superiore all’anno precedente (510 Mm3). Considerando i 171 depuratori, che includono gli impianti minori e quelli dei comuni acquisiti nell’ATO 2, si arriva ad un volume totale di 604 milioni di metri cubi di acque reflue trattate (589 Mm3 nel 2022)”. Per quanto riguarda la qualità delle acque che escono dai depuratori e finiscono nel fiume, il report di Acea evidenzia come i valori cruciali siano ben al di sotto del limite di concentrazione ammesso. La domanda biochimica di ossigeno (BOD5) è per esempio di 4 milligrammi per litro, contro un limite di 25. Ma un fiume incontaminato dovrebbe avere valori di BOD5 minori di 1 mg/l. Mentre un fiume moderatamente inquinato ha valori di BOD5 compresi fra i 2 e gli 8 mg/l. E questo è solo quanto esce dai depuratori. Poi ci sono appunto gli scarichi illegali.
La carica batterica è la più pericolosa per la salute umana (ed è dunque dirimente per la balneabilità). Ma non è l’unica insidia per la salute del fiume. Ci sono altri inquinanti biologici e chimici che vanno monitorati per legge, indipendentemente che ci si voglia tuffare nel Tevere o no. Analisi, queste sì, che l’Arpa conduce periodicamente. Gli ultimi dati risalgono al 2021-2022, e pur segnalando progressi evidenziano una condizione non ideale per il fiume di Roma. In questo caso, l’indiziato principale è l’affluente principale, l’Aniene, che, attraversando la periferia est di Roma, è stato per decenni, ed è purtroppo ancora, il collettore di scarichi industriali, spesso non regolamentati. “Se anche ci fossero livelli nella norma di Escherichia coli, io non farei comunque il bagno in un fiume che so essere inquinato chimicamente”, confessa un ricercatore di Arpa.
Dunque se si volesse mettere davvero mano alla balneabilità del Tevere occorrerebbe monitorare tutti gli scarichi a monte della capitale e dei suoi affluenti (una quarantina) per individuare quelli illegali. Dotare di depuratori tutte quelle realtà che non lo sono. Ed esercitare un maggior controllo anche sulle attività agricole dell’Agro romano, che tra deiezioni animali mal gestite e fertilizzanti posso comunque compromettere la qualità dell’acqua. Una operazione complessa, per la quale potrebbe non bastare il miliardo e mezzo speso da Parigi. Anche perché da noi i periodi sempre più lunghi di siccità stanno impoverendo in estate il flusso del Tevere, basta vederlo in questi giorni: e meno acqua vuol dire meno diluizione degli inquinanti presenti.
Per tutti questi motivi c’è chi immagina una alternativa al tuffo nel fiume: creare con parte dell’acqua del Tevere (depurata ad hoc) delle “piscine naturali” lungo l’alveo del fiume, la cui acqua verrebbe poi reimmessa nel corso principale. E’ un pò quello che sta succedendo al Laghetto dell’Eur, sul versante Ovest della capitale: la scorsa primavera Eur Spa ha chiesto proprio ad Acea di prelevare e analizzare campioni dello specchio d’acqua cittadino progettato dall’architetto Piacentini e alimentato non dal Tevere, con relativi depuratori della rete fognaria, ma dai pozzi della Cecchignola. Il piano è di renderlo balneabile in 5 anni e con un investimento di 7,9 milioni di euro. Per il Tevere ci vorrà decisamente di più.