Colonie di corallo rosso fino a 900 metri di profondità, foreste fittissime di pennatulacei, le cosiddette penne di mare, e una sorprendente biodiversità bentonica, tra coralli neri e bianchi, spugne e banchi di ostriche e balani giganti. E ancora: l’incontro, sorprendentemente ravvicinato, con uno squalo vacca. Ma anche reti fantasma e rifiuti a duemila metri di profondità, l’altra faccia della medaglia: il mare non dimentica, mai.

Le montagne mai viste (e uno squalo a mille metri) in fondo al mare Mediterraneo

Le montagne mai viste (e uno squalo a mille metri) in fondo al mare Mediterraneo

Si è conclusa la prima parte di una campagna oceanografica senza precedenti tra le “montagne sommerse” del Mediterraneo: l’occhio è quello di un ROV Work Class, di ultima generazione, in grado così di mappare ecosistemi mai studiati prima. Il progetto di Ispra si chiama Pnrr Marine Ecosystem Restoration (MER) ed è dedicato alla mappatura su larga scala di 79 montagne sottomarine situate oltre le 12 miglia dalla costa italiana a una profondità compresa tra 150 e 2000 metri: rappresentano veri e propri hotspot di biodiversità, ancorché estremamente vulnerabili.

La prima tappa nel Canale di Sicilia, dove i fondali hanno una geologia complessa e ai dati per la conservazione della biodiversità si affiancano, così, elementi preziosi per la valutazione di potenziali rischi geologici.

“La possibilità di osservare direttamente questi ecosistemi con telecamere ad alta definizione cambia completamente la nostra prospettiva sulla vita nelle profondità marine. L’emozione di scoprire habitat, intatti, è paragonabile a quella dei primi esploratori: pensiamo di sapere cosa attenderci ma ogni immersione ci riserva, al contrario, sorprese inaspettate” spiegano i ricercatori Ispra, che hanno così guidato un vero e proprio “Nautilus”, in grado – proprio come il leggendario sommergibile di Jules Verne, di spingersi nelle profondità ignote dell’oceano.

Profondità dominate da monti sommersi che custodiscono risorse geominerarie, come depositi di minerali strategici, e sono potenziali fonti di energia geotermica, complice l’attività vulcanica sottomarina. Monti che vanno studiati e monitorati anche per prevenire eventuali eventi sismici e franosi.Intriganti gli scenari rivelati dal ROV, che ha indugiato sulle colonie di corallo e mostrato quanto variegata sia la vita laggiù e che ha incuriosito un predatore di profondità, lo squalo vacca, forse attratto dalle luci e dai suoni del veicolo.

Il recupero delle reti fantasma, vere trappole per la fauna marina

Il recupero delle reti fantasma, vere trappole per la fauna marina

Ma la campagna – che precede nuove spedizioni già programmate nel golfo di Napoli, con approfondimenti sugli ecosistemi marini profondi del mar Tirreno, e nel mar Ligure – ha rivelato anche gli effetti dell’attività umana, che è anche qui piuttosto evidente, benché si sia lontani dalle coste. A grandi profondità il ROV ha mostrato, con i suoi occhi tecnologici, reti fantasma e rifiuti.“Gli attrezzi da pesca abbandonati rappresentano l’86% dell’inquinamento marino osservato a queste profondità. – spiega a Green&Blue la ricercatrice Ispra Cecilia Silvestri – In particolare abbiamo prima individuato e poi rimosso due tonnellate di reti da posta, in cinque distinti interventi: materiale che continuava fatalmente a intrappolare animali e che è ora destinato al riciclo, in un’ottica di economica circolare. Il restante 24% di rifiuti depositati sui fondali era rappresentato in larga parte da pneumatici, bottiglie di vetro, naturalmente oggetti in plastica e, in qualche caso, da ingombranti”.

Evidenze che, spiega Ispra, potranno orientare le politiche di conservazione marina e promuovere la creazione di nuove aree marine protette, anche in area pelagica, in linea con la Strategia dell’Unione Europea per la Biodiversità 2030.