Trasformare un rifiuto, altamente pericoloso per l’ambiente, in una risorsa non solo ha un grande valore nella lotta all’inquinamento, ma per un paese come il nostro povero di materie prime, significa un notevole ritorno economico. Una strategia che l’Italia sta applicando ormai su larga scala, sulla rigenerazione degli oli usati per cui è ora prima in Europa: il tasso di circolarità per questo scarto è infatti intorno al 100%. La media europea è di appena il 61% di tutto l’olio raccolto.
Ma se oggi l’Italia è al primo posto il merito è da ricondurre al lavoro del Conou, il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli usati che dal 1984 coordina l’attività delle aziende di raccolta e le imprese di rigenerazione distribuite su tutto il territorio nazionale. Ma soprattutto garantisce grazie alla raccolta capillare che neanche un litro di olio di scarto pericoloso si disperda nell’ambiente. Sono numeri importanti quelli pubblicati nel Rapporto di sostenibilità 2023 dal CONOU, che ha illustrato lo stato della filiera dell’olio minerale usato in Italia e il relativo contributo alla salvaguardia dell’ambiente e alla lotta contro il cambiamento climatico.
Sono 183mila le tonnellate raccolte di olio minerale usato, quasi tutte avviate al recupero: circa il 98% grazie al lavoro dei 59 concessionari che, nella attività di raccolta e micro-raccolta (si contano 6.641 conferimenti con 678 automezzi) hanno ritirato l’olio presso 103mila produttori su tutto il territorio nazionale. Si tratta, in particolare, di siti industriali (12%) e officine (88%). Delle tonnellate raccolte, il 50% deriva dalla micro-raccolta, ovvero di quantitativi ridotti anche in località impervie e lontane. Quasi tutto è diventato una nuova materia prima. Solo 2.800 tonnellate sono andate nei termovalorizzatori, mentre una quantità minima (600 tonnellate) è stata ceduta a appositi inceneritori per la termodistruzione. Oltre il 58% del totale raccolto arriva dal Nord e vede in cima alla lista delle regioni produttrici la Lombardia (22%) seguita dal Veneto (12%); le regioni del Centro contribuiscono con una raccolta del 18% (solo dal Lazio arriva il 7% come per la Campania che ne raccoglie la stessa percentuale). Il Sud e le isole arrivano al 23%.
Emissioni evitate
Tradotto in termini di impatto ambientale significa che solo nel 2023 è stata evitata l’immissione in atmosfera di 127mila tonnellate di CO2. Stiamo parlando della stessa quantità di emissioni prodotte da migliaia di autotreni. Significa anche circa 7 milioni di GJ di combustibili fossili consumati in meno, un miglioramento della qualità del suolo e un minore sfruttamento (90%), 60 milioni di metri cubi di acqua risparmiata, un beneficio in termini di incidenza di malattie dovute all’emissione di particolato inferiore del 92%.
Risparmiati 105 milioni di euro
In 40 anni di attività il Conou ha raccolto oltre 7 milioni di tonnellate di olio lubrificante usato di cui la quasi totalità avviate alla rigenerazione per produrre tonnellate di olio base. E non ci guadagniamo soltanto nella riduzione dei gas serra. Grazie alla rigenerazione, c’è anche un impatto economico e occupazionale importante. Recuperare l’olio usato ha portato a un risparmio di circa 105 milioni di euro sulle importazioni di materie prime fossili mentre il valore generato dal Conou è stato pari a 81 milioni di euro, registrando un aumento del 12% rispetto al 2022 e dando lavoro a 1.266 persone impiegate a vario titolo nella filiera della raccolta (65 aziende consorziate in tutta Italia) e nelle due imprese che gestiscono i tre impianti di rigenerazione di Lombardia, Lazio e Campania.
Una galassia di aziende
“La strada della trasparenza secondo gli standard Ue richiede applicazione, continuità e competenza – ha dichiarato il presidente del Conou Riccardo Piunti – i Rapporti di Sostenibilità chiamano sempre più professionalità ampie e multiformi per gestire, a livello complessivo, gli input tecnici, economici, ambientali, organizzativi che le diverse funzioni aziendali mettono a disposizione. La realtà consortile, non è un’azienda ma una galassia di aziende, rende questo compito ancora più complesso. Per questo siamo sempre molto soddisfatti del nostro rapporto di sostenibilità, certificato da un revisore di livello, che fotografa la nostra eccellenza in modo completo e veritiero, il nostro biglietto da visita in Europa”. Un’esperienza virtuosa da replicare anche in altri ambiti dove il nostro Paese è più in ritardo.