Oltre mezzo milione di nuovi posti di lavoro, 361 miliardi di euro di benefici economici per l’Italia, 270 miliardi di tonnellate in meno di CO2 emessa nell’atmosfera, con la possibilità di ridurre l’importazione di gas di 160 miliardi di metri cubi, con un risparmio pari a 110 miliardi di euro. Il tutto scommettendo sulle fonti rinnovabili. Sono i numeri del Piano 2030 del settore elettrico presentato oggi da Elettricità Futura, l’associazione che riunisce le imprese che producono il 70% dell’elettricità in Italia. Lo studio è stato realizzato da Enel Foundation, in collaborazione con Althesys e appunto Elettricità Futura. Alla presentazione, affollatissima, anche due dei ministri più coinvolti nella transizione energetica: Pichetto Fratin, titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, e Urso delle Imprese e Made in Italy. Che per un’ora si sentono snocciolare i numeri di una opportunità a portata di mano, non solo per l’ambiente, ma l’industria e l’economia italiane.
Apre le danze Alessandro Marangoni, amministratore delegato di Althesys, che ricorda come già oggi il nostro Paese sia già il secondo produttore europeo (dopo la Germania) di tecnologie per le energie rinnovabili (fatta eccezione per l’eolico) e il sesto esportatore al mondo (un valore di 5 miliardi di euro negli ultimi 5 anni). Ma i margini di miglioramento sono amplissimi, fa notare Marangoni: lo sviluppo green della filiera elettrica da qui al 2030 potrebbe appunto portare a benefici economici per 361 miliardi di euro e 540mila nuovi posti di lavoro. Ma solo nell’ipotesi più ottimistica che il nuovo Piano nazionale energia e clima recepisca le indicazioni europee contenute nel RepowerEu e che nei prossimi otto anni si installino 85 gigawatt di rinnovabili. “E’ una straordinaria opportunità di crescita economica per l’Italia”, spiega l’ad di Althesys rivolgendosi ai ministri, “ma per coglierla occorre varare una strategia industriale nazionale per la filiera rinnovabile che oggi non esiste”.
Gli fa eco Agostino Re Rebaudengo presidente di Elettricità Futura: “Per l’energia siamo ancora troppo dipendenti dall’estero, visto che importiamo il 90% dei combustibili fossili con i quali produciamo il 65% dell’elettricità made in Italy. E dobbiamo anche tener conto che nel 2030 i consumi elettrici degli italiani cresceranno fino a 360 terawattora (oggi sono 315 TWh)”. La ricetta è nota: sveltire il processo autorizzativo per le rinnovabili rinforzando gli uffici regionali e comunali, ridurre i conflitti con le Soprintendenze, adottare un testo unico in materia che eviti interpretazioni controverse delle normative”. E poi, naturalmente, installare davvero quegli 85 gigawatt di rinnovabili da qui al 2030 che oggi sembrano ancora un miraggio. “Servirà un investimento in otto anni di 320 miliardi di euro”, ammette Re Rebaudengo, “ma in termini di percentuale del Pil è la metà di quanto stima Bloomberg per i Paesi sviluppati”.
L’amministratore delegato di Enel guarda già oltre. “La partita tra rinnovabili e fonti convenzionali di energia è già finita da tempo. E l’hanno vinta le prime grazie ai progressi fatti dalla scienza dei materiali e dalla digitalizzazione”, spiega a chi ancora crede nella necessità di investire in infrastrutture per il gas. “Ora dubbiamo concentrarci sulle reti elettriche, su come portare in modo efficiente l’elettricità prodotta con le rinnovabili a famiglie e imprese. Fortunatamente la rete italiana da questo punto di vista è tra le più avanzate al mondo. La tecnologia”, continua l’ad di Enel, fresco reduce dall’inaugurazione della Gigafactory di Catania per la produzione di pannelli fotovoltaici, “oggi permette all’Italia di essere più indipendente dal punto di vista energetico. E le nostre imprese hanno le competenze necessario: purtroppo però sono più apprezzate all’estero che in patria. E sarebbe un vero peccato dover andare a fare queste cose fuori dai confini perché qui non ci sono le condizioni”.
Gilberto Pichetto Fratin dimostra di aver recepito il messaggio. E al refrain dell’Italia “hub europeo del gas” tanto caro al presidente del Consiglio Meloni, affianca anche il concetto di “hub italiano delle rinnovabili”. “Con una differenza”, spiega il ministro. “Nel caso del gas saremo un hub di approvvigionamento, perché lo compreremo non dalla Russia ma comunque all’estero. L’elettricità rinnovabile la produrremo con il nostro sole e il nostro vento”. Come sempre resta da capire quante delle parole e delle promesse, rivolte oggi alla platea di imprenditori delle rinnovabili, diverranno fatti e atti di governo. In palio, secondo lo studio presentato oggi, ci sono benefici ambientali ed economici a cui sarebbe suicida rinunciare.