Facendo lo slalom tra gli iceberg, la rompighiaccio Laura Bassi, salpata il 6 gennaio dalla Nuova Zelanda, ci ha condotti nel punto più a sud dell’Antartide raggiungibile via mare. L’assenza di banchisa ha permesso alla nave dell’OGS di Trieste di accostarsi più di ogni altra alla piattaforma glaciale di Ross, all’interno della Baia delle Balene, un’area ben nota. “Se l’area era sgombra non è causa del cambiamento climatico, ma di una normale variabilità di anno in anno del ghiaccio marino e della piattaforma di ghiaccio che ha periodi di avanzamento e arretramento”, spiega Pasquale Castagno. ricercatore all’Università di Messina, responsabile a bordo del progetto MORSea dell’Università Parthenope di Napoli e coordinatore scientifico della spedizione. Lo intervistiamo mentre navighiamo con la Laura Bassi per la 38a campagna oceanografica del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA), gestito da ENEA e CNR.
IL REPORTAGE A bordo della Laura Bassi
“Per capire le dinamiche climatiche in Antartide non basta un evento sensazionale, occorre studiare costantemente i diversi fattori che determinano cambiamenti in un senso o nell’altro, per questo noi ricercatori veniamo ogni anno nel mare di Ross per raccogliere dati dalle sue gelide acque”, continua Castagno.
Trovarsi in sala comando, faccia a faccia con la più lunga muraglia di ghiaccio del globo (700 km) è un’esperienza unica. Tuttavia, mentre la notizia di cronaca si consuma in un batter d’occhio, i cambiamenti esaminati dagli scienziati a bordo durano centinaia se non migliaia di anni.
“La variazione del ghiaccio marino, più che per pianificare record navali, serve per regolare il sistema climatico globale“, spiega Castagno, “quando l’acqua di superficie si congela rilascia sale che rende dense e pesanti le masse d’acqua sottostanti che sprofondano e fluiscono verso nord, in senso opposto a quelle calde dell’Equatore, innescando la cosiddetta circolazione oceanica globale che redistribuisce il calore sulla Terra, influenzando le condizioni ambientali anche a casa nostra”.
Si tratta di un sistema complesso. “L’addensamento di ghiaccio nel Mare di Ross durante l’estate australe può ridurre la formazione di ulteriore ghiaccio durante l’inverno seguente e quindi la salinità e densità del mare”. Ciò rallenta il movimento delle masse d’acqua verso l’emisfero settentrionale del pianeta. Quindi trovare aree non congelate come quella dove ci siamo trovati noi durante il primato della Laura Bassi potrebbe in alcuni casi confortarci anziché allarmarci.
A confermare il pensiero di Castagno è Tommaso Tesi, paleoclimatologo dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, anche lui in viaggio sulla Laura Bassi col progetto Greta: “Il ghiaccio marino ha effetti paradossalmente contrapposti: da una parte col suo colore bianco riflette la luce e quindi l’energia solare, impedendo il riscaldamento del mare, ma dall’altra, proteggendo lo stesso mare dai venti freddi, diminuisce il congelamento delle acque e la formazione delle acque dense che contribuiscono alla circolazione oceanica globale“.
Gli esploratori del passato si precipitavano in Antartide per conquistare la frontiera meridionale del mondo e poi tornarsene a casa con il loro trofeo senza pensarci più. Oggi i ricercatori vengono qui non una sola volta, bensì regolarmente, per cercare di capire come il continente ghiacciato non sia solo un’affascinante landa remota, ma sia soprattutto un anello fondamentale del clima terrestre che ha permesso alla vita di svilupparsi.