La qualità dell’aria in Europa continua a migliorare, ma l’inquinamento atmosferico è il principale rischio ambientale per la salute, è all’origine di perdita di biodiversità e di ecosistemi e, a cascata, favorisce il diffondersi di epidemie e causa malattie croniche e morti premature. E l’Italia si posiziona tra i Paesi con l’inquinamento peggiore insieme ai Paesi dell’Europa Centro-Orientale. Sono questi i dati più rilevanti che emergono dal rapporto appena pubblicato dall’Agenzie europea per l’ambiente (Aea) “Qualità dell’aria in Europa 2022“. L’analisi Aea fornisce un quadro dello stato della qualità dell’aria in Europa, valuta l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute e sugli ecosistemi e identifica le principali cause di inquinamento.
Il rapporto indica che nel 2020, il 96% della popolazione urbana dell’Ue è stato esposto a concentrazioni di particolato fine (PM2,5) superiori al livello guida dell’Oms di 5 microgrammi per metro cubo (µg/m3) di aria. L’inquinamento atmosferico danneggia anche la biodiversità e danneggia le colture agricole e le foreste, causando gravi perdite economiche. L’Europa Centro-Orientale e l’Italia hanno registrato le più alte concentrazioni di particolato e di benzopirene (un agente cancerogeno), dovute principalmente a combustibili solidi per il riscaldamento domestico e al loro utilizzo nell’industria. Il rapporto fa un focus proprio sul nostro Paese, rilevando che “la Pianura Padana, nel nord Italia, è un’area densamente popolata e industrializzata con specifiche condizioni meteorologiche e geografiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici nell’atmosfera“.
La scarsa qualità dell’aria, soprattutto nelle aree urbane, continua a incidere sulla salute dei cittadini europei. Secondo le ultime stime dell’Aea, nel 2020 almeno 238.000 persone sono morte prematuramente nell’Ue a causa dell’esposizione all’inquinamento da PM2,5 superiore al livello guida dell’OMS di 5 µg/m3. L’inquinamento da biossido di azoto ha provocato 49.000 morti e l’esposizione all’ozono 24.000 morti premature. Oltre ai decessi prematuri, l’inquinamento atmosferico comporta costi significativi per il settore sanitario. Ad esempio, nel 2019, l’esposizione al PM2,5 ha portato a 175.702 anni vissuti con disabilità a causa della broncopneumopatia cronica ostruttiva in 30 Paesi europei.
Dal 2005 al 2020, il numero di decessi precoci dovuti all’esposizione al PM2,5 è diminuito del 45% nell’Ue, sottolinea l’Aea e se questa tendenza continuerà, l’Unione Europea dovrebbe raggiungere l’obiettivo del piano d’azione “inquinamento zero” di una riduzione del 55% dei decessi prematuri entro il 2030. Tuttavia, saranno necessari ulteriori sforzi per raggiungere la visione dell’inquinamento zero per il 2050, che prevede la riduzione dell’inquinamento atmosferico a livelli non più considerati dannosi per la salute.
L’inquinamento atmosferico danneggia anche gli ecosistemi terrestri e acquatici. Nel 2020, sono stati rilevati livelli dannosi di deposizione di azoto nel 75% dell’area totale dell’ecosistema dell’Ue. Ciò rappresenta una riduzione del 12% dal 2005, mentre l’obiettivo del piano d’azione Ue per l’inquinamento zero è di raggiungere una riduzione del 25% entro il 2030. Secondo l’analisi dell’Aea, nel 2020 il 59% delle aree boschive e il 6% dei terreni agricoli erano esposti a livelli dannosi di ozono a livello del suolo in Europa. Le perdite economiche dovute all’impatto dell’ozono troposferico sulla resa del grano sono state pari a circa 1,4 miliardi di euro in 35 Paesi europei nel 2019, con le perdite maggiori registrate in Francia, Germania, Polonia e Turchia.
L’analisi dell’Aea mostra che la principale fonte di inquinamento da particolato in Europa viene di fatto dalla combustione per il riscaldamento nel settore residenziale, commerciale e istituzionale. Nel 2020, il settore è stato responsabile del 44% delle emissioni di PM10 e del 58% di PM2,5. Altre fonti significative di questi inquinanti sono l’industria, il trasporto su strada e l’agricoltura.
Anche l’agricoltura è stata responsabile della maggior parte (94%) delle emissioni di ammoniaca e di oltre la metà (56%) delle emissioni di metano. Per gli ossidi di azoto, le fonti principali sono state il trasporto su strada (37%), l’agricoltura (19%) e l’industria (15%). Nel complesso, le emissioni di tutti i principali inquinanti atmosferici nell’Ue hanno continuato a diminuire nel 2020. Questa tendenza è proseguita dal 2005 nonostante il notevole aumento del prodotto interno lordo dell’Ue nello stesso periodo, osserva l’analisi dell’Aea.
Il rapporto dell’Aea è fondamentale per la realizzazione del Green Deal europeo, che mira a migliorare la qualità dell’aria per allineare gli standard alle linee guida aggiornate dell’Oms. Il piano d’azione dell’Ue per l’inquinamento zero fissa al 2050 il termine per ridurre l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo a livelli non più considerati dannosi per la salute e gli ecosistemi naturali. Nell’ottobre 2022, la Commissione europea ha proposto una revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria ambiente, che prevede soglie più severe per l’inquinamento, il rafforzamento del diritto all’aria pulita – comprese eventuali disposizioni che consentano ai cittadini di chiedere un risarcimento per i danni alla salute dovuti all’inquinamento atmosferico – il rafforzamento delle norme per il monitoraggio della qualità dell’aria e una migliore informazione del pubblico.