La verità sulle energie rinnovabili in Campania. Cresce il numero degli impianti, ma i legacci della burocrazia continuano a influire sullo sviluppo. Rallentando la transizione energetica della regione, in barba – denuncia Legambiente – “agli obiettivi strategici di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici e alla volontà di cittadini, amministrazioni e imprese che, invece, con fatica e voglia di fare investono sulle tecnologie rinnovabili”.
Sono 37.983 impianti da fonti rinnovabili censiti nel 2020, un numero comprensivo dei micro-impianti privati ma che, comunque, vale alla Campania un posto tra le prime dieci regioni con la maggior potenza installata (3.204,8 MW con un valore medio di 54,7 kW ogni 100 abitanti). L’eolico è la tecnologia con la maggiore potenza: da solo, rappresenta il 54,4% del totale, il fotovoltaico il 27,4%, l’idroelettrico il 10,9% e le bioenergie il 7,4%.
Ed è proprio l’eolico, più delle altre energie rinnovabili, a certificare una crescita decisamente lenta: a fine 2020, dei 37.983 impianti da fonti rinnovabili in Campania, solo 618 (appena l’1,6%) riguardava l’energia eolica, con un incremento dello 0,32% rispetto all’anno precedente.
(dati openpolis/GSE 2020)
Un ritardo al quale si dovrebbe ovviare quanto prima – denuncia la la presidente di Legambiente Campania, Mariateresa Imparato – con “un quadro normativo composto da regole chiare, e semplici da applicare, e che dia tempi certi alle procedure ma anche linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate, pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050, sia al modo migliore di integrarle nei territori. Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore positivo, con rinnovabili ottimamente integrate: è quello che tutti auspichiamo perché ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche vengano smantellati”.
Il parco eolico di San Bartolomeo in Galdo
Nel frattempo si rischia di perdere tempo. Come sta accadendo nel Beneventano, a San Bartolomeo in Galdo, estremo nord della Campania, al confine con Puglia e Molise. Qui nel 2015 la Regione Campania ha autorizzato la costruzione di un parco eolico con 16 aerogeneratori per 32 MW complessivi. Nel 2020, con i progressi della tecnologia, la società beneficiaria dell’autorizzazione ha proposto di sostituirli con tre sole pale, di dimensione e potenza maggiore. Ipotesi, questa, che ha indisposto Regione Campania e Soprintendenza di Caserta e Benevento, con quest’ultima che ha ritenuto – “incredibilmente”, secondo Legambiente – “di non poter escludere che dal progetto di variante riduttiva (da 16 aerogeneratori a tre) possano derivare impatti ambientali negativi e significativi”. Così, denuncia ancora Legambiente, “la società, visti i ripetuti motivi ostativi espressi dalla Regione e i tempi lunghi trascorsi per le procedure, costruirà le 16 turbine previste inizialmente e autorizzate”.
“Un vero e proprio paradosso – sottolinea Mariateresa Imparato – perché non v’è dubbio che tre pale eoliche, per giunta assai più performanti, impattino meno di 16″.
Il piano sulla valutazione dell’impatto
La diffusione dell’eolico deve fare i conti con i se e i ma dei “controllori” e con la diffidenza di una parte del mondo ambientalista. “Quel che oggi non ci sta bene – spiega Camillo Campolongo, presidente del Wwf Sannio – è che si passi da torri di dimensioni compatibili con il paesaggio a impianti sempre più ingombranti, spesso in mano a imprenditori che speculano sul territorio. E la Regione Campania non ha predisposto né un piano né un censimento aggiornato, con progetti che finiscono quasi per sovrapporsi l’uno all’altro e le associazioni locali che provano a opporsi, anche perché gli studi sull’impatto ambientale sono spesso ridicoli quando non fasulli, alimentando una scarsa serietà di approccio che polarizza le posizioni”.
Le associazioni: “Ecosistema minacciato”
Chi non vede di buon occhio la diffusione dell’eolico lamenta anche la sottrazione di habitat potenziale, con l’indisponibilità di territorio, soprattutto in aree sensibili, per le specie animali che prima le frequentavano. “Alcune ricerche in Spagna – annota l’ornitologo Rosario Balestrieri, presidente dell’associazione Ardea, in prima fila in Campania per la tutela degli ecosistemi – hanno evidenziato come le albanelle evitino di cacciare nelle aree con impianti eolici. In più, va considerato l’inquinamento acustico, che – soprattutto in aree con più pale eoliche – rischia di influire sul corteggiamento degli uccelli. E se è vero che la porzione su cui insistono le pale è spesso circoscritta, non si può negare – conclude Balestrieri – che il cantiere di costruzione, con l’azione di spianamento propedeutica all’installazione, causi il più delle volte turbamenti importanti ai sistemi naturali”.
Il parco eolico di Foiano di Val Fortore
Non mancano tuttavia storie virtuose, come quella di Foiano di Val Fortore, un piccolo comune di poco più di 1300 abitanti in provincia di Benevento, sulla cui superficie sono installati 91 aerogeneratori con una potenza di 176 Mw. Per perseguire il suo progetto per le rinnovabili, il sindaco, Giuseppe Antonio Ruggiero, ha dovuto promuovere alcune battaglie legali contro enti sovraordinati, Provincia e Regione Campania in particolare, difendendo la legittimità degli impianti. Oggi taglia corto: “Nel mio piccolo Comune – dice con orgoglio – risparmiamo ogni anno 83 mila tonnellate di CO2 e in più generiamo occupazione, con circa 50 giovani del territorio impiegati nel settore nel mio Comune e duecento in tutta l’area. Sapete una cosa? Senza l’energia eolica e le royalty legate alla produzione di energia rinnovabile, sarei stato costretto a consegnare le chiavi del mio Comune al Prefetto. Chi si oppone a tutto questo sta fuori dal mondo”.
