E se “bastasse” eliminare l’industria della carne animale per salvare il Pianeta dal riscaldamento globale? Se lo chiede uno studio recente firmato da due vegani convinti, Michael Einsen, professore di biologia molecolare all’Università della California, Berkeley, e Patrick Brown, docente emerito di biochimica alla Stanford University e fondatore di Impossibile Foods Inc. (l’hamburger vegetale che vuole copiare la carne). I ricercatori, attraverso un semplice modello climatico, hanno provato a calcolare l’impatto combinato dell’eliminazione delle emissioni legate all’agricoltura animale e del ripristino della vegetazione autoctona sul 30% della superficie terrestre attualmente utilizzata per ospitare e nutrire il bestiame. Le due azioni congiunte, sostengono Einsen e Brown, avrebbero un impatto benefico sulla crisi climatica quantificabile in una riduzione globale delle emissioni di CO2 del 68%.

Proiezioni a parte, altri studi recenti vanno nella stessa direzione stimando che le prime 20 aziende zootecniche del mondo sono responsabili di più gas serra di quanto ne producano da soli stati come la Germania, la Francia o il Regno Unito. Oggi, quello alimentare è il settore che più utilizza risorse naturali e tra i maggiori responsabili della crisi climatica che stiamo affrontando. La maglia nera va alla filiera della carne, in particolare agli allevamenti intensivi, che sono responsabili da soli del 14,5% delle emissioni totali di gas serra, utilizzano circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi (Wwf).

Londra, la bistecca vegana in 3d arriva al ristorante. Lo chef Pierre White: “È geniale”

Ma rinunciare alla dieta “carnivora” è così difficile? L’aumento di opzioni vegetariane che può portarci via via a prediligere scelte più sostenibili sembra suggerire il contrario. La conferma arriva da un esperimento condotto dalla caffetteria dell’Università di Oxford, dove per due anni il menu è stato modificato e invece di offrire due pasti a base di carne e uno senza, ne sono stati proposti uno di carne e due senza. In questo modo la vendita dei piatti di carne è diminuita fino al 58%.

L’ipotesi è suffragata da un recente studio del Boston Consulting Group (Food for Tought. The Proteing Transformation), sul complesso mondo delle proteine alternative: il mercato dei prodotti plant-based passerà da 13 milioni a 97 milioni di tonnellate, sostituendo l’11% degli acquisti attuali e raggiungendo un fatturato globale di 290 miliardi di dollari nel 2035. La richiesta di consumatori e investitori verso prodotti più sani realizzati con minori emissioni di CO2 e minori implicazioni etiche potrebbe crescere fino a ricoprire una quota di mercato pari al 22%. Ma se il popolo di vegetariani (e vegani) aumenterà rispetto all’8,9% (massimo storico) registrato dall’ultimo report Eurispes dipenderà molto da qualità e varietà dell’offerta di alimenti alternativi alle proteine animali.


Anche per questo la carne in vitro o vegetale, è la scommessa hi-tech del nuovo millennio per salvare il Pianeta su cui ormai tantissime startup, investitori e player di settore stanno puntando.

In laboratorio

La carne sviluppata in laboratorio (cell-based), ancora in fase sperimentale, si ottiene adottando soluzioni nutritive attraverso le quali cellule di origine animali vengono trasformate in tessuto. La polpetta così “clonata” non è ancora arrivata sulle tavole italiane, ma su quelle di Singapore, dove si segnala un ristorante che propone per ora solo nuggets di pollo sintetico e nell’antesignana Tel Aviv, dove c’è il “The Chicken” il primo ristorante al mondo a servire la super meat. Ci sono inoltre realtà straordinarie, che da anni lavorano per trasformare la CO2 in proteine, attraverso un processo di fermentazione ispirato alla Nasa, come Solar Foods: il nome di questa proteina è Solein, ottenuta utilizzando solo acqua, anidride carbonica, energia elettrica e “batteri unicellulari presenti nel suolo, completamente naturali. Secondo la startup, l’intero processo genererebbe solo 0,4 chili di anidride carbonica per chilogrammo di prodotto, rispetto ai 45 chilogrammi della carne bovina.

Proteine vegetali

La carne vegetale invece è già qui. La polpetta vegana prodotta in Europa da The Vegetarian Butcher e negli Stati Uniti da Impossible Foods, la startup californiana di Redwood City, è già nel Whopper di Burger King da un paio di anni. L’impatto sull’ambiente? L’azienda americana dichiara che la realizzazione del suo prodotto di punta, l’Impossibile Burger richieda l’utilizzo del 96% di terra, l’87% di acqua dolce in meno e generi l’89% in meno di emissioni di gas serra rispetto al suo competitor di carne bovina.


Beyond Meat invece è stata la prima azienda di prodotti vegetali alternativi alla carne sbarcata in Borsa e che annovera Bill Gates e Leonardo DiCaprio tra i propri finanziatori della prima ora. La startup fondata nel 2009 in California dal vegano Ethan Brown è diventata famosa per aver lanciato il primo hamburger vegetariano che riprende il sapore della carne ma è composto interamente di verdure.

I vantaggi di Beyond Meat rispetto all’ambiente sono riassunti in uno studio commissionato dall’azienda al Center for Sustainable Systems dell’Università del Michigan: la produzione di un Beyond Burger rispetto all’attuale sistema di produzione di hamburger di manzo riduce del 90% le emissioni di gas serra, richiede il 46% in meno di energia non rinnovabile, ha un impatto del 99% in meno sulle risorse idriche e del 93% in meno sull’uso del suolo.

E in Italia, dove si può gustare? Nelle grandi città è più facile: non solo le catene di fast food, ma sempre più locali vendono le polpette vegetariane alimentando un mercato cresciuto durante la pandemia, che ha raggiunto i 458 milioni di euro. Il Beyond Burger è disponibile da Welldone, catena di hamburger nata a Bologna e tra le prime a distribuirlo in Europa. Alì&Alìper, Esselunga e alcuni Carrefour sono i marchi della grande distribuzione che hanno scelto di vendere  i prodotti Beyond Meat (hamburger, salsicce e altri), ma non tutti i supermercati risultano forniti. Anche nella catena di ristoranti italiani di Diego Abatantuono, The Meatball Family, la “carne non carne” di Beyond Meat si trova all’interno dell’ultimo nato, Miracle Burger.

 

Tra le ultime novità nel panorama della carne non carne è Future Farm, azienda foodtech brasiliana fondata nel 2019 che con i suoi prodotti plant-based ha introdotto una vera e propria rivoluzione nelle abitudini alimentari del Sud America. I suoi prodotti sono acquistabili su Italmark e PAM RetailPro. Tra gli italiani i prodotti plant-based di Via Emilia e Food Evolution.

 

Infine, c’è la bistecca vegetale di Novameat, stampata in 3D composta al 60% di acqua, 30% di fagioli gialli e poi olio di girasole e/o olio evo, aromi naturali, coloranti come la barbabietola e fibre di alghe. Entro quest’anno, promettono, sarà disponibile nei supermercati.