Inondazioni e incendi sono diventati, ahimè, all’ordine del giorno nelle cronache si giornali e televisione. Non è poi così difficile incontrare ancora qualcuno che pensi ancora che il cambiamento climatico non sia causato dalle emissioni di anidride carbonica legate all’attività umana. Per questo è importante chiarire che la questione richiede ancora un lavoro considerevole per capire quali siano i legami tra i singoli eventi estremi e il cambiamento climatico in generale. Questo non è solo un esercizio di stile puramente scientifico ma anche una necessità legata all’impatto economico e finanziario del cambiamento climatico, come mostrato dalla spugna gettata dalla compagnia assicurativa State Farm sulle polizze degli incendi proprio in California. Sulla questione si concentra un nuovo studio pubblicato sul Proceedings of the National Academies (PNAS). Qui, gli autori mostrano come la recente ondata decennale di incendi catastrofici in California sia dovuta al cambiamento climatico.


LA MAPPA Gli incendi nel mondo in tempo reale

Gli scienziati affermano che oltre ad alimentare eventi meteorologici estremi come inondazioni e uragani, il cambiamento climatico ha anche influenzato l’estensione e la gravità delle stagioni degli incendi negli Stati Uniti. “Mostriamo che quasi tutto l’aumento osservato nell’area bruciata in California nell’ultimo mezzo secolo è attribuibile al cambiamento climatico causato dall’uomo”, ha detto Don Lucas, uno degli autori dello studio e scienziato del Lawrence Livermore National Laboratory di Livermore, California.

Negli ultimi cinque anni, gli incendi hanno bruciato più di 38 milioni di acri in tutto il paese, distruggendo migliaia di case e strutture, rendendo le foreste dell’ovest e dell’Alaska più aride, alimentando gli incendi.

Alcuni degli “ingredienti” chiave che collegano il rischio di incendi boschivi ai cambiamenti climatici delineati nello studio includono:

  • precipitazioni al di sotto della media;
  • temperature più elevate nei mesi primaverili;
  • manto nevoso primaverile meno spesso;
  • temperature estive più elevate;
  • temperature estreme più frequenti;
  • una diminuzione del numero di giorni di pioggia durante la stagione degli incendi.


Nel nord della California nel 2021, ad esempio, il Dixie Fire è diventato il più grande incendio nella storia, bruciando circa 1 milione di acri – l’equivalente di un terzo della superficie della Campania – e più di 700 case.

Gli scienziati mostrano come la quantità di area media estiva bruciata dagli incendi sia letteralmente “esplosa” in California negli ultimi decenni e aumentata di cinque volte tra il 1996 e il 2021 rispetto al periodo tra il 1971 e il 1995, afferma lo studio.

Inoltre, secondo lo studio, “i 10 più grandi incendi boschivi della California si sono verificati tutti negli ultimi 20 anni, cinque dei quali si sono verificati nel 2020 e otto dopo il 2017. Oltre ai loro immensi impatti ambientali, questi incendi hanno anche avuto impatti negativi diffusi sulla salute umana e mortalità e numerose conseguenze socio-economiche”.

Le settimane passate hanno visto la città di New York piegarsi alla volontà dei venti e che gettavano sulla città i fumi degli incendi boschivi  canadesi e mostrando che nessuno è al sicuro, neanche le grandi ricche fortezze climatiche come New York.

Il team di ricerca, guidato da Marco Turco dell’Università di Murcia in Spagna, ha utilizzato modelli su computers per modellare gli aspetti del clima responsabili dell’attività degli incendi estivi in California, considerando sia solo le cause naturali sia quelle associate all’attività umana. Il team ha scoperto che a partire dal 2001 le cause dell’aumento dell’area bruciata in estate sono tutte dovute al cambiamento climatico, senza alcun coinvolgimento di fattori naturali.

Gli autori hanno anche stimato che i prossimi decenni, tra il 2031 e il 2050, potrebbero registrare un aumento dell’area bruciata estiva media in California fino al 52% rispetto all’area bruciata media attuale. Un fattore positivo  – se così lo vogliamo definire – è che gli incendi ripetuti nelle stesse aree consumano “combustibile”, limitando l’attività degli incendi successivi nella stessa area.

Lo studio conclude, “…sarà necessaria un’azione immediata per mitigare gli impatti del riscaldamento globale insieme a pratiche di gestione del territorio proattive intenzionali che possono migliorare la resilienza del paesaggio boschivo agli incendi“.

Amir AghaKouchak, professore di ingegneria civile e ambientale presso l’Università della California, Irvine, conclude: “il nostro documento chiarisce che spetta a noi risolvere il problema e che possiamo prendere provvedimenti per aiutarlo a risolverlo. Agendo ora per ridurre le nostre emissioni di anidride carbonica e perseguire trasporti, produzione di energia e pratiche agricole più sostenibili, possiamo ridurre gli effetti negativi del cambiamento climatico globale”. Nel frattempo il futuro è qui.

(*Marco Tedesco è uno scienziato del clima, esperto glaciologo, del Lamont – Doherty Earth Observatory presso la Columbia University e ricercatore del Goddard Institute of Space Studies (GISS) della NASA)