Proprio mentre in Trentino, dopo l’ultima aggressione dell’altro giorno, ci si interroga su come far proseguire la convivenza “pacifica” tra orsi e esseri umani, nelle regioni artiche del Canada si punta sulla tecnologia per affrontare un problema analogo: alla fine dell’estate artica, infatti, gli orsi polari si dirigono verso l’interno del Paese in attesa che si formi il ghiaccio sul mare, col rischio di incontri occasionali con le migliaia di turisti che arrivano in quelle aree proprio per osservare i predatori del Grande Nord.

La soluzione che si sta sperimentando consiste in nuovi dispositivi di localizzazione che si attaccano alla pelliccia degli orsi polari e che, monitorando da vicino la posizione degli animali, potrebbero essere la chiave per proteggere sia le persone che gli animali. I ricercatori della York University di Toronto ritengono si tratti di una soluzione molto promettente: “Questi dispositivi potrebbero essere applicati agli orsi per monitorarne la posizione”, spiegano. “Se si dirigessero verso comunità umane si darebbe l’allerta con l’intervento del personale addetto alla conservazione”.


Rispetto ai tradizionali radicolari, questi rilevatori di posizione sono meno ingombranti e invadenti per gli animali, si attaccano alla pelliccia con delle clip e cadono naturalmente dopo un certo periodo. L’installazione richiede comunque la sedazione e il rilascio controllato dell’orso. E sono proprio queste operazioni che rendono problematica l’adozione di tale tecnologia in Trentino per fronteggiare l’emergenza riaccesa con il ferimento del turista 43enne nei pressi di Dro. “Certo, potrebbe essere di grande aiuto, perché come i radiocollari permette di seguire gli orsi e di intervenire se si avvicinano tropo a zone antropizzate”, conferma Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. “Anche in Trentino abbiamo sempre suggerito di marcare il numero più alto possibile di orsi”, continua il biologo, “Questo tipo di interventi facilita la prevenzione e anche la dissuasione: per esempio si possono sparare pallottole di gomma quando gli animali si avvicinano all’uomo. In questo modo si ‘condizionano’ gli orsi e li si scoraggia dal tentare nuovi approcci”.

Tuttavia la localizzazione non è una bacchetta magica. “Non bisogna creare troppe aspettative”, ammette Genovesi. “Perché se è vero che migliora la gestione dei grandi mammiferi selvatici, non permette di seguire in modo continuativo gli animali, a volte trasmette la localizzazione con ritardi anche di molte ore e non può quindi essere utilizzato per prevenire tutti gli incontri con gli esseri umani. E poi si tratta di un monitoraggio costoso e che richiede molto personale. Per questo finora le autorità hanno preferito utilizzarlo solo per gli animali più confidenti”.