La casa più costosa degli Stati Uniti ha tutto, ma proprio tutto, tranne una cosa: essere pronta agli effetti devastanti della crisi del clima. E anche per questo, adesso fatica ad essere venduta. In Florida, nella zona di Naples, affacciata sul Golfo del Messico, la proprietà Gordon Pointe è una villa che non può passare inosservata: si tratta di un complesso residenziale imponente, per tre lati circondato dal mare, una sorta di enclave – noto anche come Port Royal – dove non manca nulla. C’è un porto in grado di ospitare più yacht, un appezzamento di quasi 40mila metri quadri, una villa principale con sei camere da letto e una infinità di bagni e poi due guest house, un altro molo, giardini, piscine e soprattutto spiagge, tutte private. Quando a inizio anno è stata messa in vendita il valore è stato stimato intorno ai 295 milioni di dollari, un prezzo che secondo gli analisti statunitensi la rende probabilmente la proprietà più cara di tutto il Paese.
Le singole case all’interno del complesso recintato valgono dai 45 ai 63 milioni di dollari. A metro quadro, la villa principale vale praticamente quasi 13mila dollari, ma il vero valore dell’intera proprietà – per come la rivendono le agenzie – sta nella straordinaria posizione dove si potrebbero costruire quasi otto case vista mare.
Fin da quando è stata messa in vendita, il pubblico americano si è diviso: c’è chi ha sognato di acquistarla e ha prenotato una visita (otto solo nella prima settimana) e chi invece ha fin da subito sottolineato il prezzo eccessivo. Spesso, il motivo di un costo ritenuto assolutamente troppo elevato, era da ricercare in un fattore: l’esposizione al rischio alluvioni estreme e all’innalzamento dei livelli dei mari. Con l’intensificazione della crisi del clima infatti sempre più proprietà proprio in Florida sono considerate estremamente a rischio, tanto che tra il 2020 e il 2023 i costi assicurativi sono saliti nello stato quasi del 68%. Gordon Pointe si trova in una delle aree più vulnerabili e ora hanno ricordato al The Guardian gli esperti di First Street Foundation, gruppo senza scopo di lucro che analizza l’impatto delle inondazioni, nuove stime dimostrano come la mega villa, i moli e i giardini molto probabilmente finiranno per essere sommersi.
Gli analisti del rischio parlano infatti di inondazioni “praticamente inevitabili” per il complesso più esclusivo di tutta la Florida. “È quasi certo che questa proprietà subirà un’inondazione” ha affermato Jeremy Porter, ricercatore sui rischi climatici della First Street Foundation.Proprio attraverso l’analisi dei modelli First Street ha scoperto che la proprietà da 295 milioni di dollari ha un “rischio di inondazione del 68% nei prossimi 15 anni e una probabilità quasi garantita del 95% di inondazione nei prossimi tre decenni”. In sostanza, per la sua esposizione a innalzamento del mare, venti e potenziali alluvioni, si trova in una posizione “grave” anche secondo la classificazione di minaccia climatica tracciata dagli elenchi immobiliari di Zillow.
Dagli anni Novanta in Florida e in quella zona a stelle e strisce il livello del mare è più alto di quasi 15 centimetri e sta continuando ad innalzarsi a causa del riscaldamento legato alle emissioni di origine antropica. Parallelamente le mangrovie, le dune e altri accumuli di sabbia sono stati spazzati via per consentire lo sviluppo di proprietà multimilionarie. Questo mix di condizioni – come si è già visto anche con il recente passaggio degli uragani Milton o Helene – ha reso i territori e le case estremamente vulnerabili agli impatti del clima. Ciò sta portando anche il mercato immobiliare davanti a nuove sfide: nonostante la bellezza di proprietà come Gordon Pointe, i rischi sono elevatissimi e le coperture assicurative quasi impossibili, motivo per cui non è facile trovare acquirenti.
Nel frattempo, dicono le statistiche, la crisi del clima colpisce soprattutto le case e le vite delle persone a basso reddito. Ma dicono anche che negli States, in un futuro molto prossimo, le grandi ville della Florida potrebbero essere inghiottite dal mare in una America dove, dall’anno prossimo, come ha detto il neo eletto presidente Donald Trump si punterà soprattutto a “trivellare e trivellare” per estrarre petrolio (aumentando quelle emissioni che compromettono il clima). Del resto, sempre per usare le parole di Trump, “con il riscaldamento globale avremo più ville fronte oceano”. Chissà se la pensano così anche i potenziali acquirenti di Golden Pointe che, fra rischi climatici e prezzi esorbitanti, ancora non si sono fatti avanti.