Investire in attività mirate per la tutela del patrimonio boschivo e forestale italiano consente una riduzione del 50% dei danni legati agli incendi. Garantendo effetti più limitati sugli ecosistemi e, in generale, una minore gravità degli stessi incendi. Mentre entra nel vivo agosto, il mese più complicato dell’anno per i boschi italiani, arrivano da PEFC Italia (Programme for Endorsement of Forest Certification schemes), l’ente promotore della corretta e sostenibile gestione del patrimonio forestale, indicazioni chiare sull’importanza della cura del territorio. Con un’analisi che lascia in dote un dato inequivocabile: i boschi certificati per la gestione forestale sostenibile hanno una probabilità di essere interessati da incendi in misura fino a 9 volte inferiore rispetto a quelli non certificati.
Dall’esame, nell’ambito di uno studio coordinato da Davide Ascoli del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino, di 48.953 eventi di incendi in tutta Italia, per un totale di 999.482 ettari di area bruciata nel periodo di studio tra il 2007 e il 2017, è infatti emerso che la governance attiva del territorio – a partire dalle politiche previste dal Programma di Sviluppo Rurale, passando per le certificazioni forestali, fino ai programmi di conservazione della biodiversità come previsto ad esempio nel Programma Life – ha contribuito a costruire negli ultimi decenni in Italia paesaggi resistenti e resilienti agli incendi.
Da gennaio a luglio in fiamme 221 km quadrati
Indicazioni tanto più chiare alla luce degli ultimi aggiornamenti di European Forest Fire Information System (EFFIS), secondo cui in Italia da gennaio al 30 luglio sono stati rilevati 615 incendi, per una superficie totale di 221 km quadrati. Di più: le stime prodotte da ISPRA evidenziano che le aree boschive percorse da incendio, per i primi 8 mesi dell’anno, sono 40 chilometri quadrati di superficie forestale, vale a dire il 18 % del totale. I più interessati sono macchia mediterranea e boschi di leccio (46%), boschi di querce (33%) e aree boschive di conifere (16%). L’ultimo grande incendio ha interessato la Baia San Felice, a Vieste, nel territorio del Parco nazionale del Gargano.
Meno roghi dove c’è più presidio
E dunque, con la sensibilizzazione della popolazione ad adottare comportamenti consoni, diventa cruciale l’incremento delle foreste gestite in maniera sostenibile. Già, ma in cosa consiste la gestione sostenibile di una foresta? Secondo la definizione ufficiale adottata ad Helsinki nel 1993 dalla Conferenza Ministeriale per la Protezione delle Foreste in Europa, la Gestione Forestale Sostenibile (GFS) è “la gestione e l’uso delle foreste e dei terreni forestali nelle forme e ad un tasso di utilizzo che consentono di mantenerne la biodiversità, produttività, capacità di rinnovazione, vitalità e potenzialità di adempiere, ora e nel futuro, a rilevanti funzioni ecologiche, economiche e sociali a livello locale, nazionale e globale, senza comportare danni ad altri ecosistemi”.
“Da un punto di vista pratico – dice Antonio Brunori – segretario generale PEFC Italia – la gestione forestale è sostenibile quando l’attività forestale riesce a conciliare il rispetto ambientale, lo sviluppo economico e il benessere sociale, coinvolgendo persone e territorio: quindi quando riesce a rendere economicamente valida un’operazione di gestione forestale includendo sia l’aspetto sociale che quello ambientale”. Fondamentali, per esempio, l’attività programmata di diradamento per limitare la quantità di materiale incendiabile e la pulizia del sottobosco, con il controllo della quantità di legno morto a terra. Ancora: un maggiore presidio si traduce in una minore frequenza di incendi dolosi. Alle azioni dell’uomo sono del resto imputabili il 75% degli episodi.
Un “bollino” per le foreste virtuose
A premiare le pratiche virtuose è una sorta di “bollino”, la certificazione forestale PEFC: ad oggi in Italia gli ettari di foreste gestite in maniera sostenibile sono 1.012.017,96. Nel mondo le foreste certificate per la gestione sostenibile coprono 296 milioni di ettari, pari a poco meno del 10% della superficie forestale complessive. Ancora troppo poche, naturalmente. “Ma negli ultimi anni l’attenzione da parte di alcuni territori su alcune tematiche è aumentata”, spiega Brunori. Così il “Rapporto annuale sulla certificazione” di PEFC premia, sul podio delle regioni più virtuose per superficie forestale certificata più estesa, il Trentino Alto-Adige, primo con 578.963,8 ettari, il Friuli Venezia Giulia, con 96.035,94 ettari, e il Piemonte, con 82.157,10 ettari certificati. Dopo il Veneto (80.066,27 ettari certificati), importanti risultati sono emersi dai dati registrati in Toscana (35.809,88 ha) ed Emilia Romagna (6.888,60 ha) con il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano che ha ottenuto la certificazione per la gestione forestale sostenibile e responsabile, oltre che la verifica dei Servizi Ecosistemici biodiversità, servizi turistico-ricreazionali e carbonio forestale. “In generale notiamo però un crescente interesse intorno al tema, con diverse realtà che stanno lavorando bene anche nelle regioni del centro e del sud”, aggiunge Brunori.
Il riscaldamento globale amplifica il rischio
Si tratta, evidentemente, di pratiche virtuose con le quali rispondere ai rischi crescenti, legati anche al riscaldamento globale: clima caldo e secco amplificano, del resto, l’infiammabilità del suolo. “Il cambiamento climatico che sta interessando in maniera complessa e drammatica il Pianeta è purtroppo sempre più spesso causa o concausa di incendi difficilmente controllabili e disastrosi ed è dunque evidente come siano necessarie attività che aiutino a regolare e contenere le perdite di servizi ecosistemici e di copertura forestale”, annuisce Marco Bussone, presidente PEFC Italia.
“In Italia, la disattenzione per il patrimonio boschivo e pascolivo ci ha indebolito, lasciando moltissimi ettari di foresta abbandonati ad uno stato selvaggio e rischioso. È urgente intervenire: dei 100 milioni di euro di risorse stanziate dal Decreto incendi nel settembre 2021, il dipartimento della Coesione territoriale deve ancora ripartire circa 40 milioni. Queste risorse – conclude – sono più che necessarie, perché devono essere spese per la prevenzione con investimenti mirati in attività sui territori e dentro i boschi stessi”.
Sotto accusa anche l’abbandono delle aree forestali e alcune pratiche, in primis il taglio intensivo della foresta che può, per esempio favorire la ricolonizzazione degli spazi da parte di specie erbacee e arbustive più infiammabili. “Dovrebbero poi essere supportati progetti di riforestazione e recupero degli ecosistemi danneggiati dagli incendi per aumentarne la biodiversità e la capacità di resilienza. – continua Bussone – Anche il finanziamento di attività di sensibilizzazione e formazione rivolte ai singoli cittadini ma anche agli operatori forestali possono rappresentare un valido strumento. E infine: la ricerca e l’innovazione dovrebbero essere sostenute per lo sviluppo di nuove tecnologie e strumenti che oggi sono in grado di prevenire il controllo degli incendi. Azioni che però devono essere integrate e coordinate tra loro, ad ogni livello di gestione territoriale”.