Un enorme iceberg che misura 1.550 mq/kmq si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio dell’Antartide, vicino a una stazione di ricerca. I glaciologi del British Antarctic Survey (BAS) spiegano che la formazione del nuovo iceberg, grande quanto l’area metropolitana di Londra, è un fenomeno naturale – noto come “calving” – e non legato direttamente al cambiamento climatico.
L’iceberg si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio ”Brunt”, spessa 150 metri, un decennio dopo che gli scienziati hanno individuato per la prima volta enormi crepe nella piattaforma. Una separazione simile, che ha coinvolto un iceberg di 1.270 mq/km, si è verificata circa un anno fa. “L’evento era previsto e fa parte del comportamento naturale della piattaforma Brunt”, afferma Dominic Hodgson, del British Antarctic Survey.
Il distacco dell’enorme blocco di ghiacci è avvenuto domenica scorsa tra le ore 19 e le 20, durante una marea importante che ha contribuito a incrementare la faglia già presente sulla piattaforma, battezzata Chasm-1. Due anni fa si era formato un iceberg di dimensioni simili nella stessa area, detta Barriera di Brunt, sulla quale si trova la base di ricerca Halley VI. Nella stazione gli scienziati studiano, da novembre a marzo, lo stato delle spaccature che si sono formate negli ultimi dieci anni. Mentre nei mesi invernali, con il buio perenne e le temperature che toccano i -50°C, il monitoraggio avviene da remoto.
Ciò non toglie che il continente è colpito pesantemente dagli effetti del riscaldamento globale, concordano gli esperti. Lo si è visto con le temperature record registrate lo scorso anno, come accaduto in tutto il mondo. Stando alle rilevazioni di Copernicus, nel 2022 l’estensione dei ghiacci antartici ha raggiunto infatti il livello minimo mai registrato negli ultimi 44 anni di osservazioni satellitari.
Nel 2021 la fusione di un iceberg 4.000 km a nord, dopo il distacco dalla banchisa nel 2017, ha prodotto oltre 150 miliardi di tonnellate di acqua dolce che ha destato non poca preoccupazione nel mondo scientifico per l’impatto del fenomeno su un ecosistema fragile.