“Ci metterò un mese, ma emetterò molta meno CO2 che se andassi in aereo”. Il viaggio che si accinge ad affrontare Gianluca Grimalda, però non è uno di quelli dove è tutto sommato semplice optare per il treno piuttosto che per il volo di linea. La destinazione di Grimalda, ricercatore in psicologia sociale presso un istituto universitario tedesco e membro di Scientist Rebellion, gli scienziati che si battono per la giustizia climatica, è la Papua Nuova Guinea, a 25mila chilometri dal punto di partenza. Ma se attraversare l’Atlantico azzerando la propria impronta carbonica è relativamente semplice (lo fece Greta Thunberg nel 2019 a bordo di una barca a vela per essere a New York mentre all’Onu si parlava di clima), ben più complesso è pianificare un viaggio via terra e via mare che tocchi i 13 Paesi che separano la Germania dall’Oceania.
Grimalda, perché va in Papua Nuova Guinea?
“È la mia quarta ricerca sul campo che faccio a Papua: studio le società tribali locali per capire come si stanno adattando al cambiamento climatico e alla globalizzazione”.
Anche le tre volte precedenti aveva viaggiato a basse emissioni?
“Questo sarà il primo viaggio in cui sia nell’andata che nel ritorno cercherò di abbattere il più possibile la CO2 emessa. Le tre volte precedenti (2014, 2018 e 2019) ero andato in aereo e tornato via terra”.
Sempre perché preoccupato dall’emergenza climatica?
“Sì. È dal 2011 che cerco di viaggiare a bassa intensità carbonica: allora andai dalla Spagna a Pechino per partecipare a una conferenza, usando la Transiberiana. Avevo già sviluppato questa ‘ossessione’ o meglio questa coscienza climatica”.
Stavolta via terra anche all’andata. Dove si trova adesso?
“Sono a Milano, ma nelle prossime ore prenderò un treno per Bari”.
E poi, da Bari a Papua come ci arriva?
“In traghetto fino in Grecia. Poi in autobus verso la Turchia: mi terrò nella parte Nord del Paese, risparmiata dal terremoto. Quindi attraverserò, ancora in autobus l’Iran fino al confine col Pakistan. Da lì in treno, che emette meno dei bus, fino in India che attraverserò fino alla costa orientale. Sarei voluto passare per il Bangladesh e Myanmar, però quest’ultimo Paese non ammette l’ingresso via terra e quindi sarò costretto a prendere un aereo da Calcutta a Bangkok. Poi 2000 chilometri verso Sud, spero in treno, fino a Singapore, dove mi imbarcherò su un volo per Papua. Avrei voluto prendere un traghetto, ma devo arrivare a metà marzo e non farei in tempo. Viaggerò via mare al ritorno”.
Quali saranno i passaggi più critici?
“Nonostante le tensioni e le manifestazioni degli ultimi mesi, non mi preoccupa l’Iran, dove mi hanno accolto sempre bene. Problematico potrebbe essere invece l’attraversamento del Pakistan, Paese dove cercherò di tenere un basso profilo. Poi l’attraversamento del confine con l’India: non ho la certezza che mi lascino passare la frontiera pur avendo richiesto il visto speciale necessario”.
Tutto questo per il piacere di viaggiare lento, ma soprattutto per il clima: quanta CO2 risparmierà al pianeta?
“All’andata ridurrò le emissioni di CO2 di 2,4 tonnellate rispetto a quante ne avrei prodotte volando dalla Germania a Papua. Nel viaggio di ritorno emetterò 0,42 tonnellate di CO2 invece delle 4,7 tonnellate che emetterei in aereo, cioè il 9%. Per avere un termine di paragone, l’abitante medio del pianeta produce 2 tonnellate di CO2 ogni anno”.
Dunque un altro modo di viaggiare è possibile… non tutti però, anche se sensibili al clima, potrebbero volere affrontare i pericoli correlati a un viaggio del genere.
“Il concetto di pericolo è molto relativo. Mi sono sentito più in pericolo in certe periferie di Londra o di Memphis che in Iran. Poi capisco che io sia una sorta di pioniere, ma lo faccio anche per dimostrare che viaggiare in questi Paesi non è poi così rischioso. Certo, un viaggio del genere presenta una serie di complicazioni che non ci sarebbero andando in aereo, ma uno degli scopi è anche verificare di persona quanto sia fattibile”.
Quanto le costerà viaggiare “low carbon”?
“Più o meno quanto viaggiare in aereo, meno di 4mila euro tra andata e ritorno. Il costo sale un po’ per il prezzo dei visti necessari a entrare in Iran, Pakistan e India”.
Però dovrà mangiare e dormire per un mese…
“Spesso dormirò sui treni e sui pullman. E comunque il prezzo di vitto e alloggio in quei Paesi non inciderà molto sul costo complessivo del viaggio”.
Qual è il messaggio che vuole lanciare?
“Non certo suggerire di viaggiare sempre così, mi rendo conto che non è cosa da tutti. Però ciascuno di noi può dare il suo contributo contro la crisi climatica, riducendo le proprie emissioni. Chi non può stare in giro per due mesi, può forse consumare meno carne o utilizzare di più i mezzi di trasporto pubblico in città”.
Ha ricevuto molti messaggi di incoraggiamento prima della partenza?
“Migliaia. Ma c’è anche chi mi critica: ‘Se veramente vuoi risparmiare CO2, stattene a casa’. In un certo senso hanno ragione. Ma amo fare ricerca e questa in particolare, perché spero che possa aiutare le popolazioni di Papua e le altre che si trovano indifese contro la crisi climatica. Tuttavia dobbiamo prendere consapevolezza che viaggiare su lunghe distanze ha un costo altissimo per l’ambiente. E lo conferma il fatto che, nonostante tutti i miei sforzi e le migliaia di chilometri via terra e via mare, emetterò comunque tonnellate di CO2“.