La verità su Cochliomyia hominivorax. Il nome scientifico, nato a seguito di una serie di epidemie nell’800, non fa sconti: la mosca assassina del Nuovo Mondo ha larve voraci e carnivore, responsabili delle ‘miasi’, infestazioni dei tessuti che colpiscono i capi da bestiame e non risparmiano l’uomo. In Costa Rica è, dall’inizio del 2024, una vera e propria emergenza nazionale, la prima dagli anni ’90: qui la popolazione di mosche ha registrato un brusco incremento. E un caso di contagio a Catazaja, piccola città stato del Chiapas, Messico, ha innalzato il livello di allerta anche negli Stati Uniti, che hanno sospeso le importazioni di bestiame dal paese confinante.
Già, perché le infezioni più rilevanti colpiscono bovini e ovini: le uova vengono deposte all’interno di una ferita, individuare i capi infetti e isolarli per tempo – priva ovvero dello sviluppo di una potenziale epidemia – è difficile. Per questo, è dalla fine degli anni ’50 del secolo scorso che la comunità scientifica si adopera nel tentativo di eradicare la specie, o ridimensionarne la popolazione. Dal 1994 lo fa, in particolare, la Copeg, acronimo di Comisión Panamá – Estados Unidos para la Erradicación y Prevención del Gusano Barrenador del Ganado: nata a seguito di un accordo tra il ministero dello Sviluppo Agricolo di Panama e il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, riconosciuta come missione internazionale, mira proprio “a sradicare e prevenire la sua reinfestazione nella Repubblica di Panama, senza causare danni all’ambiente”.
La barriera di prevenzione con maschi sterili
La guerra all’insetto killer si traduce nella creazione di quella che viene definita una barriera biologica permanente di prevenzione: da un lato si monitorano con costanza gli animali allevati sull’istmo che collega l’America centrale a quella meridionale, sfruttando la geografia da collo di bottiglia che rende più limitato l’areale di intervento; dall’altro, si interviene con la tecnica del cosiddetto maschio sterile. Una volta a settimana, aerei ultraleggeri disperdono sulla giungla di Panama un carico di milioni di maschi di Cochliomyia hominivorax, allevati e sterilizzati tramite radiazioni in laboratorio. Non riconoscendoli, le femmine proveranno a riprodursi senza tuttavia lasciare progenie. Ma i 22.197 casi registrati in Panama allo scorso novembre, insieme agli 8.674 del Costa Rica e ai 5.978 del Nicaragua, hanno instillato il sospetto – nell’opinione pubblica – che non tutto stia funzionando per il meglio.
I dubbi sull’efficacia
Possibile che le femmine della specie abbiano sviluppato una sorta di resistenza comportamentale, imparando a riconoscere i maschi sterili, evitandoli? Andrea Crisanti è tra i principali microbiologi italiani: già ordinario di microbiologia all’Università di Padova, osserva con attenzione il caso di Cochliomyia hominivorax.“Non c’è motivo di mettere in discussione l’efficacia della tecnica del maschio sterile. – spiega – L’accento va piuttosto sul traffico illegale di bovini, che sfugge ai controlli sanitari rendendo più complicata la lotta alla specie, e nelle macellerie abusive: così l’insetto può superare la barriera biologica studiata a protezione dell’America centrale, una sorta di ‘tenda’ che, nelle intenzioni, lascia fuori Cochliomyia hominivorax. Ci sarebbe anche da discutere su una strategia di geopolitica sanitaria che mira a proteggere gli Stati Uniti, tra i principali finanziatori del progetto, intervenendo dove è geograficamente più agevole farlo ma senza puntare all’eradicazione dell’insetto nell’America latina, dove il problema è ormai endemico”.
Le cause della diffusione
La continua e imprevedibile esplosione di focolai ricorrenti, peraltro, non sorprende peraltro più di tanto la comunità scientifica, come testimonia uno degli ultimi articoli, non ancora sottoposto a peer review. C’entra il cambiamento climatico? “Per nulla, infestazioni del genere colpivano anche il Texas quarant’anni fa. L’indiziato principale è l’allevamento intensivo e spesso sregolato”.
E l’Europa? “Ritengo poco probabile, al momento, una migrazione nel nostro continente della specie”. Per la sua biologia e distribuzione, sarebbe dunque davvero difficile ipotizzare che la mosca assassina del Nuovo Mondo possa diventare una minaccia globale, anche nell’attuale scenario di riscaldamento climatico. Sul tema della sospetta inefficacia del maschio sterile, Crisanti è tranchant: “Studi approfonditi stabiliscono con chiarezza i dosaggi che rendono irriconoscibili i maschi sterilizzati in laboratorio”.
Alla tecnica del maschio sterile si è affidato il team di ricerca guidato da Marco Salvemini, che coordina il laboratorio di Genetica e Controllo degli Insetti Vettori del Dipartimento di Biologia dell’università di Napoli, per il progetto “StopTigre”, che mira a eradicare la zanzara tigre asiatica sull’isola di Procida e lo sta facendo, con risultati interessanti, negli ultimi anni.
“L’efficacia della tecnica è comprovata, così come è evidente che – nel caso di una possibile recrudescenza dei casi di infezione da Cochliomyia hominivorax – la scienza non abbia sempre soluzioni definitive ma chieda perfezionamento e approfondimenti, soprattutto quando non tutte le variabili sono controllabili. – spiega Salvemini – Se fosse saltata la barriera protettiva perché le femmine riescono a distinguere i maschi selvatici da quelli fertili, bisognerebbe aspettarsi un gradiente temporale e spaziale di comparsa dei casi da sud a nord, e dai dati disponibili, non sembra essere così. Molto più probabile che la responsabilità dei contagi extra confine sia legata al trasporto illegale di animali infetti, venduti o macellati in nuove aree”.