I territori sono più secchi, le temperature più alte, le superfici boschive non gestite crescono e il cambio della circolazione e le ondate di calore legate alla crisi climatica sono più intense: con questo mix di condizioni gli incendi che stanno colpendo l’Europa diventano estremi, più frequenti e durano anche più a lungo.

Luglio 2022, mese colpito da ondate di calore eccezionali che hanno portato a rompere centinaia di record di temperatura tra cui gli oltre 40 gradi in Gran Bretagna, ha mostrato tutta la fragilità dell’Europa davanti all’emergenza incendi.

Secondo l’Effis – l’European Forest Fire Information System (EFFIS) che monitora la situazione dei roghi – sono almeno 19 i Paesi europei “in pericolo estremo” a causa degli incendi boschivi ai quali vanno aggiunti Spagna, Portogallo e Francia da considerare in una condizione di rischio “molto estremo”.

 

In Francia, gli incendi sviluppati nella zona della Gironda in cui sono bruciati boschi, case, campeggi e oltre 20mila ettari di territorio, i roghi hanno portato all’evacuazione di circa 38mila persone, dai residenti sino ai vacanzieri.

A nemmeno sette mesi da inizio anno si stima che il fuoco Oltralpe finora abbia bruciato il 25% in più di terreni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. In Europa le fiamme in questi giorni bollenti hanno avvolto inoltre almeno 40 case di Londra e del Regno Unito, le coste adriatiche della Croazia, i parchi della Slovenia e della Bulgaria, i terreni boschivi di Spagna (25mila ettari in fiamme e almeno 6mila evacuati) e Portogallo (6mila ettari bruciati e almeno tre vittime accertate), le abitazioni e le automobili intorno alle montagne che circondano Atene in Grecia.

 

WARNING: GRAPHIC CONTENT – Homes in Greater London gutted in wildfires, large fields ablaze in Spain – these are some of the scenes across Europe as a record-breaking heatwave sweeps through the continent pic.twitter.com/EBzL0cNyJL

— Reuters (@Reuters) July 20, 2022

In Italia, colpita da una siccità spaventosa tra le peggiori degli ultimi 70 anni, l’emergenza roghi purtroppo non è stata da meno: dopo i grandi incendi scoppiati a Roma, alcuni di origine dolosa, nelle ultime ore focolai e fiamme hanno interessato diverse regioni dal Friuli-Venezia Giulia alla Sardegna, dalla Puglia alla Toscana.

In Versilia il quadro più drammatico: oltre mille gli evacuati a causa del rogo scoppiato sulle colline di Massarosa e che ha interessato diverse frazioni in provincia di Lucca. Almeno 600 gli ettari di macchia mediterranea perduti con danni tali, stima Confagricoltura Toscana, che prima di tornare alla normalità “serviranno 50 anni e 10 milioni di euro”.

 

Centinaia i residenti allontanati anche nel Carso in un rogo divampato tra Monfalcone e Trieste fra aria irrespirabile, fabbriche chiuse per precauzione (come Fincantieri) e ordinanze sindacali che obbligano a utilizzare le mascherine a causa del fumo.


Anno dopo anno, è sempre peggio

Il problema è che anno dopo anno l’allarme incendi, nonostante le tecnologie satellitari che permettono di monitorarli e intervenire, peggiora. Il mix di condizioni legato alle alte temperature, la crescita di boschi non gestiti, l’incuranza e la disattenzione delle persone in territori secchi già dall’inverno, nel 2021 secondo l’Ispra in Italia ha portato a bruciare il triplo di ettari del 2020.

I roghi in cifre (Ispra)

Mentre mancano chiaramente ancora i dati del 2022, l’Ispra sottolinea che lo scorso anno in fiamme è finito soprattutto il Mezzogiorno, Sicilia in testa seguita dalla Calabria. In generale, il 40-50% dei territori colpiti da incendi è costituito da foreste.

Oltre alle temperature, secondo l’Istituto a contribuire alla condizione di coperture arboree più suscettibili ai roghi, ci sono poi anche effetti meno considerati della crisi climatica come la perdita di biodiversità: ad esempio il clima incide sugli insetti e  sulla malattie delle piante, rendendo alberi e territori più vulnerabili.