Ruggiero rispedisce al mittente le obiezioni degli ambientalisti. “Oggi c’è una priorità – spiega Ruggiero – ed è ridurre l’impiego di combustibile fossile, salvando il Pianeta e combattendo il riscaldamento climatico. Quindi, qualsiasi obiezione all’energia eolica, per di più in un territorio così vocato ad ospitare impianti del genere in virtù del forte vento, è inammissibile. Le criticità eventuali passano in secondo piano e credetemi: non ho mai visto un uccello morire tra le pale eoliche di un impianto”.
Grande e minieolico
Così Foiano di Val Fortore è tra i primi dieci Comuni campani, oggi, per potenza installata di grande eolico, insieme – tra gli altri – a Bisaccia e a Lacedonia, in provincia di Avellino. Sono, invece, 32 in Comuni in cui è presente almeno un impianto di minieolico, cioè con una potenza installata inferiore ai 200 kW. Quattro, in particolare, i Comuni che possono essere definiti al 100% rinnovabili, dove – cioè – l’energia prodotta soddisfa i fabbisogni energetici elettrici delle 2.942 persone che vivono in quei territori. Tra questi San Marco dei Cavoti, in provincia di Benevento, con i suoi 2.75 MW di potenza installata, seguito dal comune di Campagna, in provincia di Salerno, con 2.50 MW e dal Comune di Vallata in provincia di Avellino, con 1.45 MW di potenza complessiva.
“Ma sono tante le amministrazioni locali, comunità di cittadini e imprese pronte ormai ad andare nella direzione delle rinnovabili – conclude Mariateresa Imparato – in linea con gli obiettivi strategici di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici. Ed è ora di rendere loro la vita più facile”.
Una crescita lenta
Se il 2020 ha registrato un incremento del 6,37% del numero degli impianti, con una produzione di energia elettrica da rinnovabili pari al 49,4% del totale, resta l’amaro in bocca per le occasioni perse, sulle quali affonda i colpi il report di Legambiente dall’eloquente titolo “Scacco matto alle rinnovabili – Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni”, che sottolinea come normative obsolete, lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, discrezionalità nelle procedure di impatto ambientale e blocchi da parte delle sovrintendenze ostacolino la decarbonizzazione e dilatino i tempi necessari, per esempio, alla realizzazione di un impianto eolico. Che oggi chiede 5 anni di tempo, altro che i 6 mesi previsti per la normativa.
L’impatto sul paesaggio
A rendere gli iter di costruzioni degli impianti eolici ancor più complessi sono, qui più che altrove, le divisioni sul fronte dell’associazionismo ambientale e tra la cittadinanza. Basta attraversare i territori più coinvolti nel dibattito, in particolare le province di Avellino e Benevento, per cogliere le perplessità di una fetta spesso consistente della popolazione dei 75 Comuni in cui è ad oggi presente almeno un impianto di pale eoliche, tra grande e minieolico. Perplessità che si traducono in sit-in di protesta e in battaglie legali, a colpi di carte bollate e denunce. Già, ma perché?
Il Wwf Sannio e i comitati civici
“Noi siamo favorevoli alle energie rinnovabili, ma non possiamo girare la faccia di fronte al consumo di suolo delle torri eoliche, sempre più grandi e sempre più alte, che con piste, cavidotti e stazioni di trasformazione impattano sugli ecosistemi del nostro territorio, in particolare nell’Alta Irpinia e nella valle del Fortore”, denuncia con forza, per esempio, Camillo Campolongo, presidente del Wwf Sannio, in prima linea, insieme a diversi comitati civici, in una serie di battaglie volte a ostacolare quella che definisce “aggressione selvaggia” al Sannio.
Il parco eolico di Morcone
Un caso emblematico riguarda la lotta contro la realizzazione, nel 2018, di un parco eolico a Morcone “in un tratto di quello che rientrerebbe nel costituendo Parco Nazionale del Matese, con l’Arpac che ha accertato il consumo di suolo e habitat”. Gli ambientalisti, in quel caso, hanno vinto. E la questione aveva alimentato anche il dibattito politico.
C’è poi “il timore diffuso sulla speculazione da parte delle multinazionali”, sottolineato dall’ex consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Vincenzo Viglione, che – come racconta – per anni ha raccolto “le testimonianze, le segnalazioni e i documenti dei comitati e dei cittadini sanniti e irpini in lotta contro la devastazione dei loro territori dei grandi gruppi imprenditoriali senza scrupoli che favoriscono il cosiddetto eolico selvaggio, cercando invano di convincere la giunta regionale a porre un freno a una avanzata sproporzionata rispetto ai fabbisogni territoriali”.
Insomma, c’è chi teme – sintetizza Viglione – che “dietro il buon nome delle fonti rinnovabili, si comprometta irrimediabilmente la morfologia e la stabilità di aree dall’elevatissimo pregio storico, naturalistico e paesaggistico”.