In un anno, quasi l’80% di tutte le persone sulla Terra ha sperimentato almeno un mese di caldo estremo. Le ondate di calore dettate dalla crisi del clima continuano a sconvolgere le esistenze di miliardi di vite con impatti diretti su salute, agricoltura ed economie. Soltanto in queste ultime ore in diversi angoli del globo sono stati battuti centinaia di record. In India e Pakistan (51,5 gradi a Jacobabad) la colonnina di mercurio è salita intorno ai 50 gradi, in Malesia (a Penang) è stata registrata la notte più calda di sempre a maggio (29,1 gradi), nel Messico afflitto dalla siccità e in Florida le temperature sono arrivate fino a 47 gradi.  


Nell’Africa, dove Paesi come lo Zambia stanno pagando un enorme prezzo per la crisi idrica in corso, in alcuni stati  le centraline indicano da giorni oltre 48 gradi (in Niger). Non solo: in questo fine maggio anche la Scandinavia, dalla Svezia fino alla Finlandia, è attraversata da picchi di calore fuori scala, con punte sino a 27 gradi. In Estonia si è arrivati a 29. Tutte condizioni che si stanno verificando – soprattutto quelle relative all’emisfero Nord – ancor prima dell’arrivo dell’estate e che potrebbero contribuire a rendere il 2024, anche a causa della presenza di El Niño che è ora in esaurimento, l’anno più caldo della storia.

 

Nel 2023 – anno che attualmente risulta essere il più bollente di sempre – le ondate di calore legate alla crisi climatica secondo un nuovo studio hanno portato 6,8 miliardi di persone (78% della popolazione mondiale) a vivere almeno 31 giorni di caldo estremo.  La crisi climatica negli ultimi 12 mesi ha di fatto “aggiunto, in media, in tutti i luoghi del mondo,  26 giorni in più di caldo estremo rispetto a quanto ci sarebbero stati senza il riscaldamento creato dalle azioni dell’uomo” sottolineano gli autori di un report sviluppato dal Centro climatico della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, da World Weather Attribution e da Climate Central.

Longform

Cosa sono le isole di calore e come cambia la vita in città

di Dario D’Elia, Matteo Marini, Cristina Nadotti

Il rapporto è stato pubblicato pochi giorni prima del 2 giugno, l’Heat Action Day, la giornata internazionale scelta per focalizzare l’attenzione sugli impatti delle ondate di calore nel mondo e sulla necessità di maggiori sforzi di mitigazione.

 

Le temperature elevate in sempre più regioni del Pianeta, dal Bangladesh al Nepal, dal Sudamerica fino all’Europa, si stanno trasformando in un killer silenzioso. “È noto – scrivono gli autori dell’analisi – che il caldo estremo ha ucciso decine di migliaia di persone negli ultimi 12 mesi, ma il numero reale è probabilmente nell’ordine di centinaia di migliaia o addirittura milioni. A differenza dei disastri meteorologici improvvisi, le ondate di caldo uccidono più lentamente e in modo meno evidente e spesso esacerbano condizioni mediche preesistenti”. Inoltre ricordano che le ondate “colpiscono più duramente i più vulnerabili: i giovani, gli anziani, i poveri e coloro che sono costretti a lavorare all’aperto”.


In alcuni paesi, come il Bangladesh, la Croce Rossa e Mezzaluna Rossa hanno lanciato specifiche azioni di adattamento:  per esempio grazie al primo “Protocollo di azione rapida” rivolto a oltre 120mila persone vengono attivati messaggi di allarme per le ondate di calore, distribuiti  acqua potabile sicura e soluzioni saline orali e impiantate stazioni di raffreddamento per aiutare la popolazione. 

 

Per Aditya V. Bahadur, direttore del Centro climatico della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, il nuovo rapporto è importante perché “fornisce prove scientifiche schiaccianti del fatto che il caldo estremo è una manifestazione mortale della crisi climatica. Ciò provoca il caos sulla salute umana, sulle infrastrutture critiche, sull’economia, sull’agricoltura e sull’ambiente, erodendo così i progressi ottenuti nello sviluppo umano e diminuendo il benessere, soprattutto per le comunità povere ed emarginate nel Sud del mondo”.