 

Condizioni che – secondo uno studio realizzato dall’Italian Institute for Planetary Health (IIPH) insieme all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – hanno portato nel 2021 l’Italia ad essere il Paese in area Ocse con il maggior numero di incendi registrati, oltre 1400 per un totale di  oltre 160mila ettari finiti in fumo. Numericamente, scrivono gli autori del report, si tratta del più alto numero registrato per decennio.

 

Prevenire è meglio che bruciare ??

Ogni 10 anni gli #incendi nei Pesi Euromediterranei aumentano del 20-30%. Con soli 3° in più, 15 milioni di cittadini europei in più sarebbero esposti a elevato pericolo d’incendio

??Leggi il nuovo #report @WWFitalia ??https://t.co/htqZvDtIfH

— wwfitalia (@WWFitalia) July 22, 2022

La quantità di ettari finiti in fiamme in Italia, aggiunge un rapporto appena pubblicato dal Wwf, è dunque ormai il 60% in più della media 1980-2018.

 

Secondo il report dell’associazione ambientalista inoltre dalle prime stime del 2022 la superficie percorsa dalle fiamme in Europa è stata già ben 5 volte maggiore rispetto alla media del periodo 2006-2021 e la “differenza con le passate annualità è che nel 2022 la stagione degli incendi è cominciata prima: ondate di calore anticipate e una straordinaria siccità invernale hanno reso la vegetazione più secca e quindi maggiormente infiammabile, creando una condizione perfetta per la combustione” scrivono dal Wwf.

 

Più in generale si stima che il numero degli incendi nei Paesi euromediterranei aumenti del 20-30% ogni dieci anni e in Europa oltre il 97% dei roghi è riconducibile alle attività umane: solo lo scorso anno nel Vecchio Continente sono bruciati quasi 600mila ettari, la peggiore stagione di roghi di sempre dopo quella del 2017.

#Incendio di Centocelle a #Roma del 9 luglio.#Ispra ha seguito la dispersione della nube di fumo generata dall’incendio che si è propagata verso sud.

I dati satellitari sono stati elaborati dalla nostra stazione di ricezione EUMETCast. pic.twitter.com/9twHCgSqyk

— ISPRA (@ISPRA_Press) July 21, 2022

Nel contesto della crisi climatica che avanza il Wwf prevede inoltre che “se la temperatura globale aumentasse di 3°C, ben 15 milioni di cittadini europei in più sarebbero esposti almeno 10 giorni l’anno ad alto rischio se non estremo pericolo d’incendi. Il numero di incendi estremi aumenterebbe così globalmente fino al 14% entro il 2030, del 30% entro la fine del 2050 e addirittura del 50% entro la fine del secolo“.

Prevenzione e lotta alla crisi climatica

Nel tentativo di combattere l’avanzata dei roghi secondo gli esperti è necessaria, oltre a investire in risorse, mezzi e vigili del fuoco, una gestione forestale più attenta, soprattutto in quelle aree dove lo spopolamento lascia territori incontrollati. Allo stesso tempo, con 9 incendi su 10 in Europa causati da attività umane, fondamentali sono le attenzioni relative ai barbecue, alle linee elettriche, ai mozziconi e a tutti quei piccoli dettagli che possono fare la differenza.

 

“Bisogna investire e potenziare tutte le azioni in grado di assicurare la prevenzione del rischio, rendendo il territorio meno infiammabile per limitare di conseguenza l’estensione dell’incendio e rendere così possibile l’eventuale lotta con i mezzi antincendio. È necessaria una gestione attiva del territorio, così come potenziare il coordinamento tra gli enti interessati” ricorda il Wwf.

 

Passaggi chiave della prevenzione sono poi il monitoraggio costante dei territori, l’aumento dei finanziamenti e le risorse destinate alla lotta attiva agli incendi e una migliore sinergia fra tutti gli enti e i settori locali e nazionali coinvolti nella pianificazione.  

 

Il tutto, chiaramente, va considerato come sforzo efficace solo se  parallelamente viene intensificata la lotta all’emergenza climatica. Infine, due nuove preoccupazioni in questa estate di fiamme richiedono nuove attenzioni: il fumo e le sostanze tossiche che impattano sempre di più sulla salute pubblica e la necessità di incrementare l’assistenza psicologica per chi, a causa dei roghi, perde la propria casa dall’oggi al domani.