Le Lez (low emission zone, in inglese) sono zone a basse emissioni, presenti in più di 300 città europee. Si tratta di aree urbane nelle quali solo i veicoli meno inquinanti sono ammessi e che permettono una migliore regolazione del traffico e una riduzione degli inquinanti dell’aria.
Si stima inoltre che tra il 2030 e il 2035 quasi 30 città europee tra Paesi Bassi, Regno Unito, Francia e Paesi scandinavi trasformeranno le loro zone a basse emissioni in zone a zero emissioni, di fatto impedendo alle auto inquinanti di accedere alla propria area urbana. A snocciolare numeri e analisi è il rapporto “The development trends of low- and zero-emission zones in Europe”, dalla campagna Clean Cities, una coalizione di oltre 70 Ong, associazioni ambientaliste e movimenti di base che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030.
La differenza rispetto alle Ztl
La principale differenza con una zona a traffico limitato è che una Ztl restringe l’accesso a tutte le categorie di veicoli, salvo eccezioni (di norma residenti e operatori commerciali). Una zona a basse emissioni, invece, restringe l’accesso prevalentemente sulla base del tipo di veicolo e della sua classe di inquinamento con riferimento alla normativa europea.
In Italia si registra un numero elevato di misure di restrizione del traffico inquinante. Ma queste sono implementate nei soli mesi invernali e durante specifiche fasce orarie. Sono ancora poche le vere zone a basse emissioni sul modello di Area C e Area B a Milano. La maggior parte delle Lez italiane non è infatti sottoposta a controlli sistematici (ad esempio tramite varchi elettronici).
Verso il target zero
“Le zone a basse emissioni funzionano. È però essenziale che i sindaci comunichino efficacemente e per tempo. E che siano presenti misure di supporto alla transizione. Come, ad esempio, un accesso gratuito ai servizi di trasporto pubblico e di sharing mobility a fronte della rottamazione dei veicoli inquinanti”, spiega Claudio Magliulo, responsabile italiano della campagna Clean Cities. Anche per questo la campagna ha pubblicato un decalogo delle zone a basse emissioni con consigli che vanno dalla definizione degli obiettivi e delle tempistiche alla comunicazione, fino alla raccolta dei dati.
Uno dei requisiti chiave per il successo della misura, inoltre, è che la città pianifichi di trasformare la Lez in una zona a zero emissioni, possibilmente entro il 2030. Ora come ora nessuna città italiana ha piani di questo tipo. Eppure, ben nove comuni sono stati recentemente selezionati dalla Commissione europea per la missione 100 Climate-Neutral and Smart Cities, impegnandosi a raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. Si tratta di Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.
L’impatto positivo sull’ambiente
Le emissioni di gas a effetto serra sono calate nelle città che hanno implementato una Lez: a Londra le emissioni di CO2 del settore dei trasporti si sono ridotte del 13% nei primi sei mesi di attività della Ultra Low-Emission Zone (Ulez), mentre a Milano sono diminuite del 22% dopo l’introduzione di Area C.
“È evidente che se le città italiane fanno sul serio, non potranno raggiungere la neutralità climatica senza eliminare dalle proprie aree urbane i veicoli inquinanti nell’arco di questo decennio”, è la riflessione di Magliulo. “Si tratta di una sfida complessa, ma tecnologicamente alla nostra portata. Servono lungimiranza, coraggio politico e attenzione al creare una transizione giusta che non lasci indietro nessuno”.